La storia del sequestro del giovane ereditiero John Paul Getty III, narrata nel film Tutti i soldi del mondo in onda questa sera su Rai3, è un simbolo di come partì la guerra ai sequestri e di come le autorità e le forze dell’ordine cercarono contromisure per fronteggiare quella che era diventata una vera e propria industria dei rapimenti, che andò ad arrestarsi più o meno all’inizio degli anni Novanta. Il rapimento di John Paul Getty III ebbe un grande impatto nell’immaginario collettivo e si arrivò alla legge numero 82 del 1991 nota come “blocco dei beni” che impose l’ obbligo del temporaneo “sequestro del beni appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge, e ai parenti e affini conviventi” e la possibilità di un sequestro facoltativo dei beni di «altre persone» se vi fosse stato il “fondato motivo di ritenere che tali beni” potessero essere usati “direttamente o indirettamente, per far conseguire agli autori del delitto il prezzo della liberazione della vittima“. Una mossa che di fatto legò le mani ai sequestratori che non videro più l’attività legata ai rapimenti come redditizia di fronte ai rischi corsi per portarla avanti. (agg. di Fabio Belli)



La storia vera di “Tutti i soldi del mondo”,  il sequestro di John Paul Getty III: come fu usato il riscatto

La storia del sequestro del giovane ereditiero John Paul Getty III, narrata nel film Tutti i soldi del mondo in onda questa sera su Rai3, presenta molte sfaccettature che raccontano aspetti del mondo criminale. La relazione conclusiva della Commissione antimafia approvata il 7 ottobre 1998, racconta come venne utilizzato il riscatto che alla fine fu pagato per liberare John Paul. Si legge nel rapporto: “Con i proventi dei sequestri furono comprati camion, autocarri, pale meccaniche e si diede vita alla formazione di ditte mafiose nel campo dell’edilizia, le quali parteciparono alle gare per gli appalti pubblici, a cominciare da quelli per la costruzione, mai realizzata, del quinto centro siderurgico a Gioia Tauro. Un’ altra parte di quel denaro, probabilmente la quota più rilevante, fu investita dapprima nel contrabbando delle sigarette estere e successivamente nell’ acquisto di droga.” Dunque in realtà il sequestro Getty diede in realtà una spinta considerevole all’attività delle cosche all’alba degli anni ottanta, con gli affari che attinsero dai fondi ottenuti dal riscatto pagato per liberare il giovane dopo il rapimento. (agg. di Fabio Belli)



La storia vera di “Tutti i soldi del mondo”,  il sequestro di John Paul Getty III

È un racconto raccapricciante quello del sequestro di John Paul Getty III, giovane rampollo di una famiglia di industriali protagonista del film Tutti i soldi del mondo in onda questa sera su Rai3. Nella pellicola, John Paul è interpretato da Charlie Plummer, mentre è Michelle Williams a prestare il volto a sua madre Gail Harris, con cui si trasferì a Roma durante la sua adolescenza. In Italia, Getty condusse purtroppo una vita sregolata, fatta di uso di droghe e di altri eccessi che lo portarono in breve tempo alla morte. John Paul è venuto a mancare nel 2011 dopo essere rimasto quasi cieco, disartico e paralizzato. A segnarlo, tra le altre cose, fu anche l’esperienza del rapimento, avvenuto quando aveva sedici anni per opera della ’ndrangheta. Il film di Ridley Scott si basa sulla biografia scritta da John Perarson Painfully Rich: The Outrageous Fortunes and Misfortunes of the Heirs of J. Paul Getty, contenente dettagli inediti circa la vicenda che vide coinvolta la famiglia Getty.



John Paul Getty III ricorda il momento più drammatico del sequestro

In realtà, sono diverse le produzioni basate sulla storia vera di John Paul Getty III, tra cui i libri Uncommon Youth, pubblicato nel 2013, e Kidnapped, che include le lettere che il ragazzo scrisse alla madre nei mesi del sequestro (5 in tutto, dal 10 luglio 1973 al 17 dicembre 1973). Tante anche le interviste rilasciate dallo stesso John Paul che testimoniano la drammaticità dell’evento: il capitolo più impressionante è quello relativo al taglio dell’orecchio, operato per convincere i suoi parenti a pagare il riscatto. Quella tortura fu per lui la cosa peggiore: “Alle 4 di mattina del 21 ottobre mi prepararono quattro bistecche. ‘Mangiale – mi dissero – ti aiuterà’. Alle 7 di mattina li sentii entrare. Mi dissero di bendarmi che era arrivato il momento. Ero terrorizzato. Ho sentito che preparavano gli strumenti. Ho chiesto un fazzoletto per mettermelo in bocca”. Nessuna pietà da parte dei suoi aguzzini, che – a fronte delle resistenze mostrate dalla famiglia – arrivarono a progettare di tagliargli anche un dito. “Cara mamma, da lunedì sono nelle mani dei rapitori”, scriverà implorante il giovane Getty. “Ti prego, non mi mettere in pericolo. Non credere che sia un gioco che ho organizzato io. Cerca di metterti in contatto con i rapitori. Se tardi mi taglieranno un dito e te lo manderanno. Non chiamare la polizia o mi uccideranno. Ti voglio bene”.

Il rapporto di John Paul Getty III con la sua famiglia d’origine

Il riferimento al gioco è giustificato dal fatto che John Paul non era stato, per sua stessa ammissione, un figlio modello. Pochi giorni prima aveva litigato con sua madre, informandola circa la sua dipendenza dagli stupefacenti: “Le avevo detto di essere assuefatto alla cocaina. Lei si era messa a piangere. Passavo la sera con i gangster di Roma, gente che non dormiva mai. Cocaina, cocaina, cocaina. Avevano le mitragliatrici, stavano combinando grossi affari con la droga… Due di loro mi dissero che potevano rapirmi per chiedere un riscatto. Ero pronto a prestarmi al gioco per necessità economiche. Quando vuoi la coca faresti di tutto per averla. Ho cambiato idea, ma ormai era nell’aria”. Per lezione o per castigo, quello che aveva progettato successe davvero, ma stavolta si trattò più di un semplice ‘gioco’.