Il turismo, per crescere, ha bisogno dell’empowerment di una nuova generazione sempre più tecnologica e sensibile a tematiche come la sostenibilità, l’inclusione, la formazione, l’innovazione tecnologica e il lavoro. Su questa necessità s’incentra la seconda edizione della GTO Conference (Giovani Talenti dell’Ospitalità, un progetto fondato da Kledis Brahimi insieme a Beatrice Leon e Martina Allegro), che si terrà venerdì 10 marzo a Roma (Auditorium della Tecnica), dove esperti del settore turistico, imprenditori, accademici e studenti provenienti da tutto il mondo condivideranno idee in networking. L’obiettivo è consentire a tutti di accedere alla formazione di qualità da ogni parte d’Italia entro il 2030 per contribuire al progresso del turismo attraverso l’emancipazione delle nuove generazioni.



La GTO Conference è promossa da Sommet Education che raccoglie le scuole più importanti di ospitalità del mondo e ha tra i suoi principali sostenitori anche Rocco Forte Hotels e la Scuola Italiana di Ospitalità: tra i relatori della conferenza figurano anche Antonello De Medici (coo Gruppo Rocco Forte Hotels), Flavia Mazzarini (director of Guest experience del Verdura Resort), Giulio Contini (direttore Scuola Italiana di Ospitalità) Andrea Ronchetti (General Manager del Cristallo, a Luxury Collection Resort & Spa, Cortina d’Ampezzo.



Tanti gli argomenti in discussione, tante le strade che portano alla formazione delle nuove skill indispensabili per promuovere i nuovi professionisti del turismo. Un percorso complesso perché il turismo è complesso. Sarah Gainsforth ne ha recentemente parlato su Slow news, per A Brave New Europe – Next Generation: la tesi è che il turismo da una parte sia una pratica culturale individuale, legata al piacere, al tempo libero, al desiderio di conoscere il mondo, dall’altra sia una vera e propria industria moderna, trasversale ad altri settori. E infine che la promozione del turismo sia a tutti gli effetti una politica economica. La materia, appunto, è complessa, e viziata da molti luoghi comuni: si dice che il turismo è una risorsa, ma la risorsa in realtà è il territorio, mentre il turismo è solo uno strumento per valorizzarlo, generandone un valore economico; si dice che la ricchezza estratta dal territorio torna al territorio, ma per le piattaforme digitali di prenotazione non è esattamente così; si dice che la domanda di turismo incide sull’offerta (più turisti, più posti letto), ma è il contrario, sono le innovazioni nel campo dei trasporti e l’ampliamento dell’offerta ricettiva a far aumentare i flussi turistici. Complesso, dunque, ma anche tumultuoso nel suo sviluppo. Il turismo ha visto moltiplicarsi il numero di viaggiatori nel mondo: nel 1950 i turisti internazionali erano 25 milioni, nel 2000 erano 674 milioni. Poi, nel giro di 15 anni, il loro numero è raddoppiato, toccando 1,3 miliardi nel 2017, e poi 1,5 miliardi nel 2019, l’anno di picco, prima della pandemia. Nel 2020 il turismo mondiale è crollato, con solo 409 milioni di turisti, ma oggi è in piena ripresa: nel 2022 sono stati 917 milioni i viaggiatori internazionali (-37% sul 2019), e l’Europa è stata la meta del 64% degli arrivi.



“Il turismo moderno – riporta Slow news – è nato con le trasformazioni della cultura del consumo: riflette nuovi gusti e stili di vita. Con la nascita della società dei consumi di massa, grazie alle maggiori disponibilità di reddito e di beni prodotti su scala industriale, anche i beni culturali sono diventati oggetti di consumo. Le innovazioni degli ultimi decenni hanno nuovamente rivoluzionato il turismo, producendo l’aumento esponenziale dei flussi. La rivoluzione digitale ha reso obsoleti gli intermediari come le agenzie di viaggio. La crescita del turismo negli ultimi tre decenni è stata il risultato di queste innovazioni: trasporti e alloggi più economici, più facili da offrire e più semplici da prenotare. Nel 2019, prima del crollo dei flussi, l’Italia era il quinto Paese più visitato al mondo con 65 milioni di turisti pernottanti (3 milioni in più rispetto al 2018). Quelli stranieri erano 42 milioni. Le entrate per viaggi internazionali nel 2019 avevano raggiunto i 44,3 miliardi di euro, pari al 41% delle esportazioni di servizi”.

Il turismo, ovviamente, non è un mono-settore, quanto piuttosto la somma di attività di diversi settori: servizi, trasporti, ristorazione, cultura, ospitalità e via dicendo. Difficile quindi delimitare l’impatto economico del turismo, misurabile in termini economici, ma anche ambientali e sociali. “Nell’equazione insistono poi altri, non ultima l’assenza di politiche pubbliche che ne guidino la crescita e che redistribuiscano la spesa turistica a favore della collettività. Un terzo del valore aggiunto, quello riconducibile alle case per affitti turistici, alimenta la rendita immobiliare in un mercato, quello delle case vacanza, a basso valore aggiunto, perché produce pochi posti di lavoro, spesso precari e pagati poco. Una locazione turistica ha una redditività molto più alta di quella di una locazione ordinaria, fatto che determina un rialzo dei valori immobiliari e riduce lo stock di abitazioni in affitto sul mercato residenziale a lungo termine, alimentando il disagio abitativo e ampliando i divari sociali e territoriali”.

Secondo gli operatori, va anche considerato che i benefici economici diminuiscono con la “maturazione” delle destinazioni, che esauriscono il proprio ciclo di vita quando il turismo non è gestito, anche a causa dei costi di congestione e dell’aumento dei prezzi, sganciati dai salari locali. La distribuzione della spesa turistica è molto concentrata, soprattutto in due macroaree (le regioni del Nord Est e del Centro) e in particolare tre città (Roma, Firenze e Venezia), che hanno assorbito complessivamente il 60% della spesa turistica internazionale. Prima della pandemia si era iniziato a parlare dei danni provocati dall’overtourism, soprattutto nelle città d’arte, a discapito del benessere della popolazione residente. Ma il fenomeno riguarda anche aree naturali, come certe spiagge (ad esempio in Puglia, in Sardegna, in Liguria o in Campania) o località alpine dove ecosistemi delicati non reggono l’afflusso di visitatori. “L’assenza di pianificazione del turismo e del territorio in chiave sostenibile, di forme di redistribuzione della spesa turistica a più scale territoriali, contribuisce ad ampliare i divari. Oggi si parla sempre di più della necessità di promuovere un turismo lento, sostenibile e responsabile”. Con una contraddizione kafkiana: le strategie che finiscono con l’aumentare i flussi turistici, magari spalmandoli anche in aree meno turistiche, non risolvono il problema dell’overtourism, che resta piuttosto collegato all’aumento incontrollato dell’offerta di posti letto in relazione ai residenti e alla capacità ricettiva di una destinazione.

Gli stakeholder di questa complessa materia sono insomma tanti quanto è lunga la filiera dell’industria del turismo. Formare i nuovi professionisti, i giovani che si affacciano al settore, significa gettare le fondamenta per una cultura d’impresa diversa, che riesca ad affrontare in maniera olistica, organica e sincronizzata, i vari angoli del grande poliedro. Nell’attesa che uno Stato più attento a una delle sue maggiori risorse riesca finalmente a delineare una solida politica industriale turistica, magari con meno bonus ma con più condivisione di obiettivi, di regole, di certezze.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI