Si è concluso con quattro condanne pesantissime il processo celebrato oggi in Marocco per l’omicidio delle due turiste scandinave uccise e decapitate lo scorso dicembre. Come riferisce RaiNews, il procedimento era iniziato lo scorso 2 maggio e si è concluso con pesantissime condanne a carico dei quattro principali imputati, tre dei quali condannati alla pena di morte e uno all’ergastolo. Era lo scorso 17 dicembre quando i corpi delle due giovani donne furono rinvenuti, entrambi decapitati, in una zona isolata nei pressi di Imlil, tra le montagne ed a 60 chilometri circa da Marrakech. Ad emettere la durissima sentenza è stata una corte di Salè, vicino la capitale Rabat e che ha raccolto le richieste dell’accusa contro gli imputati considerati gli esecutori materiali dei due efferati omicidi. Le vittime, le due turiste scandinave, la danese Louisa Vesterager Jespersen di 24 anni e la norvegese Maren Ueland di 28 anni. Tre dei marocchini condannati andranno incontro alla pena di morte, tutti considerati vicini al sedicente Stato Islamico Isis.



TURISTE SCANDINAVE DECAPITATE: LE CONDANNE

La Corte del Marocco ha deciso di replicare con tre morti alle due a scapito delle turiste scandinave uccise e decapitate nei mesi scorsi. I tre uomini condannati alla pena di morte sono il venditore ambulante 25enne, Abdessamad el Joud, il falegname 27enne Youness Ouziad e il 33enne Rachid Afati, anche lui falegname. Tutti e tre poco prima di commettere il duplice omicidio avrebbero giurato fedeltà all’Isis (anche se il gruppo jihadista non ha mai rivendicato i due attentati). Oltre a loro, altri 21 imputati sono stati condannati per complicità a vario titolo subendo condanne che oscillano dai 5 anni all’ergastolo. Gli imputati erano accusati di ”apologia del terrorismo”, ”attentato contro la vita delle persone con premeditazione” e ”creazione di un gruppo per preparare e commettere atti terroristici”. Come rammenta Rainews, la pena di morte nel paese non viene eseguita dal 1993. I tre principali imputati nonché coloro che hanno ottenuto la condanna più grave hanno chiesto il “perdono di Dio”. “Non c’è Dio all’infuori di Allah. Che mi perdoni”, avrebbe detto il più giovane poco prima della lettura del dispositivo. Secondo l’accusa sarebbe stato proprio lui ad organizzare la spedizione contro le due vittime sulle montagne dell’Atlante e ad aver poi diffuso il video della decapitazione.

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