Come avevamo anticipato pochi giorni fa, la terza bozza del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che ripartisce i miliardi del Recovery Fund dell’Ue, piano (con aggiornamenti fino alla data di ieri) su cui si è giocato il tiro alla fune nella maggioranza, prevede per il settore turismo una lievitazione dei capitali destinati, da 3,5 a 8. Una buona notizia per il comparto più colpito dalla crisi, anche se – come sempre – le attenzioni sembrano puntare su una generica valorizzazione del patrimonio cultural-naturale, pur doverosa, trascurando invece il varo di linee guida e la dotazione di risorse necessarie per traghettare l’intera industria dell’ospitalità italiana su nuovi standard che assicurino la competitività e la forza per una concreta ripartenza.



La terza bozza, in sintesi, si pone alcuni obiettivi: incrementare il livello di attrattività del sistema turistico e culturale attraverso la modernizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali del patrimonio storico artistico; migliorare la fruibilità digitale e dell’accessibilità fisica e cognitiva della cultura. Rigenerare i borghi e le periferie urbane attraverso la promozione della partecipazione alla cultura, il rilancio del turismo sostenibile, della tutela e valorizzazione dei parchi e giardini storici. Mettere in sicurezza e restaurare i luoghi di culto e il patrimonio storico-architettonico. Potenziare le strutture ricettive attraverso investimenti in infrastrutture e servizi turistici strategici, rinnovando l’ecosistema turistico e promuovendo il turismo delle radici. Promuovere la formazione e l’interazione tra scuola, università, impresa. Promuovere la capacità attrattiva turistica del Paese attraverso una fruizione sinergica e innovativa del Patrimonio e riqualificando i contesti, con forme di turismo “lento” e sostenibile.



Nella componente del Pnrr riservata a “Turismo e Cultura” si concentrano gli interventi in due settori “che offrono potenziale di crescita, costituiscono concreti fattori di sviluppo, nonché vantaggi comparativi ed asset strategici del Paese, e che, conseguentemente, rappresentano ambiti di intervento imprescindibili nelle politiche di rilancio. La transizione verde e la sostenibilità ambientale nel nostro Paese non possono che fondarsi sulla tutela e sulla valorizzazione del patrimonio culturale, politiche intrinsecamente ecologiche che comportano la limitazione del consumo di suolo, minimizzano l’uso di risorse naturali ed energetiche e assicurano un basso impatto ambientale. Nel settore pubblico l’Italia dispone di un patrimonio culturale molto vasto e di pregio che richiede il mantenimento di importanti investimenti annuali, ma può essere un importante polo di attrazione per le attività culturali e turistiche. Il Piano prevede pertanto numerosi progetti di valorizzazione dei siti culturali e storici delle principali città metropolitane, comprese le aree periferiche”.



Dunque sostenibilità e transizione verde. Ma il Pnrr si occupa anche della “necessità di investire per rendere i siti culturali italiani più accessibili a fasce più ampie della popolazione e dei turisti. Gli investimenti proposti comprendono interventi mirati a migliorare l’accessibilità ai siti e agli edifici del patrimonio culturale, consentendo una più ampia partecipazione alla cultura, promuovendo così l’inclusione e la rigenerazione socio-culturale delle aree trascurate e il benessere economico e sociale. Le aree remote e le periferie urbane saranno incluse fra le aree di investimento. Esiste l’opportunità di bilanciare flussi turistici investendo nel turismo rurale e sostenibile. L’Italia ha ad esempio tanti piccoli centri storici (“borghi“) e luoghi di culto, che possono offrire esperienze turistiche arricchenti e diversificate”. Inoltre, sono tanti i cittadini di origine italiana nel mondo che potrebbero essere interessati a un tipo di turismo legato alla scoperta delle proprie radici. C’è però la necessità di riqualificare le strutture ricettive”.

Una necessità riconosciuta ed evidente, allora, ma nient’affatto affrontata e lasciata ancora una volta alla discrezionalità di iniziative private, che nelle ristrettezze post-pandemia prevedibilmente faranno fatica ad essere intraprese. Il piano si limita a sostenere che le più consistenti risorse messe a disposizione per “la valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale e il turismo diventano un’iniziativa bandiera e potrebbero generare importanti effetti leva su alcune aree di azione come quella legata alla infrastruttura ricettiva”. Il condizionale è d’obbligo.

Ma ecco il dettaglio del piano per il turismo e la cultura, che si divide in tre aree di intervento: “Patrimonio culturale per la EU Next Generation”, “Siti Minori, Aree Rurali e Periferie” e “Turismo e Cultura 4.0”. Il primo consiste nel “potenziamento del Piano Strategico Grandi Attrattori Turistico-Culturali, che prevede l’investimento nella rigenerazione del patrimonio culturale e urbano in alcune delle principali città italiane. Si tratta di provvedere al restauro e alla rifunzionalizzazione di complessi di elevata valenza storico-architettonica e testimoniale” (2,7 miliardi). Il secondo affronta lo sviluppo del turismo e della cultura nelle aree rurali e nelle periferie. “Si realizzeranno interventi di valorizzazione del grande patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presenti nei piccoli centri italiani dall’enorme potenziale naturalistico, paesaggistico e culturale. Sotto questa linea si interverrà sui piccoli borghi storici e rurali con un Piano Nazionale Borghi” (2,4 miliardi). Infine, il terzo intervento Turismo e Cultura 4.0 si prefigge l’obiettivo di “promuovere l’interazione tra scuola, università, impresa e luoghi della cultura sulla base di strategie locali di specializzazione intelligente anche attraverso l’interazione tra le imprese creative ed artigianali con attività di formazione specialistica e affiancamento. L’azione è connessa alla formazione professionale e alla riforma degli ITS potenziando le professionalità in ambito di valorizzazione e manutenzione del patrimonio storico culturale. Verrà promossa la formazione professionale di qualità nel settore del turismo attraverso la creazione di una struttura nazionale per l’alta formazione e la formazione del personale addetto alle attività turistiche” (2,9 miliardi).