Nei giorni scorsi la stampa ha dato alcune notizie che potrebbero sembrare di mero colore: in seguito a proteste di associazioni di genitori sono stati ritirati (con scuse): il manifesto del film “Cuties” lanciato in Francia da Netflix, in cui si vedono bambine intente al “twerking” (secondo l’Oxford Dictionary: “ballare una musica famosa in un modo sessualmente provocante che coinvolge i movimenti di spinta dell’anca in una posizione accovacciata“); il fotogramma del film “Le sorelle Macaluso” usato da SkyTG24 per celebrare la presenza delle donne al Festival del Cinema, con una bimba in mutandine in posa da modella adulta; lo spot dell’Audi con una bimba sempre in posa da modella provocante mentre mangia una banana. In rete, oltre a questi esempi, gira l’immagine di una bimba molto piccola in bikini, stivali e posa sexy, fotografata da una schiera di visitatori alla mostra dell’auto di Wuhan.



Lapidario ed esemplare uno dei tanti tweet sul manifesto di Venezia: “Per sdoganare questo, i tempi non sono ancora maturi. Tempo al tempo che la rana deve bollire ancora un po’”. In realtà credo che la rana sia già quasi cotta. Perché siamo in presenza di un vero e proprio sdoganamento della pedofilia, a opera dei mass media, della pubblicità, dell’industria del cinema e della tv. È un processo lento, avviato da tempo, ma condiviso in particolare dall’industria dell’intrattenimento, e sempre con la scusa di inseguire la modernità, la libertà di pensiero, il racconto della realtà.



Quanto a Netflix, pare in crisi di abbonamenti, è evidente la ricerca delle storie in grado di attirare pubblico stimolando anche le pulsioni più inconfessabili. Lo stesso fa Sky, che analogamente non se la passa tanto bene, e che non si è peritata di diffondere la serie di HBO Euphoria, con storie di minorenni alle prese con sesso e droga, che lo stesso autore ha descritto “In grado di fare andare fuori di testa molti genitori“. Non rimane quindi che provare grande irritazione per gli inutili proclami delle istituzioni ovunque contro la pedofilia, quando questa è in realtà promossa seguendo lo schema della Finestra di Overton.



Secondo il sociologo che l’ha ideata, qualsiasi idea, anche la più incredibile, ha delle finestre di opportunità: tramite una progressione geometrica che coinvolge tv, giornali, internet, istituzioni e politica, l’inaccettabile diventa accettabile, e addirittura conforme e legalizzato (basta pensare al dramma dell’aborto, ora procurabile con una pillola per decreto). Quindi, un’idea del tutto inaccettabile qualche anno prima, diventa, dopo i vari passaggi proposti dallo schema, un’idea del tutto accettata e radicata all’interno della società, tanto da diventare legge.

Gli esempi sotto i nostri occhi dimostrano per tabulas quanta strada stiano facendo principi già sostenuti da autorevoli associazioni come l’American Psychological Association, quando scrisse: “il sesso consensuale tra bambini e adulti, e tra adolescenti e bambini, dovrebbe venire descritto in termini più positivi, come ‘sesso adulto-bambino’ e ‘sesso adolescente-bambino’. Oppure, come ‘amore intergenerazionale’. Per evitare odiose stigmatizzazioni sociali, al termine pedofilo andrebbe sostituito quello di ‘adulto attratto da minore‘”. Più di recente, nel 2015 una cattedratica americana, Margo Kaplan, ha scritto sul New York Times un articolo intitolato “Paedophilia: A disorder, not a crime“, dove si sosteneva che “una percentuale non irrilevante della popolazione maschile continua, molto tempo dopo la pubertà, a sentirsi attratta dai bambini in età pre-puberale; perché la pedofilia non è una scelta, ma una condizione naturale“.

Il film “Cuties” ha vinto al Sundance Film Festival il premio mondiale della critica, in quanto narra con abilissima regia il desiderio di emancipazione di una bambina di una famiglia islamica… peccato che tutta l’emancipazione consista nel desiderio di poter ballare il twerking con le sue amichette. È proprio attraverso questo tipo di ipocriti meccanismi che si esplica la Finestra di Overton: come potremo mai stigmatizzare un film osannato dalla critica o una serie tv così modernamente capace di raccontare quanto i minorenni sanno essere torbidi e perversi? (By the way, grazie a Euphoria si impara come si fa a ingannare i genitori che intendono capire se la figlia si droghi o meno). La cosa più stupefacente è che poi molte di queste imprese si vantano di impegnarsi nella Responsabilità Sociale che va tanto di moda. Ma forse non hanno capito che il loro stesso pubblico sta cominciando a ribellarsi. Evidentemente le rane non sono ancora bollite del tutto.