La macaia lagunare evidentemente è stata spazzata via dall’allarme arrivato dall’Unesco, che ha minacciato di inserire Venezia nella lista dei patrimoni a rischio anche, e forse soprattutto, per il procrastinarsi di un overtourism senza controllo e dei suoi nefasti derivati. Adesso, dopo cinque anni dalla legge di bilancio che autorizzava il Comune a subordinare l’ingresso dei turisti ad una sorta di ticket, dopo un’infinita serie di test, di rinvii, di perplessità e discussioni, il sindaco Luigi Brugnaro è riuscito a mettere a terra quell’autorizzazione.
Forse. Perché il ticket dovrebbe entrare in vigore la primavera del prossimo anno, in via sperimentale, ma si deve ancora passare attraverso il confronto in Consiglio comunale, martedì prossimo, e si deve anche rispondere alle critiche di alcuni grandi player che su Venezia operano, come Save, la società di gestione dell’aeroporto Marco Polo, affiancata dalle compagnie low cost, in testa Ryanair, già sul piede di guerra per il rincaro di 2,50 euro alla tassa d’imbarco applicata per ogni passeggero. Una guerra che ha già visto Save ricorrere al Tar chiedendo una sospensiva al provvedimento in vigore dal 30 maggio scorso, richiesta però prontamente respinta.
Al di là di una generica sensazione da limone spremuto che ogni turista avverte, soprattutto in destinazioni particolarmente ambite e costose, accantonando i possibili risvolti di limitazione di libertà che il ticket comporta e ignorando l’impressione di una città-museo particolarmente fragile e fruibile a pagamento, azzerando insomma le inevitabili capziosità, risulta ben chiara la volontà veneziana di disincentivare gli arrivi massivi e concentrati, situazioni che rendono invivibile la città per turisti e residenti. Tant’è che il ticket dovrà essere applicato solo in trenta giorni, con calendario da definire, ma comunque focalizzato sui ponti di primavera e sui fine settimana estivi, appunto le giornate di maggiore criticità.
Il nuovo “Regolamento per l’istituzione e la disciplina del contributo di accesso alla città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna” prevede un costo di 5 euro a persona. Saranno tenute a pagare il ticket le persone maggiori ai 14 anni d’età; esentati invece, ovviamente, i residenti (e i loro parenti) ma anche i lavoratori, gli studenti di istituti veneziani, tutti coloro che hanno pagato Imu nel Comune, i turisti “pernottanti” in città. Non pagheranno nemmeno i veneti in generale, ma saranno tenuti comunque alla prenotazione della visita. Queste le linee guida, che andranno definite (se il passaggio in Consiglio darà esito favorevole) con appositi strumenti attuativi, dalla piattaforma digitale sulla quale potersi prenotare, agli orari stabiliti per i flussi, agli eventuali scorpori per altre categorie o per altre destinazioni lagunari.
“Dopo aver ascoltato i cittadini, attraverso una consultazione online, e aver recepito alcune indicazioni nella fase di confronto interna al Consiglio comunale, abbiamo elaborato un’integrazione alla versione originaria del contributo d’accesso – spiega l’assessore al Turismo Simone Venturini –. L’abbiamo fatto nella convinzione che l’idea di prenotabilità della città dovesse essere la più partecipata possibile. Ci poniamo così come apripista a livello mondiale, consapevoli dell’urgenza di trovare un nuovo equilibrio tra i diritti di chi a Venezia ci vive, ci studia o ci lavora e di chi visita la città. Inizia un percorso che intraprendiamo con umiltà, consapevoli che ci saranno problemi da risolvere e ostacoli da superare. Nessuno ci ha indicato la strada prima, la stiamo tracciando noi nella convinzione che la gestione del turismo è una priorità per il futuro della nostra città. Una città che rimarrà sempre aperta a tutti. La sua prenotabilità non è infatti uno strumento per fare cassa (anzi, permetterà di coprire solo i costi del sistema) ma garantirà ai residenti una qualità della vita migliore e ai turisti pernottanti una visita in grado di regalare emozioni più vivide”.
Generalmente positiva l’accoglienza del provvedimento da parte delle categorie produttive interessate. “Venezia ha necessità di elevare il livello della qualità dei suoi servizi – ci dice Massimiliano Schiavon, presidente Federalberghi Veneto – ma con i numeri attuali di arrivi non può né potenziare né garantire gli standard indispensabili. Venezia è un museo a cielo aperto: c’è un limite massimo di accoglienza, oltre il quale non si può andare. I flussi vanno contingentati non solo per la vivibilità di residenti e ospiti, ma anche per garantire la sicurezza pubblica. Il ticket non può essere che l’inizio di un percorso che riesca a coniugare servizi e bisogni”. Venezia, insomma, quale destinazione-esperienza, per la quale sembrava necessario arginare l’appeal della prima per garantire il successo della seconda. Non si può dimenticare che Venezia è la città che ha la maggiore proporzione di presenze turistiche rispetto alla popolazione residente: quasi 50 presenze turistiche per ogni residente.
Secondo l’osservatorio Ocio i cittadini sarebbero 49.474, i posti letto ricettivi 49.146. In queste contingenze, il ticket d’ingresso inciderà sul turismo mordi e fuggi, quello da mattina a sera, il turi-pendolarismo, ma lascerà inalterata la situazione riguardante gli affitti brevi (per i quali il turista è “pernottante”) che nonostante la “norma Venezia” (tetto di 120 giorni, sopra il quale l’attività diventa di impresa, con altre regole e più tasse) che sembra essere ancora in attesa delle necessarie disposizioni ministeriali, continuano a stivare buona parte delle presenze, mettendo a rischio la filiera dell’ospitalità alberghiera, della residenzialità e dello spopolamento (con i proprietari di alloggi che li trasformano in affitti turistici e si trasferiscono in terraferma). Per tutto questo un Venice-pass forse non basterà.
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