Da una parte il turismo massificato. Dall’altra quello esperienziale, con percorsi personalizzati e località da scoprire. Il trend duale emerge da un’analisi di Nomisma su dati Istat relativi al 2023 italiano. Secondo Marco Marcatili, responsabile sviluppo del centro studi (come riportato dal Resto del Carlino) “più si è commerciali, meno si diventa interessanti: bisogna abbandonare l’idea che il turismo sia per forza di massa, perché lo abbiamo sempre conosciuto così. In realtà ci sono circuiti di stranieri che cercano esperienze più autentiche, meno conosciute, più vere. Nessuno vuole fare più il turista, arrivare in un territorio e dopo qualche giorno andare via. Tutti, invece, vogliono fare esperienze di cittadinanza temporanea dei posti che visitano”.
E proprio qui sta il nodo della questione: la cittadinanza. Perché quella stanziale di turismo eccessivo finisce per soffrire, mentre quella temporanea dimostra tendenze “predatorie” (di beni, servizi, tradizioni) difficilmente conciliabili con la fisiologia dei territori. I commercianti veneziani, ad esempio, sostengono (dalle colonne del Gazzettino) che “nelle zone storiche i negozi che c’erano uno alla volta hanno chiuso o si sono spostati: è venuto a mancare il tessuto urbano, che è stato sostituito da un passaggio turistico e da un imbarbarimento che hanno creato un effetto centro commerciale con una decontestualizzazione delle attività artigianali e microfatturiere che erano le eccellenze di Venezia”.
Bisogna dire che Venezia è una città cara, e chi può se ne va, abitanti e commercianti, strangolati da affitti altissimi, lasciandosi alle spalle un centro storico senza più negozi di pubblica utilità e troppi franchising. E invaso dagli affitti turistici, che hanno surrogato quelli a lungo termine, tanto che in un polo universitario come Venezia sette studenti universitari fuorisede su 10 dopo un anno di ricerche sono costretti ad abbandonare il miraggio di un alloggio.
Nel breve, in centri così attrattivi sembra difficile che il turismo esperenziale possa vincere davvero sull’overtourism, ed è invece prevedibile che gli attriti residenti-turisti proseguiranno. E non solo a Venezia: nel centro storico di Dubrovnik, la calamita turistica croata, oggi si contano appena 1.200 residenti, tutti gli altri fuggiti altrove, scalzati dall’onda tumultuosa del turismo, tanto da spingere l’amministrazione a intensificare le misure contro l’overtourism e limitare gli affitti brevi. O come a Malaga, dove accanto alle targhe sui fabbricati che indicano locazioni turistiche sono comparsi adesivi con scritte eloquenti: “Questa casa era la mia casa”, “Questo era il centro della città”, “Torna a casa”, “Puzza di turista”. Ovunque si cercano correttivi, anche comunitari. Il Consiglio dell’Unione europea ha appena adottato il regolamento sulla raccolta e la condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine, un “atto legislativo che aumenterà la trasparenza nel settore della locazione di alloggi a breve termine e aiuterà le autorità pubbliche a regolamentare questa parte sempre più importante del settore turistico”. Si tratta, come aveva già chiarito il ministero al Turismo italiano, della disciplina che prevede che “il ministero, che detiene e gestisce la relativa banca dati, assegni, tramite procedura automatizzata, un Codice identificativo nazionale (Cin) alle unità immobiliari a uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle unità immobiliari a uso abitativo destinate alle locazioni brevi e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere. Un primo passo che mette ordine in quello che al momento è, a tutti gli effetti, un vero e proprio far west”. Tra entrata definitiva in vigore, decreti attuativi, sincronizzazione telematica, passerà del tempo, e avremo certamente altre stagioni di superaffollamenti.
Nel frattempo, Venezia si prepara alla prima giornata sub-ticket: sarà il 25 aprile, festività del patrono, San Marco, e soggetta all’ingresso solo dei turisti (non pernottanti e non regionali) muniti dell’apposito pass dal costo di 5 euro (info e prenotazioni sul sito cda.ve.it, dove cda sta per contributo d’accesso). Un esperimento che vede puntati gli occhi di molte altre città d’arte malate di overtourism.
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