“Incapace di intendere e di volere”: è questo l’esito della perizia di Augusto Stephan Meran, trentenne che nel 2019 ha ammazzato in Questura a Trieste due poliziotti. Il dominicano ha sparato a sangue freddo a Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, due giovani agenti. Oltre al dolore della perdita, adesso le famiglie avranno anche la rabbia per la possibile mancata condanna dell’assassino di pomeriggio. Perché la perizia che lo ha dichiarato incapace di intendere e di volere, molto probabilmente non porterà in carcere il dominicano. Pasquale Rotta, padre di uno dei giovani uccisi, ha provato proprio “rabbia” quando ha letto l’ultima facciata del fascicolo, quella quale era riportato proprio l’esito della perizia.



L’assassino di suo figlio, infatti, con molta probabilità non sarà mai condannato. Non essendo in grado di intendere e volere, Meran non è imputabile. Tutto potrebbe dunque finire con una sentenza di proscioglimento. Il 30enne dominicano è accusato di due omicidi e otto tentati omicidi: il tutto lo porterebbe all’ergastolo, se solo non ci fosse la perizia. Dopo aver ucciso Rotta e Demenego, Meran aveva continuato a sparare all’impazzata, impugnando due pistole strappate alle due vittime, prima di essere colpito con una pallottola all’inguine da un poliziotto.



Meran incapace di “intendere e di volere”: la rabbia dei familiari

La nuova perizia su Meran, disposta dal giudice Enzo Truncellito della Corte di assise di Trieste, su richiesta dagli avvocati Alice Paolo Bevilacqua, difensori dell’uomo, porta la firma del professor Stefano Ferracuti, ordinario di Psicopatologia Forense della facoltà di Medicina dell’università La Sapienza di Roma. L’uomo, attualmente detenuto in carcere a Verona, è stato sottoposto a valutazione psicodiagnostica. I medici hanno riscontrato “un grave deficit di flessibilità cognitiva” e una sintomatologia “di verosimile tipo psicotico in risposta a tratti di personalità paranoide”. Il 30enne soffriva e soffre inoltre “di schizofrenia di gravità servera” e “di delirio persecutorio”, tale “da escludere totalmente la capacità di volere”.



La rabbia delle famiglie è tanta. Pasquale Rotta, padre di Pierluigi, uno dei due poliziotti uccisi, ne ha parlato a la Repubblica: “C’è scritto che l’assassino non era capace di volere. Evidentemente i periti precedenti non erano così bravi da dare una loro valutazione. Vuol dire che il perito intervenuto nella seconda perizia è più bravo. Ma perché se già c’è una perizia che dice una cosa, si deve fare un’altra? Io penso che la giustizia, anziché tutelare noi cittadini, stia tutelando un assassino”. L’ultima parola spetta ora alla Corte di assise, il 14 marzo, dopo l’esame del perito.