Quaranta strutture a marchio Valtur e Nicolaus, trenta in Italia e le altre sparse tra Egitto, Djerba in Tunisia, Bodrum (l’antica Alicarnasso) in Turchia, e poi ancora alle Maldive e in Grecia. È il bouquet di casa Nicolaus, il gruppo dei fratelli Roberto e Giuseppe Pagliara, quartier generale a Ostuni, la città bianca, e l’orizzonte in mezzo mondo, nato nel 2003 con un core business fin da subito diversificato, dalla villaggistica al luxury travel di medio e lungo raggio, fino al mercato immobiliare, al settore congressuale e MICE (meetings, incentives, conferences and exhibitions), diventando un’importante realtà nel mercato della vacanza mare, tra tour operating, hotel management, real estate. Un player in perenne movimento: nel 2018 l’acquisizione di Valtur, l’anno scorso quella di un altro marchio storico, I Viaggi del Turchese.
Non vi siete fermati nemmeno durante la pandemia?
Sarebbe un errore – dice Giuseppe Pagliara, presidente del cda di Erregi Holding, che gestisce il gruppo Nicolaus, e ad di Nicolaus Tour (è stato anche presidente di Confindustria Brindisi sezione turismo e assessore comunale al Turismo) -. In realtà, dagli inizi, quando rilevammo l’agenzia di viaggi di Ostuni, che si chiamava proprio così, Nicolaus, probabilmente in onore di San Nicola o in omaggio alla chiesa ortodossa, non ci siamo fermati mai. Da quell’agenzia abbiamo creato il nostro Tour operator, poi Raro realty per il business immobiliare, poi Synfo per la gestione alberghiera. E poi via via è arrivata Valtur, Turchese e molti altri. Abbiamo sempre cercato di mantenere attivo lo sviluppo, seguendo il nostro format di prodotto. E anche l’anno scorso, in piena pandemia, ma anche in questo inizio del 2021, ci siamo dati da fare, ad esempio con l’acquisizione per Valtur del villaggio di Brucoli, in Sicilia, o con quella dell’Hotel del Golfo, nel nord della Sardegna.
Eppure i bilanci del 2020 non incoraggiano, vero?
Ovviamente. È stato per tutti, anche per noi, un anno terribile. Tutto fermo dal 27 febbraio, poi riaperti dal 20 giugno, per un centinaio di giorni, niente turisti stranieri, e villaggi all’estero rimasti chiusi. Pensavamo a una débacle totale, e invece siamo riusciti a tamponare i danni, con una flessione del 55/60%, in pratica passando da 97 a 40 milioni di fatturato, però con una marginalità più alta, grazie al contenimento dei costi, con sforbiciate al marketing, alle campagne televisive e via dicendo. Abbiamo calato la disponibilità di camere al 75-80% per garantire i distanziamenti, abbiamo adottato protocolli di sanificazione, abolito i buffet e altro ancora. Per ogni singola presenza è calcolato un nostro esborso di 3-4 euro legato alla pandemia, ma fortunatamente la scorsa estate non abbiamo dovuto registrare nessun caso di contagio nelle nostre strutture. Ci siamo poi ritrovati in settembre con solo la fiamma pilota accesa, però non abbiamo lasciato a casa nessun dipendente, sfruttando la cig, la rotazione di alcune figure, ma salvaguardando il nostro capitale umano e i posti di lavoro.
Puntando anche sulla riqualificazione?
Certamente, dal personale e delle strutture, ma anche sulla riorganizzazione aziendale, accelerando sui progetti di sviluppo tecnologico, sulla digitalizzazione, un percorso che avevamo intrapreso già tre anni fa e che adesso il Covid ci ha fatto implementare. Abbiamo adottato ad esempio il CRM (Customer Relationship Management, gestione delle relazioni con i clienti, ndr) numero uno al mondo, il Salesforce. Ma stiamo puntando molto anche sulla sostenibilità, sociale e ambientale: proprio in Puglia abbiamo modo di verificare modelli agli antipodi, dall’overtourism delle località modello Ibiza, come Gallipoli, alle masserie isolate e tranquille. Si tratta di valutare e offrire le scelte più adatte. Noi ad esempio trattiamo anche trulli di lusso e stupende masserie, fin da quando Leonardo Mondadori ne acquistò una, proprio qui a Ostuni, aprendo la strada della Valle d’Itria a vip italiani e stranieri, come gli inglesi.
Nicolaus è noto anche per l’adozione di una formula particolare di business.
Sì, noi non facciamo gestione pura, ma controlliamo le strutture acquisite attraverso contratti di management. Abbiamo solo quattro villaggi gestiti da noi, in tutti gli altri ci occupiamo direttamente solo dell’animazione, e per tutto il resto stabiliamo regole precise alle quali il management dovrà attenersi scrupolosamente. È quasi un franchising alberghiero, adottato anche da grandi gruppi internazionali di hotellerie. Noi acquistiamo le camere vuote per piene e le cediamo quindi al management. Su altri versanti, abbiamo poi i viaggi taylor made, tagliati su misura, e basati sulla creazione di esperienze, di ricordi.
Avete già aperto il booking per la prossima stagione?
Ancora dallo scorso settembre, e tra un mese apriremo le vendite sul 2022. Certo, finora le prenotazioni sono ferme al 20-25% rispetto allo stesso periodo del 2019, ma era abbastanza prevedibile, visto il perdurare delle incertezze sulla pandemia e i ritardi sulle vaccinazioni. Proponiamo comunque “tariffe paura” con prenotazioni “assicurate”, con polizze di ristoro a più livelli: chi dovesse rinunciare alla vacanza per il Covid non perderà nulla.
Il nuovo Governo sembra deciso a evitare nuove incertezze, con decisioni e regole più chiare e preventive.
Spero sia così e confido molto nel nuovo ministro. Certo, è avvilente ammettere che serviva il Covid per far capire l’importanza del turismo, un settore produttivo complesso, che però non ha mai potuto contare su una struttura burocratica e amministrativa con le indispensabili competenze. Da queste deficienze sono arrivati anche incentivi sperequati, eccessivi in certi casi, assurdamente insignificanti in altri. La verità è che il turismo è industria, l’unica industria sostenibile anche dal punto di vista ambientale, senza controindicazioni con qualsiasi altra attività.
(Alberto Beggiolini)
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