L’estate sta finendo. Contrordine: l’estate non sta finendo, almeno ancora per 10-15 giorni, con una strana coda allungata che regala temperature simili a quelle di fine giugno e spiagge ancora prese d’assalto nei fine settimana. Ma proprio nelle destinazioni costiere vince il bipolarismo, da una parte i “bagnanti” che magari non si bagnano (l’acqua non è caldissima) ma restano distesi su asciugamani e sdraio, dall’altra il calendario reale, fatto di stabilimenti chiusi e attività commerciali in disarmo, con buona pace delle invocate destagionalizzazioni e degli appelli degli albergatori, che si ritrovano le loro oasi (quelle rimaste aperte) con camere piene, ma attorniate dal deserto urbano tutt’intorno.



Esempio: Jesolo, divertimentificio certificato del Nordest, nell’ultimo weekend ha accolto circa 80 mila vacanzieri senza poter offrire loro i consueti servizi commerciali ancillari. E in un’altra mèta marina della regione, Sottomarina, trovare ancora uno stabilimento aperto, con lettini e quant’altro, è un’impresa. Sembra incredibile, visto che la long season può fruttare anche nuovi incassi, senonché, dicono gli operatori, bisogna fare i conti tra entrate e spese. Non sempre insomma gli incassi portano guadagni: bisogna considerare i costi che, se non ammortizzati da un fatturato consistente, non sono più sopportabili, e le presenze di settembre-ottobre, pur sensibilmente superiori alla media del periodo, non garantiscono la resa. Ma vanno considerati anche i contratti a termine – e terminati – di moltissimi stagionali, alcuni non più disponibili in questo periodo.



Al di là della scarsa predisposizione di alcuni player di commercio, servizi e turismo a rivedere consuetudini e agende personali, incide insomma anche l’annoso problema della mancanza di personale. Buste paga leggere, mansioni onerose, orari impegnativi, mancanza di stimoli e di prospettive di crescita, scarso coinvolgimento nei progetti d’impresa. I mali che zavorrano il mercato del lavoro nell’industria del turismo sono ben noti, sia questi dal punto di vista del personale, sia la scarsa formazione e disponibilità dei candidati, dal punto di vista dell’impresa. Il risultato è che “fare i turisti è molto bello, lavorare nel turismo un po’ meno”, come sostengono a ManagerItalia, sulla base di un’indagine commissionata ad AstraRicerche, che ha sondato un campione di 1.724 persone, rappresentativo degli italiani 18-64enni.



Il report informa che quasi metà degli italiani (46,1%) pensa che per molte persone il lavoro nel turismo sia solo un ripiego, in attesa di poter svolgere i lavori e le mansioni davvero preferite. Quasi 4 italiani su 5 dicono che il turismo potrebbe dare lavoro a molte più persone se fosse meglio gestito e più valorizzato (80,7%) nonché modernizzato e reso più innovativo: per il 78,9% potrebbe essere un settore interessante in cui lavorare. Dall’indagine emerge che il settore soffre di un’immagine un po’ sbiadita: tre italiani su quattro ritengono che lavorare nel turismo rappresenti un’ottima opportunità per molti giovani in cerca di primo lavoro e per i disoccupati (74,7%), ma con qualche aspetto negativo. Lavorare nel turismo è considerato estremamente impegnativo e faticoso (72,5%) e i lavoratori risultano tropo spesso sottopagati per il 68,4% del campione. Eppure il 63,6% degli italiani dice che se fosse disoccupato e avesse necessità di lavorare potrebbe pensare di lavorare nel turismo per una o più stagioni. Sembra, insomma, che basterebbe poco per far piacere agli italiani anche lavorare nel turismo, e non solo fare i turisti. Perché comunque già oggi si pensa che lavorarci sia in generale positivo e stimolante e metta in contatto con le persone e le bellezze del nostro Paese (60,8%) e che si possa anche fare carriera partendo dal basso (54,1%).

“Gli italiani colgono nel segno, sottolineando l’obiettivo del nostro progetto quadriennale per dare al turismo più gestione manageriale, competenze, capacità sistemica e innovazione e così far crescere e decollare definitivamente un comparto fondamentale e strategico per l’economia – commenta Lucio Fochesato, presidente di ManagerItalia Veneto – È interessante vedere come anche gli italiani da ‘fruitori di questi servizi’ abbiano capito quanto sia importante e ci sia bisogno di più managerialità nella gestione del comparto e di come l’utilizzo delle competenze e delle nuove tecnologie e migliori retribuzioni siano fondamentali per proporre servizi e un’offerta turistica di qualità”.

Fare del lavoro nel turismo un bell’impiego, piuttosto che un ripiego è uno degli obiettivi del progetto di ManagerItalia Veneto e Ciset, che ieri alla Scuola Grande di San Giorgio, a Venezia, hanno promosso l’incontro su “Turismo, l’evoluzione delle imprese e la sfida del capitale umano”: un dialogo tra manager, imprese turistiche e dell’accoglienza, istituzioni territoriali, mondo accademico e del lavoro per conoscere e comprendere le nuove tendenze e le complesse sfide di un comparto fondamentale per lo sviluppo del territorio e del Paese.

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