Ancora una volta, e oggi ancor più inspiegabilmente di sempre, le risorse previste per il turismo nel Piano nazionale di resilienza e ripresa risultano sommate a quelle per la cultura, nonostante la recente creazione del ministero dedicato, finalmente scorporato dalle precedenti unioni coatte, appunto cultura ma anche, in passato, l’agricoltura. Non vale più di tanto nemmeno la presunta aderenza degli interessi dell’uno con l’altra, se non nella generica tesi che beni culturali, manifestazioni, spettacoli possono motivare certi flussi e alimentare il brand Italia, al pari però della moda, del design, della motoristica, della creatività in genere.
Per contro, le variegate peculiarità dell’industria dell’ospitalità motiverebbero davvero attenzioni mirate, anche in ottemperanza di quanto più volte dichiarato da questo Governo, che sostiene l’importanza dell’asset turismo, un centro di produzione che per l’Italia vale oltre il 13% del Pil (basti pensare che nel 2020 il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9%, a fronte di un calo nell’Unione europea del 6,2%).
Un’evidente sperequazione
Invece, nel testo finale del Pnrr da 248 miliardi, presentato alle Camere dal Premier, in attesa dell’ok definitivo propedeutico all’invio a Bruxelles, sono capitolati a “turismo e cultura” insieme provvidenze per 6,68 miliardi (con altre risorse previste dal fondo complementare per gli investimenti, e altri 26 miliardi circa destinati ad opere infrastrutturali come l’alta velocità Milano-Venezia e Salerno-Reggio Calabria ma considerate ad “alto valore turistico”). Ma è del tutto evidente che il turismo vero e proprio potrà contare su appena 2,4 miliardi, decisamente troppo pochi e nel raffronto con gli sforzi messi in campo da altri Stati europei e nella assurda sperequazione con il comparto in duplex, la cultura.
E dire che gli obiettivi del piano per il turismo sono noti e ambiziosi: incrementare l’attrattività turistica e culturale del Paese modernizzando le infrastrutture materiali e immateriali del patrimonio storico artistico; migliorare la fruibilità della cultura e l’accessibilità turistica attraverso investimenti digitali e investimenti volti alla rimozione delle barriere fisiche e cognitive al patrimonio; rigenerare i borghi attraverso la promozione della partecipazione alla cultura, il rilancio del turismo sostenibile e della tutela e la valorizzazione dei parchi e giardini storici; migliorare la sicurezza sismica e la conservazione dei luoghi di culto e assicurare il ricovero delle opere d’arte coinvolte da eventi calamitosi; rinnovare e modernizzare l’offerta turistica anche attraverso la riqualificazione delle strutture ricettive e il potenziando delle infrastrutture e dei servizi turistici strategici; supportare la transizione digitale e verde; sostenere la ripresa dell’industria turistica culturale e creativa.
Investimenti che dovranno essere articolati, per quanto riguarda il turismo, soprattutto su due linee: un HUB del turismo digitale e i fondi integrati per la competitività delle imprese turistiche. “Si intende impostare . recita il piano – una strategia di sostegno e rilancio di questi settori, focalizzata su: rigenerazione del patrimonio culturale e turistico, valorizzazione degli asset e delle competenze distintive nonché digitalizzazione. Si promuoveranno modelli innovativi di organizzazione del lavoro, anche attraverso lo sviluppo dei network e altre forme di aggregazione per sviluppare le competenze, digitali e non, degli operatori del settore attraverso l’accesso ad una formazione qualificata. Inoltre si agirà per sfruttare appieno le potenzialità dei grandi eventi che riguarderanno il Paese tra i quali la Ryder Cup del 2022 e il Giubileo del 2025, cercando di ridurre gli effetti dell'”overtourism” creando percorsi alternativi e integrati verso tutte le Regioni del Paese. L’impulso pubblico nell’ambito turistico innescherà un effetto leva moltiplicando investimenti e risorse attraverso opportune iniziative di Fondi di Investimento”.
Ma ecco nel dettaglio i tre capitoli specifici di intervento sul turismo.
HUB del turismo digitale (spesa prevista 0,10 miliardi). L’obiettivo progetto è creare un portale accessibile attraverso una piattaforma web dedicata, che consenta il collegamento dell’intero ecosistema turistico per valorizzare, integrare, favorire la propria offerta. L’investimento si compone di tre linee di intervento: messa a scala del portale Italia.it migliorandone l’interfaccia utente, integrandolo con fonti di dati aggiuntive, ampliandone il portafoglio servizi a disposizione del turista (ad es. assistenza e informazioni sanitarie) e delle professioni turistiche (guide). L’implementazione di contenuti editoriali tematici (ad es. turismo sostenibile) e rivolti a specifici target (ad es., sezione dedicata ai turisti asiatici), anche utilizzando i canali social, è finalizzata ad aumentare l’attrattività per la scelta delle destinazioni di viaggio e la scalabilità del portale; sviluppo di un data lake e adozione di modelli di intelligenza artificiale per analizzare (in forma anonima) i dati sul comportamento online degli utenti e i flussi turistici in aree di maggiore e minore interesse, al fine di una migliore segmentazione della domanda; sviluppo di un “Kit di supporto per servizi digitali di base” (sistema informativo per la promozione e gestione delle attività turistiche, supporto all’adozione e formazione) a beneficio degli operatori turistici di piccole e medie dimensioni nelle zone più arretrate del Paese. I risultati attesi intendono rafforzare gli operatori più deboli nella sfida della trasformazione digitale supportandoli nell’espansione e nel potenziamento della qualità dei servizi erogati.
Fondi integrati per la competitività delle imprese turistiche (spesa prevista 1,80 miliardi). La crisi pandemica del Covid-19 ha reso ancora più urgente la necessità di affrontare una serie di “nodi irrisolti” del sistema turistico italiano, dalla frammentazione delle imprese turistiche, alla progressiva perdita di competitività in termini di qualità degli standard di offerta, età delle infrastrutture ricettive, capacità di innovare e cura dell’ambiente. Di conseguenza, l’investimento è destinato ad una pluralità di interventi, tra cui: credito fiscale (530 milioni) per aumentare la qualità dell’ospitalità turistica con investimenti finalizzati alla sostenibilità ambientale (fonti rinnovabili a minor consumo energetico) alla riqualificazione e all’aumento degli standard qualitativi delle strutture ricettive italiane. Verrà prevista una percentuale di fondo perduto per incentivare gli investimenti in un periodo complesso come quello post Covid. Fondi BEI (Turismo Sostenibile 748 milioni): fondo ad effetto leva 1:3 capace di generare più di due miliardi di investimenti nelle aree del turismo di montagna sia per infrastrutture sia per servizi ricettivi; del settore business e dell’offerta turistica top quality; nel turismo sostenibile e nell’upgrade dei beni mobili e immobili connessi all’attività turistica. Il fondo può raccogliere capitale attraverso la partecipazione ad iniziative delle istituzioni finanziarie europee per concedere crediti agevolati al settore turistico. Potenziamento del Fondo Nazionale del Turismo (150 milioni) destinato alla riqualificazione di immobili ad alto potenziale turistico. Sezione Speciale Turismo del Fondo Centrale di Garanzia (358 milioni) per facilitare l’accesso al credito per gli imprenditori che gestiscono un’impresa esistente o per i giovani che intendono avviare una propria attività. Partecipazione del Ministero del Turismo al capitale del Fondo Nazionale del Turismo, con l’obiettivo di acquistare, rinnovare e riqualificare strutture alberghiere italiane, tutelando proprietà immobiliari strategiche e di prestigio e sostenendo ripresa e crescita delle catene alberghiere operanti in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali.
Caput Mundi-Next Generation EU per grandi eventi turistici (spesa prevista 0,50 miliardi). La terza azione volge un’attenzione particolare al patrimonio turistico del Paese sfruttando il volano dei grandi eventi che interesseranno. Attraverso Caput Mundi si è inteso cogliere un’importante opportunità per sviluppare un modello di turismo sostenibile in uno dei poli di maggiore interesse turistico a livello nazionale e in connessione anche all’evento giubilare. Si vuole creare un itinerario turistico nazionale che muovendo dalla Capitale porti il turismo lungo i percorsi nazionali spesso meno noti ma non meno unici. L’occasione è preziosa perché le vie che da Roma hanno percorso secoli di storia portano in tutta Italia e non è più possibile non offrire al turista un percorso che lo porti dalla Capitale alle altre meravigliose regioni troppo spesso limitate ad un turismo di nicchia. Si proporrà un’offerta differenziata per tipologia di turista, dal pellegrino, alla famiglia, al turismo di lavoro, al turismo esperienziale, al turismo di avventura a quello eno- gastronomico. Il progetto mira anche alla formazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore turistico per gestire i complessi restaurati. L’obiettivo è quello di alleviare la congestione delle grandi attrazioni culturali (over-tourism), dei principali siti archeologici e musei, ma anche delle chiese dei centri storici. Inoltre sarà sviluppata una app turistica dedicata a tutte le azioni svolte, quale contenitore di informazioni turistiche, culturali e logistiche. Le città avranno l’occasione di presentarsi in una veste rinnovata più verde e più fruibile anche grazie allo sfruttamento delle tecnologie digitali che consentiranno di gestire meglio gli accessi ed i percorsi. Verrà infine riconciliata la vocazione turistica con la vita dei cittadini con progetti di inclusione e partecipazione attiva e con l’ampliamento dei flussi turistici alle zone periferiche.
Le somme
Allora, i tre capitoli specifici di spesa per il turismo arrivano a un totale di 2,4 miliardi, tutto l’eventuale resto è subordinato ad altre voci, che però solo marginalmente potrebbero interessare davvero al comparto. Le aspettative, ovviamente, erano altre, e la nascita del ministero aveva fatto sperare in attenzioni finalmente diverse, ma evidentemente la vecchia concezione di un settore che ogni volta si sa salvare da solo non è mai scomparsa. Nemmeno davanti alla triste visione di intere stagioni azzerate, di hotel desolatamente chiusi o aperti e vuoti, di migliaia di posti di lavoro persi dall’inizio della pandemia.
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