L’industria del turismo sta per fatturare più del 2019, ultima stagione record, pre-pandemia, anche se sulla marginalità c’è da fare una grossa tara, dovuta agli alti costi dei materiali, delle forniture, dell’energia. A volumi costanti, si spende di più per ottenere il medesimo risultato di tre anni fa. Ma ai flussi di turisti e viaggiatori (soprattutto stranieri) poco importa, tanto che per il sesto anno consecutivo l’Italia ha appena vinto il premio Best Destination Country e Best Hotel (con l’Hotel Feltrinelli sul Garda), grazie al voto di mezzo milione di lettori del Times, che hanno votato il Bel Paese come migliore destinazione. E medesimi “polsi” rilevati in mezzo mondo indicano risultati analoghi: l’Italia è nei sogni dei viaggiatori. Milioni di travelers ai quali si consegneranno esperienze e suggestioni, meta-cartoline destinate a costruire una galleria di ricordi che finiranno per essere condivisi e creare a loro volta un sempre più diffuso immaginario del nostro Paese.



Il problema è: quali ricordi? Quali immagini? Quali esperienze? E quale Paese? Certamente quello degli spaghetti, visto che proprio la nostra gastronomia immancabilmente merita il primo posto nelle impressioni dei turisti (con ricordi olfattivi, visivi, gustativi e altro ancora). Ma altrettanto certamente quello dei disservizi, dei furbetti, di una qualità dei servizi che andrebbe rivista in fretta, come da più parti si continua a ripetere, ma senza che alle parole si diano seguiti convinti.



In quest’estate di ri-boom, cosa può capitare al turista affascinato dell’Italia? Basta fare qualche esempio, ma l’elenco potrebbe assorbire tutte le videate a disposizione di questo giornale. Ne prendiamo solo alcuni, che riguardano nord, centro e sud.

Riccione, divertimentificio sulla riviera adriatica. Durante la Notte Rosa, appuntamento clou della stagione, due vacanzieri minorenni subiscono una rapina, frutto delle scorribande di una miniband (che “lavora” tra Milano e la costiera) composta da un terzetto di altri minorenni, tutti nordafricani, poi fermati dai Carabinieri, che bloccano, rubano e minacciano ragazzini, armati di enormi coltelli da macellaio.



Napoli, Maschio Angioino, monumento simbolo della città. In biglietteria lavorano quattro dipendenti comunali, tutti ex Lsu (lavoratori socialmente utili), impegnati in mansioni superiori a quelle del loro contratto: emissione biglietti con il Pos, cassa e conteggi. Ma il problema più grande è che nessuno dei quattro spiaccica una parola né di inglese, né di nessun’altra lingua che non sia l’italiano (incerto) e il napoletano. Nonostante la maggior parte dei turisti che vogliono visitare il complesso museale sia composta da stranieri. C’è anche una ciliegina: il Maschio Angioino la domenica resta chiuso…

Roma, Colosseo, il più indimenticabile ricordo d’Italia. Qui, da sempre, è territorio degli abusivi, dai penosi centurioni ai venditori di improbabili ciarpami (volete una gondola veneziana? Qui la trovate) o di bottiglie d’acqua vendute come champagne, ai bagarini “saltacode” o spacciatori di biglietti dal costo lievitato. Capita che nel giorno (un solo giorno) di vendita online, i biglietti vengano accaparrati dai soliti noti, che poi se li rivendono. E mica solo al Colosseo: per i Musei Vaticani capita di pagare un ingresso anche 50 euro, contro i 25 ufficiali. Ma se si prova a cercare un biglietto appunto ufficiale si resta a mani vuote. Sul malcostume sta intervenendo il ministero della Cultura, che vuole abbinare il biglietto d’ingresso al Colosseo a un nominativo specifico e a un documento d’identità.

Fiumicino, il più grande aeroporto d’Italia, un vero hub per gli stranieri in arrivo. Stranieri che, all’uscita del terminal 3, vengono letteralmente assaliti da tassisti (quando non in sciopero) e abusivi che cercano di assicurarsi la corsa verso il centro città, un affare che in teoria sarebbe a prezzo fisso (50 euro), ma che può arrivare anche al doppio, con l’uso del tassametro o percorsi fantasiosi.

Alghero, uno dei centri più suggestivi della Sardegna. Qui a dare brutta prova di sé è il sistema sanitario, con il nodo emergenza-urgenza che soffre di carenza di organico e di mezzi (mancano 48 medici e 20 ambulanze) ma anche di organizzazione. Alghero in estate passa da 44 mila a oltre 100 mila abitanti, ma l’unica ambulanza 118 medicalizzata prevista deve essere mobilitata per gestire le eventuali emergenze per i pazienti dell’ospedale Marino (nella struttura dall’1 luglio non ci sono più anestesisti e rianimatori disponibili). Così in caso pazienti che si aggravano, scatta il trasferimento a Sassari tramite ambulanza, e con un solo mezzo disponibile per tutta l’area della Riviera del Corallo, durante il trasferimento il territorio resta scoperto.

Non si creda che siano casi-limite: come si diceva, gli esempi potrebbero continuare a coprire tutte le regioni. È evidente che non può essere questo (e fortunatamente non lo è nella maggioranza dei casi) lo standard di civiltà, accoglienza e servizi utile ad accompagnare una transizione dell’industria del turismo che lasci le rendite di posizione per conquistare una nuova reputazione. È sconfortante pensare che se si eliminassero le sacche di arretratezza, di cialtronismo, di inefficienza, di diffusa microcriminalità, l’obiettivo dichiarato dal ministro al Turismo Massimo Garavaglia sarebbe a portata di mano: incrementare il 13,5% di Pil del settore fino a un esaltante 20%. E il turismo, in Italia, potrebbe valere anche di più.

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