Potrei titolare questo pezzo con una frase tipo “la finanza spiegata a un analfabeta economico”. Dove l’analfabeta sono io. Purtroppo per gli operatori economici scafati e, come vedremo, fraudolenti però, non ho del tutto smarrito la facoltà di guardare la realtà, soprattutto quella del mio portafoglio. Partirò da lì.



Ventisette anni fa mi sono sposato e, d’accordo con la mia sposa, ho deciso di comprare un appartamento per non stare tutta la vita in affitto. Essendo figlio di operaio e casalinga, liquidi non ne avevo e il mutuo fu consistente e prolungato. Nel frattempo ho acceso altri cosiddetti “finanziamenti”: per l’acquisto e l’avvicendamento di due o tre auto, per lavori di rifacimento degli infissi di casa distrutti dai ladri, eccetera: le normali esigenze della vita che capitano, spesso in forma di imprevisto, a tutti. Il risultato è che attualmente sto pagando, oltre al mutuo, altri due finanziamenti, e per coprirne le rate in pratica se ne va uno dei due stipendi di casa. Meno male che non volevo stare in affitto.



Siccome piove sempre sul bagnato, abbiamo avuto in questi giorni l’improvvisa necessità di una nuova automobile. Siamo andati da un concessionario che ha fatto una proposta apparentemente vantaggiosa, ma che all’analfabeta economico, a ben guardare, appare vergognosa. Bisognerebbe citare la casa automobilistica per metterla alla gogna pubblica, ma meglio di no. Credo che la gogna non ci sarebbe perché sembra la normalità e ci siamo abituati e anche perché, suppongo, le case automobilistiche fanno tutte così. E cioè (uso solo le migliaia di euro per rendere più facile la comprensione, ma le proporzioni rimangono quelle reali): l’acquisto dell’auto nuova costa dodicimila euro, ma con gli incentivi statali post-Covid diventano diecimila. Benissimo, dico, allora la acquistiamo pagando in contanti! Ah no, mi risponde il tizio, in contanti costa dodicimila, per avere gli incentivi statali bisogna aprire un finanziamento. Ok, faccio io, mi può fare un prospetto di rateizzazione? Me lo fa, e risulta che dopo tre anni di rate la macchina mi è costata quattordicimila euro. Il quaranta per cento in più! Al netto poi degli incentivi statali che non ho intascato io. Non è un po’ misteriosa tutta la faccenda? E losca? (Aperta parentesi: gli incentivi statali per l’auto non sono obbligatoriamente legati al finanziamento, ma il Governo ha stranamente lasciato alle concessionarie la libertà di deciderlo). La macchina comunque gliel’ho lasciata.



Funziona così dappertutto. Un prestito di quindicimila euro alla banca per rifare gli infissi di casa mi costerà, cinque anni dopo, ventunomila. Non contano nulla tutti i calcoli, le percentuali, i tan e taeg (sono tassi di interesse, non fratellini di una fiaba cinese), gli spread e tutte quelle robe lì: alla fine i calcoli che l’analfabeta economico realisticamente fa riguardano ciò che entra e ciò che esce dalle sue tasche: migliaia e migliaia di interessi che siamo costretti a pagare per sopravvivere e poter almeno andare a lavorare e poi stare sicuri in casa nostra. Ora, quanti sono nella stessa situazione? Lo so: milioni di persone. La realtà quindi dice una cosa molto semplice: la nostra società, così come è stata impostata economicamente, ci tiene prigionieri coi debiti. Sembra che possediamo case, macchine e quant’altro: in realtà la mia casa appartiene tuttora alla mia banca e la macchina alla società finanziaria. Siamo un popolo di debitori prigionieri e possiamo permetterci solo le cose per le quali ci indebitiamo, come ben mi ha insegnato l’amico (?) della concessionaria.

A questo si aggiunge che lo Stato italiano è enormemente indebitato. Ci dicono pure che la fortuna dell’Italia è che il debito pubblico statale è posseduto in buona quota dagli italiani stessi. Sarà. Dunque, riassumiamo: siamo milioni di indebitati, cittadini di un Stato indebitato per miliardi con gli indebitati. A questo punto all’analfabeta sorge spontanea una domanda: ma a chi caspita sono andati tutti questi debiti che abbiamo fatto, cioè tutti questi soldi che noi e lo Stato abbiamo dato a qualcuno prima di averli (questo in sostanza è un debito)?! Qui non so proprio rispondere. Amo la letteratura e qualche volta mi viene in soccorso per capire il presente: le storie legate alla società contadina di cento o ottanta anni fa (scritte da Carlo Levi o Fenoglio, ad esempio) raccontano di un popolo italiano di miserabili che erano poveri perché indebitati: coi latifondisti, con lo Stato, perfino con la Chiesa (quella alta, perché un romanzo come La malora di Fenoglio racconta ad esempio di un giovane prete in seminario che muore di fame e tisi).

Cos’è cambiato da allora? Poco o niente. Ci fu per un po’ di anni una classe media, che ora galleggia al limite dell’affogamento per debiti, a cui la chiusura forzata per coronavirus ha dato una botta tremenda, e spiragli di speranza se ne vedono ben pochi, coi parlamentari che abbiamo a chiedere essi stessi il bonus per i bisognosi. E tutta questa ridda di miliardi europei stranamente apparsi dal nulla, nulla di buono poi fa presagire sul sollievo del popolo di indebitati analfabeti economici che siamo. Continueremo nel migliore dei casi a pagare interessi su interessi, mutui su mutui, rate su rate perché qualcuno ci ha permesso di comprare qualcosa di necessario a costo di farcelo “finanziare”, e andrà bene finché riusciremo a fare il giro. Giungono ad esempio notizie dagli Stati Uniti, nazione sempre un passo avanti, a informarci che un terzo degli indebitati totali non ce la fa più a pagare rate e affitti. E lì sono davvero milioni. Tra un po’ il tonfo sarà grande e tragico, per loro e per noi.

P.S.: forse a qualcuno interessa sapere come abbiamo fatto con la macchina. Ne abbiamo comprata una buona ma usata da una persona fidata a metà prezzo. I soldi che ci mancavano ce li hanno prestati amici e parenti (tanto a tenerli in banca non si prendono interessi!). L’analfabeta si permette a questo punto di dare un consiglio economico: fatevi buoni amici, amatevi in famiglia, supportatevi oltre che con l’affetto coi soldi, tanto oggi a me e domani a te. Il senso di appartenenza, di amore, di valori e cultura comune sono l’unica risposta che noi poveri e ignoranti economici possiamo dare a un’economia arrogante e vergognosa che ci vuole tutti schiavi per debiti.