Ci sono solo quattro settori, in Italia, che hanno attualmente al lavoro meno della metà del loro personale complessivo. Sono l’industria (personale attivo al 41,2%), le costruzioni (39,8%), i servizi collettivi (19,3%), e alberghi e ristorazione (appena il 14,1% di personale ancora attivo). Lo sottolinea il più recente aggiornamento di “What’s next?”, il report sugli impatti sanitari ed economici elaborato da European House di Ambrosetti (il primo think tank italiano) per l’emergenza Coronavirus, presentato al una platea di stakeholder dal responsabile area scenari e intelligence Lorenzo Tavazzi.



Dunque, The European House – Ambrosetti ha messo a punto un modello di simulazione dell’andamento della pandemia in Italia, ha quantificato gli impatti economici sul sistema-Paese e ha realizzato un toolkit di strumenti pensato per rispondere tempestivamente alle esigenze delle aziende. E anche nell’analisi del prestigioso gruppo di studio è emerso chiaramente il drammatico calo nel settore turismo. Turismo che – ricorda il report – nel 2019 ha generato il 15% del pil nazionale (quarto paese in Europa per contributo), mentre nel 2020 gli operatori prevedono una riduzione degli arrivi pari al 60 percento, che potrebbe essere compensata solo in parte dai turisti italiani. Non solo: nel nostro Paese il calo del traffico aereo è arrivato a -92,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ed infine sono circa 500 mila gli occupati stagionali a rischio. Complessivamente, insomma, il report indica una perdita di valore aggiunto per il settore compresa tra il 30 e il 55,5 percento, con l’esposizione maggiore nei comparti alberghiero, tour operator e agenzie.



Anche dai dati Istat rielaborati da Ambrosetti, appare evidente la portata del crollo indotto dall’emergenza Covid-19 e dal conseguente lockdown. Così come è chiara la necessità di una ripartenza “sicura” che possa tornare a infondere fiducia nei turisti e liquidità nelle casse desertificate degli operatori. Scrivevamo su questo giornale, la scorsa settimana, che se non riparte il turismo è l’intera Italia a non ripartire. Lo conferma un dato del report Ambrosetti: per ogni 100 euro di transazioni nel turismo corrispondono 86 euro generati in altri settori economici. È un moltiplicatore che funziona praticamente a senso unico: sono rari i casi in cui altri settori riescono a far lievitare il turismo.



Si tratta quindi di stabilire appena possibile date e modalità della ripartenza, tenendo conto che non tutto è irrimediabilmente perduto. Un sondaggio SWG rivela che la stagione turistica 2020 potrebbe essere salvata dagli italiani che preferiranno rimanere in patria piuttosto che viaggiare all’estero: il 50% ha intenzione di fare una vacanza non appena l’emergenza sanitaria finirà; l’83% farà vacanze in Italia; il 16% teme di non avere una disponibilità economica sufficiente per farla; il 44% farebbe la vacanza se potesse detrarne parte del costo (e adesso sembra certo ci sarà la possibilità di farlo, anche se per cifre davvero insufficienti). Bisogna insomma guardare avanti, non lasciare nell’agonia un settore così delicato e importante, ma mettere a punto già oggi i mezzi per rinascere domani.

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