La Giornata mondiale del turismo – come abbiamo riportato – quest’anno è stata dedicata alle politiche green, con un preciso accento (indagato a fondo da Fondazione Univerde) sulla valenza espressa in Italia dal mix di storia, cucina, cultura e stile di vita dei territori. Tant’è che dal report presentato a Milano è emerso che il 95% degli intervistati crede occorra puntare proprio su cibo, prodotti made in Italy e piatti tipici per far crescere il turismo in Italia, che l’82% condivide la scelta di candidare la cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità e che il 91% sostiene l’offerta di prodotti locali a km0 quale motivo per preferire una struttura a un’altra.
Torna dunque prepotentemente in prima linea la dop-economy (segmento che entro la fine del 2023 è destinato a produrre valore di circa 20 miliardi di euro) quale incredibile driver per la travel & hospitality industry, di per sé protagonista del 13% del Pil nazionale. Per dop-economy s’intende ovviamente la produzione e trasformazione dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione a denominazione di origine protetta, Dop appunto, marchio europeo che “viene attribuito ai prodotti che si distinguono per una serie di caratteristiche dipendenti direttamente dal territorio che li esprime”. È però vero che, nel mare magno degli acronimi made in Ue, vale la pena fare i dovuti distinguo. C’è, ad esempio, anche l’Igp, l’indicazione geografica protetta, marchio anche questo che identifica un prodotto originario di un determinato luogo, regione o paese, la cui produzione si svolge però anche solo per una delle sue fasi nella zona geografica delimitata (dunque anche con materie prime che arrivano da altrove). Attualmente l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a Dop e Igp riconosciuti dall’Ue: tra Dop e Igp vanta 845 produzioni a indicazione geografica, per un valore di (appunto) 19,1 miliardi di euro, di cui 10,7 miliardi generati dall’export, cresciuto del 13%.
La sutura più naturale e riconoscibile tra i due superdriver italiani, l’agroalimentare e il turismo, sono chiaramente gli agriturismi. Il principale riferimento arriva dalla regione più turistica d’Italia (per presenze e strutture), cioè il Veneto, dove si contano quasi 1.500 aziende agrituristiche, per la maggior parte situate in pianura, per un terzo in collina e 250 in montagna, con una disponibilità di circa 50 mila posti a tavola e 13 mila posti letto. Ma vanno contate anche le 673 malghe, che custodiscono l’architettura rurale dando forma al paesaggio come espressione dell’identità dei luoghi in una relazione di integrazione tra i sistemi produttivi locali e la conservazione della biodiversità agricola. “Un patrimonio presidiato dalla grande capacità degli agricoltori di rigenerarsi professionalmente e alla loro attitudine a sperimentare le frontiere della multifunzionalità – sostiene Diego Scaramuzza, presidente di Terranostra, l’associazione degli operatori agrituristici Coldiretti -. La cucina a chilometri zero resta la qualità più apprezzata per la quale sono nate molte iniziative, a partire dagli agrichef di Campagna Amica, figure dalla forte connotazione comunicativa, imprenditori agricoli abili anche ai fornelli formatisi alla quella scuola dei cuochi contadini diventata da Nord a Sud d’Italia una vera accademia. Una brigata di cucina italiana composta da ambasciatori del made in Italy e della tradizione enogastronomica locale. La vocazione alla sostenibilità delle imprese agrituristiche ha portato ad allargare i servizi innovativi per sportivi, e ambientalisti, oltre ad attività culturali come la visita di percorsi archeologici o naturalistici o wellness”.
“Nelle aziende agricole – prosegue Scaramuzza – sono sempre più spesso disponibili i programmi ricreativi come l’equitazione, il tiro con l’arco, il trekking, ma non mancano attività culturali come la visita di percorsi archeologici o naturalistici. Importante è anche la flessibilità nei confronti del crescente turismo itinerante dei camperisti con le strutture che in molti casi si sono attrezzate con l’offerta di alloggio e di pasti completi, ma anche di colazioni al sacco o con la semplice messa a disposizione di spazi per picnic e camper per rispettare le esigenze di indipendenza di chi ama prepararsi da mangiare in piena autonomia, ricorrendo eventualmente solo all’acquisto dei prodotti aziendali. Gli agriturismi rappresentano anche un’ottima base di partenza per visitare 303 piccoli borghi presenti sul territorio. Il 92% delle produzioni tipiche nazionali, secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, viene coltivato in comuni con meno di cinquemila abitanti. Ricchezze locali conservate nel tempo dalle imprese agricole”.
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