Subito prima di prendere ufficialmente atto della crisi politica, il Consiglio dei ministri dell’altra sera ha sdoganato la bozza del Piano nazionale di resilienza e rilancio, nella versione che avevamo anticipato su questo quotidiano. Confermato il potenziamento della dotazione riservata al turismo: 8 miliardi sugli oltre 200 del Recovery Fund. Otto miliardi per un settore che però vale oltre il 13% del Pil, anche se il 13% su 200 farebbe 26. Basta solo questa proporzione per verificare l’attenzione reale che il Governo dedica al comparto, pur giudicato a più riprese quale “decisivo” e “strategico” per la ripartenza nazionale. Ma le distrazioni pubbliche sono di lunga data, ben stratificate. Ha cercato di riassumerle un recente post di Taxbnb, il primo sito dedicato alla consulenza fiscale, legale, tecnica e del lavoro per le strutture ricettive e le locazioni turistiche. Ecco allora l’elenco che ne è venuto fuori, quasi un cahier de doléances che aggiunge alle mancanze del legislatore anche quelle degli operatori privati, non esenti dalle responsabilità per le avvilenti condizioni in cui versa il turismo italiano.



La Pubblica amministrazione – Non possediamo una compagnia aerea di bandiera solida e competitiva. I treni ad alta velocità non collegano il Sud e men che meno le isole. Non esiste un vero Ministero del Turismo, e sul web non c’è un Portale Italia, che potrebbe essere un hub formidabile per il nostro Paese. Le riforme del turismo sembra vengano effettuate a vantaggio di pochi o contro alcune categorie. Non c’è una legislazione del turismo. La semplificazione delle leggi del turismo su base regionale non è stata raggiunta. Manca il Portale Unico del Turismo, dove tutte le attività turistiche possano essere avviate con un’unica comunicazione iniziale. Le Regioni non dialogano in modo costruttivo fra loro e con il Governo centrale in materia di turismo, e la Conferenza Stato-Regioni non è ancora la sede per ogni argomento che riguarda il turismo a livello nazionale.



Alle fiere del turismo all’estero gli stand delle regioni competono in sfarzo e visibilità fra loro. Le regioni continuano ad avere lussuose e dispendiose “ambasciate” all’estero (sedi regionali estere, circa 170), anziché avere, per ogni location mondiale di interesse strategico per la promozione turistica italiana, un’unica sede del turismo regionale italiano, che promuova in modo paritario tutte le destinazioni del Bel Paese.

L’Istat non registra i dati delle locazioni turistiche, e le statistiche ufficiali non sono affatto una fotografia fedele del turismo italiano. Il Fisco italiano non ha ancora approvato codici tributo diversi per la cedolare secca abitativa e quella turistica. I titolari di strutture extralberghiere e locazioni turistiche continuano a utilizzare contratti di locazione abitativa simulati. Non è stato introdotto alcun patto di legalità che preveda agevolazioni fiscali per le attività turistiche, ma solo se in regola con gli obblighi fiscali, legali e amministrativi. L’incrocio dei dati fiscali non è entrato a regime ed è praticamente possibile nascondere al fisco gli incassi delle attività turistiche. Nel nostro ordinamento non è ancora riconosciuta la professione dei Property Managers.



Le Camere di Commercio approvano bandi con contributi solo in favore di strutture ricettive con dieci o più camere, come è successo l’anno scorso a Napoli. Le Regioni pubblicano più bandi con contributi a favore di strutture ricettive non in regola, come è successo nel Lazio nel 2020.

Si assiste all’indecoroso “balletto dell’Imu” avvenuto nel 2020, quando a pochi giorni dal saldo di dicembre, l’esenzione Imu è stata negata alle strutture ricettive non imprenditoriali in modo retroattivo per l’acconto di giugno. I servizi telematici della Pubblica amministrazione non vengono forniti con tempestività ed efficienza, come l’applicazione per il credito d’imposta per canoni di locazione, che non è stata aggiornata per sei mesi fra giugno e dicembre 2020. È stato invece rinnovato il Bonus Vacanze, che con le sue infinite fasi di richiesta, verifica e incasso e la difficoltà di trovare strutture che lo accettassero, aveva generato più critiche che risultati. Per il Superbonus 110% vengono richiesti trentasei diversi documenti.

Gli operatori – Gli operatori nel campo delle travel experience non operano in un quadro giuridico chiaro, che disciplini l’home restaurant e tante nuove forme di attività. Il fai-da-te in campo fiscale e legale è sempre frequentato. I portali turistici non collaborano con le istituzioni, e non accettano solo annunci di attività turistiche regolari con regolare codice identificativo. Gli annunci di chi non è in regola non vengono oscurati. Gli operatori turistici spesso non parlano almeno una lingua straniera; nei musei, nei siti archeologici e nei luoghi di cultura le informazioni non sono quasi mai in tutte le lingue. Si assiste continuamente allo scontro fra diverse organizzazioni di categoria all’interno del settore turistico. Non c’è un’unica federazione, che dialoghi alla pari con la politica.

Le associazioni promettono l’impossibile. I titolari di attività turistiche, attraverso le associazioni, non riescono a formulare proposte costruttive e concorrere così allo sviluppo dell’intero settore.

Gli operatori turistici si scontrano quotidianamente e si sfogano solo su Facebook per ogni cosa che non gradiscono; non sono uniti nell’opporsi a leggi e regolamenti ingiusti con gli strumenti che la Giustizia concede loro.

I numerosissimi turisti stranieri in Italia vengono sistematicamente spennati dai furbetti, e riempiono poi il web con le loro recensioni arrabbiate, invitando a non venire qui in vacanza. Vi sono anche operatori dell’hospitality italiana che svendono più alloggi a pochi euro, distruggendo il mercato. Resistono guide turistiche abusive, strutture ricettive abusive, parcheggiatori abusivi e contabili abusivi che consigliano ingenue ma rischiose soluzioni fiscali. Chi non è in regola, non viene messo in condizione di regolarizzarsi, od obbligato ad abbandonare l’attività.