Tanto per essere subito chiari: per diffidenza, e anagrafe impietosa, sotto sotto siamo un tantino luddisti. E le astruse iperboli ipertecnologiche, o anche solo le previsioni di discutibili novità ancora di là dal divenire, ci provocano l’orticaria. Così, quando sentiamo dire (sempre più spesso) che il futuro del turismo e dell’ospitalità sta nel metaverso e nei “token non fungibili” prima di tutto apriamo il vocabolario (che però dev’essere superaggiornato) e subito dopo lo chiudiamo con un po’ di fastidio e senso di inadeguatezza.



Tanto per essere (forse) chiari: il metaverso è una roba che non esiste, il nome è stato inventato trent’anni fa da un romanziere “cyberpunk” (altra orticaria) per dire di un universo virtuale, abitato da replicanti umani, un sottile rimando al Blade Runner di dieci anni prima, e stimolo per Second Life, la realtà virtuale di internet creata con scarso successo nel 2003, e per Avatar, il film che arrivò dopo, nel 2009. Fino all’anno scorso, comunque, di ‘sto metaverso non se n’era accorto praticamente nessuno.



Poi è arrivato il furbone di Zuckerberg, che ha pensato bene di chiamare Meta il suo conglomerato Facebook-Instagram-WhatsApp. Lanciando simultaneamente un suo internet “aperto”, senza confini tra reale e virtuale (ancora prurito), appunto un Metaverso, sul quale ha annunciato di voler investire dieci miliardi di dollari all’anno, per “assecondare le esigenze e i desideri degli utenti con nuove funzionalità legate alla realtà aumentata”.

Passiamo ai “token non fungibili”, confidenzialmente chiamati Nft. Riapriamo la Treccani: “Gli Nft sono una sorta di garanzia digitale, basata su una lunga stringa di numeri e di lettere, che consente di provare il possesso di un oggetto digitale. Quindi non si acquista un bene in sé, ma soltanto un token su blockchain, appunto un non-fungible token, che consente di stabilire la proprietà dell’opera”. Il rush cutaneo peggiora. Nuovo passaggio di enciclopedia: il token è “un insieme di informazioni digitali” e la “blockchain è una struttura dati condivisa e immutabile” (in vulgo, quella ad esempio dei Bitcoin). Sarà. Certo è che la somma di token, Nft, blockchain e via andare è quello che gli info-guru già definiscono il Web3, il nuovo network di internet.



E veniamo al turismo. Secondo gli esperti in innovazione, le vacanze prossime venture le compreremo con Nft, e gli stessi Nft diventeranno lo strumento migliore in mano agli operatori per fidelizzare i clienti: regalandoli si creerà una community che sarà anche il target per campagne mirate di news o altre promozioni. Si tratta insomma di nuove relazioni con i clienti attraverso canali digitali e innovativi sistemi digitali, che potranno rendere obsoleti gli attuali passaggi di booking. Così dicendo, è abbastanza evidente (si fa per dire) che il metaverso sarebbe in pratica una sofisticata operazione di marketing. Però, però…

Ma vediamo il turista del futuro, quello che pagherà con Nft. Dunque, si infilerà gli occhialoni per la realtà virtuale e aumentata, si creerà il proprio doppio, un avatar (ovviamente più prestante e figo), e s’infilerà dentro il resort che vorrebbe prenotare, si farà un tour, sempre virtuale, tra le stanze, le cucine, le sale, il dehor, poi allargherà l’orizzonte al panorama, visiterà i centri vicini (facciamo un esempio: che so, diciamo Ravenna), osserverà i monumenti (in questo caso tomba di Dante, mausoleo di Teodorico), i negozi, passeggerà lungo i viali e via dicendo. E quando il compagno/la compagna gli chiederà: allora, andiamo a Ravenna?, lui magari risponderà: no, grazie, ci sono già stato.

Ma forse sbagliamo, forse la prenotazione alla fine la farà, e sicuramente sarà più consapevole e informato. Certo è, comunque, che si sta viaggiando su un crinale, verso un turismo in bilico, dove la supertecnologia può aiutare fino a un certo punto, prima di diventare controproducente, perché se c’è un valore insopprimibile nell’hotellerie, soprattutto italiana, è quello legato alla relazione, al capitale umano, al contatto, all’empatia che chi riceve sta stabilire con chi arriva. Ultimo passaggio sul vocabolario: “hotellerie” è l’accoglienza alberghiera. E “accoglienza” è “il modo di ricevere un ospite”.

Non so voi, ma a me piace, e continuerà a piacermi, essere accolto dal calore umano e scoprire con i miei sensi tutto quello che c’è da scoprire. Solo così mi sembra di fare le esperienze “mie”, e non quelle di un avatar, figo ma… senz’anima.

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