Una leggerissima controtendenza, che però non riesce ancora a modificare il trend: lo scorso febbraio i turisti stranieri in Italia sono più o meno scomparsi, più o meno quanto nei tre mesi precedenti, anche se in misura un po’ meno consistente. Lo certifica l’indagine di BankItalia: le spese dei viaggiatori stranieri in Italia sono diminuite del 79% rispetto al febbraio 2020 (357 milioni di euro, da 1.702), quelle dei viaggiatori italiani all’estero del 69,5% (430 milioni, da 1.410). Nei tre mesi terminanti a febbraio 2021 la spesa dei viaggiatori stranieri in Italia si è contratta dell’81% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; quella dei viaggiatori italiani all’estero è diminuita del 78,3%.
Cifre poco rassicuranti, per adesso, ma le prospettive di ripresa sono giorno dopo giorno più concrete, anche per l’incoming dai Paesi stranieri, grazie al progredire della campagna vaccinale, che corre verso il raggiungimento di quel 60-70% di popolazione immunizzata che autorizzerebbe finalmente il ritorno a una vita non più emergenziale. Un obiettivo che trascina con sé la necessità di ristrutturare complessivamente la filiera turistica, il vero asset per la ripresa dell’economia italiana, per renderla più competitiva e sostenibile nel mondo post-pandemico.
Nella lunga catena di produzione del suo valore, il turismo vede al primo posto l’ospitalità, e proprio su questa si stanno concentrando gli studi, le previsioni, i nuovi modelli di riferimento, i format, costruiti su digitalizzazione, tecnologia e sostenibilità, “senza dimenticare nuovi concept di camere, spazi comuni più ampi e procedure di prenotazione meno complicate”. Queste, almeno, le indicazioni di HostMilano (il salone dell’ospitalità professionale più importante a livello mondiale; la prossima edizione si terrà a FieraMilano dal 22 al 26 ottobre), sulla base del dialogo con professionisti del settore e delle testimonianze raccolte in tutto il mondo per delineare a 360° l’evoluzione dell’ospitalità.
La sostenibilità dovrà diventare un patrimonio comune di tutti, essendo una questione di salute pubblica, e sarà uno dei temi fondamentali a cui il mondo hotellerie dovrà prestare molta attenzione. L’osservatorio “Nuovi format in arrivo nell’ambito dell’Ospitalità” sottolinea come le nuove generazioni siano molto più attente ai valori della sostenibilità rispetto ai baby boomers: “I più giovani sono meno attratti da dettagli come la rubinetteria di lusso, mentre sono più esigenti sulla funzionalità degli spazi”. La conseguenza, inevitabile, è che l’hotel del futuro dovrà essere pianificato su nuovi format. A cominciare dalle camere, che dovranno essere pensate per essere multifunzionali, in grado cioè di consentire lo smart working durante il giorno. Le stanze, quindi, saranno più grandi, meno rumorose, con una buona qualità della luce e dell’aria; e magari, dotate anche di attrezzi per il fitness, preferibili rispetto alle palestre in aree comuni. Dovrà anche diventare più facile chiedere servizi e pasti in camera, magari con comandi touchless.
Per l’ospitalità quindi si prevede un periodo di cambiamento profondo: l’attenzione all’ambiente e alla digitalizzazione saranno gli elementi chiave per affrontare le nuove dinamiche. Già lo studio promosso lo scorso anno dalla Scuola italiana di ospitalità e curato da Cdp e TH Resorts indicava che il comparto alberghiero è destinato a essere attraversato da una profonda innovazione dal punto di vista tecnologico. Oggi le aziende dotate di sistemi di gestione ERP (enterprise resource planning) sono passate dall’11% del 2010 al 29% del 2017, mentre quelle con un CRM (customer relationship management, il sistema per gestire le relazioni con i clienti), dal 37% al 48% dello stesso periodo. Dati, sottolineava il report, che se dimostrano l’importanza crescente assegnata dalle strutture alberghiere al digitale, non bastano tuttavia a colmare il gap ancora esistente con gli altri Paesi europei, tanto che ancora nel 2016, solo il 10% delle imprese italiane del settore risultava dotato di un sistema di software gestionale per l’hotellerie, rispetto al 15% della Francia, il 20% della Spagna e il 32% del Regno Unito.
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