Durante i 40 anni in cui ho girato il mondo in lungo e in largo ho potuto vivere molte situazioni di bellezza della natura e anche umana: ma quella che più mi è rimasta impressa, fino ad arrivare a paragonarla a un Paradiso, è sicuramente la Costiera Amalfitana. Fin da quando, nel 1980, a bordo della mia “mitica” Mini Minor Innocenti solcavo la famosa strada costiera e univo l’emozione di panorami da urlo ai continui spaventi provocati da situazioni di traffico al limite del pericolo.
Nel corso del tempo scoprì anche un’altra ineguagliabile caratteristica di questo Paradiso: la sua gente, la sua cultura e tradizioni che, spesso uniche, sono state in grado di sviluppare aspetti, sempre legati al territorio, che hanno conquistato il mondo.
Come dimenticare la moda di Positano, dotata di un glamour, che ha in Lina Pollio una delle sue rappresentanti più conosciute, le estesissime coltivazioni dei meravigliosi e unici limoni (lo sfusato di Amalfi in particolare) ingrediente principale del limoncello e tante altre prelibatezze, preservate da un coraggiosissimo Carlo De Riso (nominato Cavaliere del lavoro da Mattarella) nella sua perla di Minori, la tradizione del caffè dell’Antica Torrefazione di Giuseppe Maresca portata avanti da Michele Gargiulo nell’incantevole Piano di Sorrento, quella della pasta che vanta Minori (alcuni dei suoi concittadini la esportarono trasferendosi a Gragnano) o le prelibatezze dolciarie di Salvatore De Riso, considerato uno dei cinque migliori pasticcieri al mondo?
Abbiamo elencato solo parte della grande ricchezza di una zona della nostra meravigliosa Italia che fin dalla fine del 700 era una delle destinazioni obbligate del Gran Tour intrapreso dai ricchi dell’aristocrazia, destinato a perfezionare il loro sapere. Basti pensare solo a Ravello, dove Wagner trovò l’ispirazione per il suo Parsifal e Goethe le sue opere: ma pure Boccaccio la usò come sfondo della quarta novella del suo Decamerone…
In questi ultimi anni ho però, a poco a poco, iniziato a registrare un fenomeno che, specie quest’anno, ha raggiunto dei vertici inattesi: l’invasione di Positano, una delle perle della Costiera, da parte di plotoni di turisti stranieri. Vista così sembrerebbe ed è in parte una buona notizia, perché dopo la bufera del Covid si è assistito a un decollo stratosferico del turismo.
La cosa ha però portato un fattore che sta trasformando il Paradiso in un Inferno e, come a Venezia, rischia di intaccare in maniera indelebile (al punto di farla sparire) la cultura e le tradizioni del luogo.
Camminare per i suoi vicoli ormai equivale a entrare in un centro commerciale di successo, circondati da una caterva di attività che, per esempio, evocano la moda positanese ma con prodotti in gran parte provenienti da Cina e India. In questo marasma incredibile, se uno chiude per un attimo gli occhi, gli pare di stare a New York, Chicago o Miami, anche perché pure le attività di ristorazione, uno dei fiori all’occhiello della Costiera, si sono adattate al fenomeno, ma c’è dell’altro. A parte l’aumento sconsiderato dei prezzi, ormai si pensa che il futuro sarà ancora meglio in questa caccia ai soldi, al punto da inficiare un’altra caratteristica storica del luogo: la sua ospitalità, con una caccia alle proprietà attualmente gestite da positanesi, senza badare troppo alle regole, da parte spesso di gruppi stranieri.
Ecco come, in questo contesto, l’attività di una storica struttura ricettiva (da più di 50 anni) quella posseduta e gestita dalla coppia Gilda e Giuseppe (di oltre 80 anni di età), situata in una magica posizione ad Arienzo, da cui si gode un panorama da urlo di Positano (non parliamo poi delle albe e i tramonti) rischia di sparire. Stare da loro ha significato per moltissimi godere di un’ospitalità eccezionale e rivivere un’Italia legata ai mitici anni ’50, durante i quali Positano iniziò il suo decollo turistico dotato di un enorme glamour (da qui passò tutto il jet set targato Usa e non solo).
Ecco: tutto questo rischia veramente di sparire, a causa di vicende (anche processuali), per niente chiare, e infarcite di irregolarità e stranezze, che nella pratica non solo spossessano la mitica coppia della struttura che prende nome dalla granitica Gilda, mettendola per strada, ma senza alcun tipo di riconoscimento economico, nemmeno minimo, per tutto quanto investito e realizzato nel corso del tempo.
Le Autorità dovrebbero a questo punto non solo aiutare a non far sparire attività storiche, ma anche
iniziare a preservare un luogo bellissimo nel mezzo di un Paradiso altrettanto unico: perché se la situazione dovesse continuare così, nell’arco massimo di un lustro (ma pure meno) l’Italia lo avrebbe perso per sempre, ormai trasformato (lo ripeto) in un centro commerciale senz’anima, decretandone (come Venezia, con le differenze del caso) la fine.
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