“I Segreti dell’Ospitalità. Come diventare un Manager a sei stelle”: è il titolo del nuovo libro (uscirà il prossimo 31 marzo) di Palmiro Noschese, uno dei più noti esperti di hotellerie, formatosi a Losanna, Ithaca, Luiss e Bocconi, oltre trent’anni di esperienza come area director, direttore operations, general manager nel settore turismo e hospitality con partecipazione a fiere, congressi e eventi internazionali. Un percorso iniziato nel 1990 in Jolly Hotels, e proseguito attraverso il Touring Club Italiano, Villa D’Este Hotels e nuovamente con Jolly, prima di entrare in Melià Hotel Internationals, come managing director Italy. Un vulcano di idee e un attento conoscitore di tendenze di settore, uno che anche nei mesi di stop forzato dell’industria dell’accoglienza non è rimasto a guardare.
È così, Noschese?
In effetti, ho completato questo mio lavoro durante i lunghi mesi del 2020, approfittando della pandemia che ha relegato tutti noi in casa. Per me questo libro è un manuale autobiografico per l’hotellerie, perché al filo narrativo della mia personale storia si accompagna quello più tecnico della managerialità che attraversa i temi del marketing, del change and people management, della costruzione di un team capace ed efficiente di lavoro. Si parla di leadership, di planning, di comunicazione, di situazioni critiche e soluzioni innovative fino alla balanced scorecard (una valutazione bilanciata) e l’hospitality development. In sintesi, una guida, pensata anche per i millennials e per chi desideri bilanciare gli approcci tradizionali con quelli più innovativi, per raggiungere gli obiettivi prefissati non solo professionali, ma anche personali.
Ma, ricapitolando, perché l’ha scritto?
Io vorrei che tutti abbiano successo e che la mia semplice storia porti a rispondere a una domanda: General Manager si nasce?
E allora, la risposta qual è?
Non esiste una risposta universale e univoca per questa domanda. “Si nasce”, nel senso che l’ambizione, la curiosità, il desiderio e la capacità di emergere e di influenzare un team, così come l’attitudine alla relazione sociale, sono in parte doti innate che da sole rappresentano una buona base di partenza e di sviluppo della managerialità. Se vediamo nel GM la leadership la risposta è, in questo caso, sì: chi ha la leadership nel dna può dirsi manager nato, molto prima di arrivare alla direzione generale. “Si diventa” nel senso che si tratta di un percorso in ascesa, lungo, spesso tortuoso e ricco di sacrifici: dietro ogni risultato raggiunto c’è una passione coltivata a piccoli passi. Dietro ogni traguardo di pochi istanti, c’è una storia iniziata anni prima.
Lei ha utilizzato i mesi di stop forzato del mondo del turismo per scrivere un libro. Ma come pensa sia andata (e stia andando) per la maggioranza degli operatori?
Personalmente vedo il bicchiere sempre pieno: senza crisi non ci sono sfide e senza sfide anche il lavoro più appagante diventa routine e quindi una lenta ma inesorabile agonia. Questa è una citazione di Albert Einstein che deve far riflettere tutti noi: l’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla. È vero, il settore del turismo ha subito, nel 2020, un colpo durissimo e senza precedenti, che lo ha messo in ginocchio rendendo il contesto attuale decisamente molto delicato. Il comparto turistico, tuttavia, ha sempre dimostrato attitudine alla resilienza e, ancora una volta, come già avvenuto in occasione di altre situazioni drammatiche, ha saputo adattarsi, sviluppare nuove strategie, attrezzarsi per reagire, arricchendosi di conoscenze, azioni e servizi. Ora è pronto ed in trepidante attesa di poter ripartire. Noi siamo italiani.
Si dice che la crisi generi opportunità. Anche questa crisi legata al Covid? E se sì, quali potrebbero essere queste opportunità?
La crisi derivata dal Covid ha sicuramente causato gravi danni alle piccole e medie imprese (soprattutto per le neonate) e questo è innegabile. Molti imprenditori hanno però trovato la forza di reinventarsi, per sfidare la crisi, mettendo a disposizione le strutture (Covid hotel) o investendo in ristrutturazione, innovazione e formazione; altre ancora hanno puntato sulle “staycation”, le vacanze per residenti, puntando alla customizzazione dei servizi e all’uso massiccio della tecnologia. Un esempio per tutti è Israele: il Paese ha lavorato incessantemente sulla propria immagine per tutto il 2020 e con estremo ottimismo, e oggi è pronto a ripartire in sicurezza anche nel turismo.
Il turismo italiano insomma saprà risorgere? E come lo farà?
Gli italiani hanno in sé la forza, la passione e il cuore per risorgere, anche se l’ultimo anno ci ha dato ben pochi motivi per essere ottimisti. La chiave di volta per cambiare lo scenario sarà la campagna vaccinale, che in maniera incisiva potrà aprire spiragli verso una positiva stabilizzazione della situazione. Abbiamo alcuni esempi virtuosi di politica vaccinale come quelli della Grecia o delle Canarie: la sicurezza dei luoghi e degli operatori sarà il motore per la costruzione di un’immagine turistica di “destinazione sicura” sia per il turismo locale che straniero. Alcune opportunità sono ad esempio fornite da quei luoghi che consentono di vivere il contatto con la natura e l’aria aperta, concedendo spazio e serenità, rimanendo in sicurezza anche in vacanza. Il concetto del “glamping” ad esempio (glamour & campeggio), che altro non è che la evoluzione del camping di lusso, è uno dei trend per l’anno in corso: non solo un soggiorno, ma un’esperienza a 360° gradi alla scoperta della eno-gastronomia, della tradizione di cui il nostro Paese è ricco, con un focus specifico al rispetto verso l’ambiente e la sostenibilità.
Lo Stato è pronto a guidare – anche con il nuovo ministero – il percorso di risalita?
Il nuovo ministero del Turismo avrà un potere effettivo, oltre che di coordinamento; questa novità rappresenta la prima vera opportunità e noi professionisti del settore confidiamo nel lavoro del nuovo dicastero e nell’impegno del Governo affinché vi sia davvero un cambio di passo. Gli operatori chiedono di lavorare, ma il Governo deve poter garantire loro le condizioni per poterlo fare. Quando parlo di condizioni mi riferisco ad azioni decise, fondi per le imprese e una campagna vaccinale organizzata: queste sono le priorità del Governo per aiutare il turismo a ripartire, un passaggio cruciale per restituire al settore autonomia e dignità. Primi segni di apertura si sono visti già il 4 marzo scorso, occasione in cui si è tenuto un primo convegno tra associazioni internazionali, cavalieri del turismo, associazioni di categoria nazionali alla presenza del nuovo ministro. L’obiettivo è ripetere l’incontro dopo 90 giorni e cominciare a porre le basi per l’utilizzo del Recovery Fund, che rappresenta la nuova e grande opportunità di ripartenza.
Può riassumere i pregi e i difetti dell’hotellerie italiana?
Pregi: coraggio, cuore, passione, senso di ospitalità sincero e profondo, resilienza, capacità di reinventarsi e riadattarsi, ma anche abilità imprenditoriale. Ritengo inoltre che la diffusione, massiccia e capillare, delle piccole e medie imprese costituisca una nostra propria eccellenza del tessuto essenziale dell’economia nazionale, un’eccellenza che va sempre sostenuta e valorizzata. Difetti: l’incapacità di credere con fermezza e decisione che la motivazione, la formazione, il marketing e la comunicazione siano in primis una risorsa; ancora troppi operatori di piccole, medie e grandi dimensioni li considerano solo un costo. Inoltre la scarsa collaborazione tra settore pubblico e privato, così come la lenta burocrazia sono limiti allo sviluppo.
Ritiene indispensabile implementare la formazione degli operatori?
Il turismo d’eccellenza non può essere improvvisato. La formazione è la linfa di ogni azienda ed è indispensabile. Uno staff adeguatamente formato e valorizzato rappresenta la professionalità di una azienda ed è garanzia di successo. L’evoluzione della domanda turistica, così come l’incertezza nella quale siamo stati catapultati, rendono sempre più evidente l’importanza del capitale umano: la formazione continua, insieme allo sviluppo delle competenze e all’ascolto attivo sono la vera garanzia di successo.
Cosa pensa della nuova laurea professionalizzante in management turistico di Venezia, varata da Ca’ Foscari in collaborazione con la Scuola italiana di ospitalità di Th e Cdp?
È una grande notizia, una grande opportunità: ogni passo compiuto nel campo hospitality universitario va festeggiato, sperando che un giorno si possa competere con le scuole di Cornell o Losanna o Glions. Ma dico anche che la laurea non è un traguardo, bensì un punto di partenza. Anche per questo ho cercato di dare un contributo scrivendo il mio libro sui segreti dell’ospitalità, un libro che spero possa ispirare i giovani e chi vuole intraprendere questa strada. Spero che scuole alberghiere e università lo potranno utilizzare come supporto narrativo.
(Alberto Beggiolini)