“Il gran desiderio di riprendere a viaggiare non deve trovare impreparati operatori e istituzioni, soprattutto nelle città d’arte, che subiscono vere e proprie invasioni. La sostenibilità sta non solo nella tutela ambiente, ma anche in quella del patrimonio artistico e umano. Penso in particolare a Venezia, per la quale la regolazione dei flussi turistici è doverosa, per non dire obbligatoria”.
Parola di Palmiro Noschese, un vero manager esperto del settore (Hotelier & Luxury Hospitality developer fractional executive e member board Aica & Chief istitutional comitee Ehma), in questi giorni a Berlino per l’IHIF, l’international hospitality investment forum, tre giorni di full immersion per il principale appuntamento in Europa, e tra i primi a livello internazionale, dedicato agli investimenti nel settore alberghiero.
Che clima si respira tra gli operatori a Berlino?
Un clima di tantissima voglia di viaggiare. Per quanto riguarda il nostro Paese, i numeri relativi alle vacanze pasquali e ai “ponti” successivi hanno trasmesso segnali positivi. La gente, come dicevo, vuole tornare a viaggiare e, appena possibile, lo fa. Da una prima analisi, la maggior parte degli italiani che si sono spostati in questo primo assaggio di vacanze ha scelto mete nazionali, segno evidente che la prudenza ha ancora una certa rilevanza nel selezionare la destinazione. L’allentamento graduale delle misure anti-Covid, la disponibilità finanziaria delle famiglie (anch’essa in molti casi pesantemente condizionante) e la delicata situazione internazionale saranno determinanti nello spostare la bilancia da una parte o dall’altra.
Vede segnali di cambiamenti strutturali nell’industria del turismo italiano?
Il Pnrr ha segnato una svolta per due aspetti fondamentali nel settore: la digitalizzazione, che coinvolge soggetti e operatori a tutti i livelli, e la sostenibilità, ampiamente incentivata per aumentare la competitività. Proprio la sostenibilità è l’unica via che può risollevarci, affiancata da adeguate misure di sicurezza e servizi stellati.
Si sta registrando una certa vivacità nelle compravendite delle strutture alberghiere: bene o male? Lei ha anche dichiarato recentemente di avere contatti con fondi di investimento che hanno intenzione di acquistare in Italia. L’hotellerie italiana è destinata a passare nelle mani di fondi stranieri?
Se vediamo il bicchiere mezzo pieno, vediamo interesse da parte di gruppi internazionali a investire nel nostro Paese, creando opportunità di lavoro e quindi prosperità, quindi è un bene. Se lo vediamo mezzo vuoto, temiamo una colonizzazione che potrebbe snaturare la nostra tradizione dell’ospitalità, privilegiando l’apparenza alla vera essenza. La giusta misura, come sempre, sta nel mezzo, attraverso politiche di espansione di manager italiani che sappiano trarre il meglio dalla situazione.
Nel suo ultimo libro “I segreti dell’ospitalità” ha trattato anche delle nuove fisionomie dei manager dell’ospitalità. Pensa che si stia provvedendo in modo sufficiente alla formazione?
La formazione è il mio cavallo di battaglia: non mi stancherò mai di dire che si può fare di più e che non bisogna mai considerarla come costo, bensì come risorsa per ogni struttura, e a ogni livello.
Noschese, come si potrebbe affrontare la mancanza di personale che sta mettendo in difficoltà gli operatori del settore?
L’applicazione del CCNL aiuta i giovani a inserirsi, evitando lo sfruttamento e combattendo il lavoro nero; il riconoscimento dell’esperienza favorisce la mobilità o il reinserimento dei profili più maturi e un’attenta politica di incentivi aumenta la motivazione.
(Alberto Beggiolini)
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