C’è ottimismo, per adesso ancora cauto, ma pur sempre ottimismo. Basato anche sul weekend scorso, quando in migliaia hanno preso d’assalto i litorali, i ristoranti, i bar di Jesolo, Caorle, Bibione e via dicendo. “Un bel segnale, indubbiamente, che testimonia della gran voglia di vacanza, di riprendersi il tempo libero. Si sono visti perfino ragazzi al primo bagno, ovviamente ancora fuoristagione, roba per stomaci forti”. Lo conferma Massimiliano Schiavon, presidente Federalberghi Veneto.
Spiagge affollate, ma solo di turisti mordi e fuggi, presidente?
No, c’erano presenze anche negli alberghi, non moltissime, ma c’erano. Certo, il requisito fondamentale è che l’hotel sia aperto, fatto ancora non scontato, visto che si parla ancora di inizio primavera. Ma è un discorso che vale anche per i chioschi: quelli aperti hanno fatto incassi notevoli, ma tanti erano chiusi. E nei ristoranti in attività era indispensabile la prenotazione, salvo affrontare code infinite. Insomma, bisogna vi sia la disponibilità degli operatori, perché chi decide di non aprire, non lavorare, certamente non potrà lamentare poi un mancato incasso. Certo, di questi tempi i conti viaggiano sul filo di un rasoio, da una parte il guadagno, dall’altro le perdite imputabili alle spese fuori controllo. Ma bisogna comunque mantenere alta l’attitudine, bisogna affrontare i rischi d’impresa.
Invece molti hanno già alzato bandiera bianca?
Parlo di alberghi, e constato che alcuni non hanno riaperto, anche nelle grandi città. Da aprile la situazione sarà più definita, ma temo qualche chiusura definitiva, un saldo negativo, mentre assistiamo inerti allo shopping di operatori stranieri, specie i famosi “fondi”, a volte comodi paraventi.
Nel frattempo le prenotazioni come stanno andando?
Eravamo partiti bene, tra gennaio e inizio febbraio. Poi dal 23 c’è stato un rallentamento, un raffreddamento dovuto ovviamente allo scoppio del conflitto, anche se il flusso di prenotazioni non s’è mai fermato del tutto. Tanto che poco alla volta, lentamente, il trend è ripreso, con registrazioni anche da Austria, Germania, Svizzera, Francia. E Italia, anche se non in maniera massiccia, visto che qui ormai s’è radicata l’abitudine al sottodata.
Un effetto-guerra mitigato?
Sembrerebbe, anche se vanno contabilizzate le assenze dei viaggiatori russi (nel 2019 circa un milione di presenze) e dei Paesi dell’Est (altri cinque milioni). Ma al di là dei mancati arrivi, bisogna calcolare anche i derivati della guerra, a cominciare dall’inflazione e dal caro-energia, con effetti pesanti, soprattutto sulla ricettività montana, dove ha raggiunto valori non più sostenibili. In campo energetico stiamo pagando dipendenze dall’estero trascinate per troppi anni: adesso passerà chissà quanto prima di escogitare vie alternative e una visione a lungo respiro.
Nel frattempo Federalberghi Veneto è in prima linea per l’accoglienza ai profughi ucraini, vero?
Abbiamo siglato subito un protocollo con la Regione, con il coordinamento delle Prefetture, per aiutare, dando la nostra disponibilità. È stata creata una piattaforma online, dove le varie strutture possono manifestare il proprio interesse. I ristori per gli albergatori sono variabili, per un massimo di 60 euro a persona in pensione completa, o 35 per camera e colazione, con possibilità di ribassi anche consistenti. Registriamo già varie adesioni raccolte dalle nostre sedici territoriali in regione, tra le 2.500 strutture associate in tutto il Veneto: ci sono già circa mille posti letto disponibili.
Per quanto tempo potrebbe durare la disponibilità negli alberghi?
È una questione ancora da definire, si dice almeno fino alla fine dello stato di emergenza, a oggi difficilmente prevedibile. Noi chiediamo una certa flessibilità: molte strutture in ottobre chiudono, se si dovrà proseguire l’attività bisognerà rivedere il programma. A oggi in Veneto sono arrivati dall’Ucraina circa 11 mila profughi, accolti dalle strutture regionali, dalla Protezione Civile e altri enti. Alla copertura dell’80% di questi posti, si passerà agli hotel.
Avete elaborato solo linee guida per l’accoglienza o anche su una possibile integrazione dei nuovi ospiti?
L’arrivo degli ucraini (tutti soggetti a immediati tamponi) coincide con la grave mancanza di personale che stiamo registrando da un paio d’anni e che crea non pochi problemi nelle nostre attività. Per questo vogliamo verificare con le autorità la possibilità di offrire loro un lavoro all’interno. Ci sono ostacoli burocratici da superare, ma il presidente Luca Zaia s’è dimostrato subito sensibile: servirà partire da una revisione dei flussi migratori, che potrebbero essere allargati in deroga. E stiamo assistendo all’arrivo di molte donne con bambini, ed è chiaro che per poter offrire un lavoro alle prime bisognerà pensare a come integrare i secondi. Insomma, c’è da lavorare, ma si possono ottenere risultati concreti.
(Alberto Beggiolini)
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