Prosegue a Firenze il primo G7 dedicato al turismo che, come ci ricorda in questa intervista il Segretario Generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli, è focalizzato su tre temi fondamentali: turismo e opportunità di sviluppo socioeconomico; capitale umano-lavoro, inclusione e competenze; digitalizzazione e intelligenza artificiale.



Quali sono, secondo lei, le competenze oggi indispensabili per chi lavora nel turismo?

Sono diverse, ne sottolineo alcune. L’“industria” turistica, che è tra le più importanti in termini di movimentazione del Pil a livello globale, si radica sull’attenzione alle persone, sulla cura e sulla capacità di rapportarsi con l’altro, sulla capacità di comunicazione, sull’orientamento al cliente, sulla capacità di visione. Insomma, su quelle che vengono definite soft skill, le competenze trasversali ritenute sempre più indispensabili dalle imprese di tutti i settori. Altrettanto indispensabili sono le capacità organizzative. I settori e i soggetti coinvolti in una esperienza di vacanza sono molti: dai trasporti al commercio, dalla valorizzazione del patrimonio artistico alla cultura, dalla ristorazione all’ospitalità, dalla programmazione delle infrastrutture alla fruibilità dei siti. Riuscire a mettere insieme tutte queste variabili ed i soggetti che le presiedono richiede capacità di creare raccordi tra le diverse realtà e di organizzarli in una offerta integrata. Non a caso stanno nascendo tante DMO, le Destination Management Organization, in cui la governance dello sviluppo e della promozione turistica dei territori e delle destinazioni è declinata in partenariato tra soggetti pubblici e privati. Ovviamente sono essenziali, inoltre, i percorsi di professionalizzazione delle imprese, per formare figure che sappiano valorizzare la dimensione turistica e culturale dei territori, con attenzione alle nuove opportunità di mercato ma anche al rispetto delle comunità locali.



Come possono le istituzioni e le imprese del turismo collaborare per ridurre il gap di competenze e preparare i lavoratori alle sfide attuali e future?

Uno dei nodi che contribuiscono a determinare questo gap è dovuto al difficile dialogo tra mondo della formazione e sistema delle imprese. Credo che un ruolo fondamentale per ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro lo abbiano i Fondi interprofessionali. È in quegli ambiti e in quelle sedi che si può sviluppare un rapporto diretto tra aziende e sistema della formazione, mettendo in fila le necessità del mondo produttivo e cercando di colmare il divario con la formazione. Uno strumento estremamente utile è il Fondo per le nuove competenze del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, diretto a contribuire ai costi per la formazione sostenuti dalle imprese che stanno affrontando la transizione digitale ed ecologica, adeguando a queste innovazioni la propria organizzazione.



La cittadinanza digitale e l’innovazione tecnologica stanno cambiando l’esperienza turistica. Quali strategie sono, secondo Unioncamere, le più efficaci per aiutare le piccole realtà turistiche italiane a sfruttare le opportunità della trasformazione digitale?

È un fatto, ormai, che la ricerca delle destinazioni di viaggio e le prenotazioni avvengano sempre più attraverso il web. Farsi conoscere online, curare l’immagine, i contenuti, crescere nei consensi attraverso i social media, ma anche saper utilizzare i big data per stimare i flussi di domanda e clusterizzarla per gusti e interessi, sono elementi indispensabili che richiedono competenze che non possono essere improvvisate. Ma questa è solo la base di partenza che tutte le imprese turistiche dovrebbero avere. La realtà di oggi, come ci dice Luciano Floridi, è l’infosfera, l’ambiente globale delle informazioni che circolano attraverso i media digitali, influenzando ogni aspetto della vita moderna. E il nostro modo di vivere è onlife, online e life, commistione di vita reale e vita virtuale. Questo vale a maggior ragione per l’esperienza turistica. Riuscire a sfruttare in questo senso la tecnologia diventa perciò sempre più un valore aggiunto.

La difficoltà di attrarre e trattenere talenti nel turismo è una sfida per l’Italia e non solo. Quali sono i fattori principali che scoraggiano i giovani a intraprendere una carriera in questo settore?

Il tema non si pone solo per il settore turistico. In vent’anni, mostrano i dati Istat che abbiamo elaborato, sono andati all’estero 1 milione e 150mila italiani di meno di 40 anni. Nello stesso periodo ne sono rientrati circa 560mila, con un saldo negativo di 592mila persone. La presenza dei connazionali all’estero è in costante aumento. E tantissimi sono giovani. Direi che questo è il problema dei problemi per il nostro Paese. E il turismo paga uno scotto importante, incontrando sempre maggiori difficoltà a reperire manodopera e professionalità. Molte professioni legate al turismo, poi, sono associate a lavori faticosi, con turni lunghi, spesso hanno carattere stagionale e quindi impongono una situazione di precarietà che rende difficile ipotizzare la costruzione, ad esempio, di un nucleo familiare. Inoltre, molte opportunità di lavoro si concentrano nei territori a maggior vocazione turistica e le retribuzioni spesso ritenute insufficienti ad affrontare tale impegno. Per questo i giovani cercano più frequentemente occasioni di impiego in aziende più grandi, orientate alle nuove frontiere tecnologiche che rendono più facile immaginare percorsi di crescita professionale. Aggiungo che oggi la ricerca del lavoro e il senso che esso ha nella vita dell’uomo sta sempre più conoscendo nuove declinazioni per rispondere a bisogni emergenti: migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita personale; maggiore adesione e attenzione ai valori dell’impresa; maggior coinvolgimento e migliori opportunità di carriera. Sono logiche nuove alle quali il sistema produttivo deve riuscire a dare risposte concrete per attrarre e trattenere lavoratori e competenze preziose.

Quali misure possono essere messe in atto per incentivare il lavoro giovanile nel turismo?

Due aspetti, secondo me, sarebbero fondamentali. Intanto è utile rilanciare il lavoro autonomo e la libera iniziativa. Da anni registriamo un calo costante delle imprese giovanili e questo è un segnale preoccupante. Le Camere di commercio non a caso stanno realizzando un programma diretto ad aiutare chi vuole aprire una impresa, seguendo l’aspirante imprenditore nelle diverse fasi che vanno dalla ideazione all’avvio dell’attività. Accanto a questo tipo di supporto, però, servono strumenti finanziari mirati alle start up, per supportarne la nascita e lo sviluppo. Per i lavoratori dipendenti una leva fondamentale è quella del livello economico delle retribuzioni che è affidato alla contrattazione collettiva e all’andamento della produttività delle imprese, che negli ultimi anni è aumentata.

In che modo il G7 Turismo potrebbe dare slancio a politiche che migliorino il sistema turistico italiano, e quali sono le sue aspettative in tal senso?

L’agenda dei lavori si concentrerà su tre temi fondamentali: turismo e opportunità di sviluppo socioeconomico; capitale umano-lavoro, inclusione e competenze; digitalizzazione e intelligenza artificiale. Credo che già parlare di turismo ai massimi livelli istituzionali, declinando il tema dello sviluppo ponendo al centro la persona, la sostenibilità (economica e sociale) di questo segmento produttivo e le grandi sfide della trasformazione digitale e tecnologica è un elemento di novità importante. Si tratta di un momento di confronto importante e di una grande l’occasione per definire politiche comuni che partano dalla condivisione di buone prassi e di esperienze progettuali di progetto.

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