“Sa di cosa ci sarebbe bisogno oggi per il settore alberghiero? Di un banco dei pegni”. Lo dice Sofia Gioia Vedani, ad di Planetaria hotels, un gruppo che vanta 11 strutture a 4 e 5 stelle sparse tra Roma, Milano, Firenze e Genova, nato a metà degli anni Novanta su iniziativa di una famiglia di imprenditori milanesi.
Architetto Vedani, può spiegare meglio la sua idea?
Allora, io credo che per sopravvivere non basterà parlare di turismo sicuro, compartimentare le spiagge e via dicendo. Le iniziative che si stanno prendendo sono troppo frammentarie e non aiutano una ripartenza vera. Uno studio di Cerved rating indica un’impresa turistica su 5 a rischio default: è vero, e molti potrebbero “disamorarsi”, cedere alle profferte di scaltri affaristi, e quindi disinvestire per impiegare le proprie risorse in altre attività. Mi piacerebbe allora si creasse un sostegno, magari anche grazie all’impegno di enti pubblici, come ad esempio Cdp – che potrebbe essere il soggetto più indicato -, per garantire una tutela, un ombrello non speculativo, a salvaguardia delle imprese turistiche italiane.
Come potrebbe funzionare?
I privati portano al banco dei pegni l’anello nuziale. Gli albergatori potrebbero “portare” la loro struttura, e ottenere le risorse indispensabili per ripartire, riscattando poi le proprietà date in pegno con la restituzione dei capitali, nel corso del tempo. Nei casi di inadempienza, almeno le aziende resterebbero in mani italiane. Sarebbe un meccanismo semplice e rapido, al contrario delle procedure infinite per la richiesta di un prestito qualsiasi, che dopo faticosi iter burocratici tante volte nemmeno arriva. Il tutto a difesa anche dell’italianità delle nostre imprese, che in queste situazioni rischiano seriamente di entrare nel bouquet di gruppi esteri, avvoltoi che già si vedono in volo, a caccia.
È solo un’idea o una proposta concreta?
Ne avevamo parlato all’interno del mio gruppo, ma ne avevo anche accennato in un paio di incontri in Confindustria. Si sta discutendo anche sulla necessità di altri sostegni, a partire da un incoming incisivo, magari grazie ad Enit, chiamata a diffondere l’immagine di un Paese sicuro e serio, come siamo.
Cosa pensa della responsabilità degli albergatori nel caso si registrino nuovi contagi tra gli ospiti?
Assolutamente indimostrabile. Al pari delle frequentissime denunce di furto del contante, che improvvisamente vengono avanzate da qualche cliente: l’albergatore è costretto a tutelarsi con varie, costose assicurazioni. Una pratica ricorrente. Temo che anche per il contagio da coronavirus si potrebbe assistere alla strumentalizzazione diffusa del meccanismo denuncia/risarcimento. È comunque evidente che dove le regole siano disattese, e magari si assista ad assembramenti assurdi, com’è successo in Germania . proprio da loro -, il discorso cambia. Insomma, penso che se la struttura mette in campo tutto quello che è prescritto, dai distanziamenti alle sanificazioni e via dicendo, non possa subire un problema di responsabilità. Parlare ancora di responsabilità significa agitare una spada di Damocle sulla testa di operatori che già hanno mille problemi ed incertezze, significa spingerli ancora di più verso una non riapertura.
Le strutture di Planetaria oggi sono out?
Abbiamo tutti gli alberghi chiusi, tranne uno. Abbiamo riaperto coraggiosamente l’altro giorno quello di Genova (il Grand Hotel Savoia, uno dei più antichi d’Italia, ndr), una piazza già troppo colpita da sciagure: la crisi infrastrutturale ha minacciato da due anni anche l’operatività alberghiera. Tentiamo quindi proprio da lì una ripartenza, con una soluzione sicura, areata, con grandi spazi e con tutta la buona, ottima volontà del direttore di sede. Dopo Genova, pensiamo di riaprire una struttura per città, magari quelle più dotate di parcheggi comodi, che consentono quindi di essere raggiunte con mezzi propri. Sono tentativi, ovviamente, e si guarda anche cosa fanno i competitor: nessuno può escludere di aprire oggi ed essere costretto a richiudere domani, perché se i costi dovessero superare i ricavi… Nel frattempo, abbiamo varato Planet Taste – delivery with love, un servizio creato dagli executive chef dei nostri ristoranti per far arrivare a domicilio, soprattutto dei nostri clienti più affezionati, piatti creati appositamente per loro e per diverse occasioni. Una maniera per non trascurare gli ospiti abituali, la fidelizzazione, ma anche per far lavorare i dipendenti cooking. Gli altri sono in gran parte in cassa integrazione, ancora oggi pagata direttamente da noi.
Opportunità, speranze o previsioni fondate?
Noi abbiamo discusso molto, all’interno del nostro gruppo familiare e con il direttore generale, e pensiamo di poter offrire soluzioni ottimali per questa fase: strutture ampie, che offrono sicurezza, una grande reputation di pulizia e igiene, punti sui quali abbiamo sempre tenuto standard elevatissimi. Adesso ovviamente quelle attenzioni sono state ancor più implementate. Il punto principale dei nostri interventi è sempre la sicurezza dei nostri collaboratori e dei clienti, una catena di serenità che ci garantisce e ci fa sentire tranquilli. Abbiamo elaborato protocolli severissimi, ben più di quelli praticati dagli enti pubblici, abbiamo varato perfino i sigilli per le camere dopo le sanificazioni, con i nastri tipo polizia, ci siamo affidati alle imprese più accreditate e competenti per la sicurezza ambientale e l’igiene. Ma senza il pericolo di “ospedalizzare” gli alberghi: tutto dipende da come si fanno le cose. La ritualità dell’accoglienza deve cambiare: non è un gioco, ma c’è maniera e maniera di fare le cose. Misurare le temperature con i termoscanner può sembrare invadente o fastidioso, ma se lo fa un addetto gentile, con gli occhi che sorridono e le maniere giuste, cambia tutto. E noi abbiamo personale assolutamente adatto. Vede, la sicurezza non è marketing, è una condizione indispensabile: chi ha investito già prima in queste pratiche, oggi si trova avvantaggiato.
Timori per le conseguenze delle recenti movide superaffollate?
La voglia di ricominciare c’è. Però non stigmatizzo nessun comportamento, non giustifico movide sfrenate o quant’altro, ma so anche che con qualche regola chiara e con abitudini di sicurezza si può riprendere a vivere. E lavorare. Confidando nella riapertura dei confini regionali, ovviamente, speriamo anche di rivedere presto i clienti corporate: le aziende devono ripartire, gli affari devono riprendere. Il web è servito, durante il lockdown, ma tra webinar, collegamenti via Skype o Zoom adesso non se ne può più…
Bonus vacanze e misure del decreto Rilancio?
Le misure adottate è chiaro a tutti che non sono sufficienti. Chi ha le spalle più forti può resistere meglio e più a lungo, ma le piccole e medie imprese del turismo rischiano davvero grosso. In tante potranno restare chiuse.
(Alberto Beggiolini)