Turisti vandali? Turisti barbari, invasori e violentatori di territori, tradizioni, culture? Meglio andarci piano. Il recente rapporto Coldiretti/Noto Sondaggi (presentato a Roma, con la presenza del presidente di Coldiretti Veneto Carlo Salvan e il regionale degli agriturismi Diego Scaramuzza) restituisce ben altra fotografia. Ad esempio, emerge che un italiano su quattro ama e pratica il turismo sostenibile, con un trend spinto dalla crescente sensibilità verso il rispetto dell’ambiente e la necessità di ridurre il consumo energetico, puntando a tavola sul km zero, sulla dieta mediterranea e sul biologico, ma anche scegliendo strutture ricettive a impatto zero.



È una quota di ferie sostenibili raddoppiata nel giro degli ultimi dieci anni (dal 12% al 25%). Ma è cresciuta anche la sensibilità verso i singoli aspetti della vacanza. “Quasi sei italiani su 10 (59%) – sostiene lo studio – dichiarano di porre attenzione a fare scelte che non danneggino l’ambiente al momento di pianificare la vacanza, dalla meta al mezzo di spostamento, fino al tipo di struttura da prenotare. Un ruolo importante spetta, in tale ambito, alla tavola. Tra i servizi offerti, la presenza di menu a km zero e a base di prodotti bio è indicata come la prima caratteristica a qualificare il rispetto dell’ambiente di una struttura ricettiva, davanti al riciclo dei rifiuti. E anche al ristorante le specialità locali e biologiche godono di una maggiore popolarità rispetto ai menù vegetariani e vegani, che continuano a rappresentare una nicchia di mercato. La maggioranza dei consumatori non considera questi ultimi fattori determinanti nella scelta di un locale dove mangiare”.



Il cibo e i prodotti enogastronomici italiani continuano a essere considerati un pilastro del turismo nazionale – rileva Coldiretti -, con il 95% dei cittadini che li reputa fondamentali per attrarre turisti. il 46% ritiene che siano adeguatamente promossi dalle istituzioni, evidenziando però una necessità di maggiore impegno e strategie di marketing mirate. Ma la scelta del cibo è importante anche nella lotta al cambiamento climatico, come dimostra il fatto che il 70% è favorevole al consumo di cibi a km 0, mentre il 73% preferisce seguire i principi della dieta mediterranea, considerata la più sostenibile e salutare.



Non sorprende, dunque, che a livello generale la buona tavola con la scoperta dei prodotti delle varie regioni sia indicata come la prima esigenza associata alla vacanza in Italia, davanti a cultura e divertimento, sempre secondo Noto Sondaggi. “L’intuizione dei cuochi contadini con la nascita della prima scuola formativa e l’accademia che ha diplomato gli agricoltori ai fornelli – aggiunge Diego Scaramuzza alla guida degli operatori agrituristici di Coldiretti Veneto – va in questa direzione, per qualificare un servizio, per valorizzare la cucina rurale e le abilità culinarie che esaltano la produzione agroalimentare regionale. È anche questo il segreto delle performance del Veneto, prima regione turistica d’Italia, grazie a un’offerta unica, variegata e di qualità, con destinazioni emergenti che contribuiscono ad affermarci in tutto il mondo. E il 70% di turisti stranieri, quota in crescita rispetto al 2022 sia negli arrivi (+24,3%) sia nelle presenze (+13%), conferma ulteriormente l’attrattività dell’offerta turistica regionale. I numeri registrati nelle spiagge, nei laghi, nelle montagne, nelle città d’arte, nelle terme e nei luoghi patrimonio dell’umanità trainano l’economia del Veneto, che si conferma meta ambita anche per il 2024″.

La campagna, insomma, è diventata centrale per le vacanze green, forte dell’affermazione ormai consolidata dell’agriturismo ma anche del crescente appeal di fenomeni come l’enoturismo, il birraturismo o l’oleoturismo. Secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, in Italia sono 25849 le aziende agrituristiche, quasi il doppio del 2014 (+84%), mentre il valore della produzione agrituristica è salito a 1,5 miliardi di euro grazie a 15,5 milioni di presenze nel 2023, di queste ben il 58% composto da agrituristi stranieri. La durata media della permanenza nelle strutture in generale è di 3,8 giorni, con differenza tra gli stranieri (4,6) e gli italiani (3,1).

Ma tra i fenomeni emergenti risulta anche il “turismo delle radici”, che interessa circa il 60% degli italiani, un turismo legato alla riscoperta delle proprie origini familiari, particolarmente rilevante per contrastare lo spopolamento dei territori meno urbanizzati, offrendo al contempo opportunità di sviluppo locale. Sul tema, è stato presentato in Anci (è fissata per il prossimo 8 ottobre la discussione nella sessione plenaria del Comitato europeo delle Regioni) il parere di iniziativa del Comitato europeo delle Regioni sul “Turismo delle radici per una rivitalizzazione locale sostenibile”, che punta sulla riscoperta delle tradizioni locali e dei borghi recuperando il rapporto con le comunità di italiani all’estero. “Investire sul turismo nei piccoli comuni – ha detto il presidente facente funzioni dell’Anci, Roberto Pella – è ancora più importante rispetto ai grandi centri urbani già molto conosciuti. Basti pensare che ben 6 mila degli 8 mila comuni italiani hanno meno di 5 mila abitanti, i nostri borghi sono detentori di un immenso patrimonio immateriale fortemente radicato: dalla musica alle tradizioni locali che vanno valorizzati e fatti conoscere a livello internazionale. Ringrazio il consigliere del ministro degli Esteri, Antonio Corsi, con cui abbiamo messo in piedi un progetto importante a cui hanno già aderito quasi mille Comuni. A breve firmeremo un protocollo d’intesa con il ministero degli Esteri per dare forza e gambe al progetto del Turismo delle radici affinché sia esteso a tutti i Comuni italiani”. Un protocollo che dovrà essere un utile supporto per i piccoli Comuni con l’obiettivo di accompagnarli in percorsi di valorizzazione del proprio territorio e di risoluzione delle problematiche connesse.

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