Una donna che ha ucciso il marito è stata assolta dal giudice in quanto avrebbe agito semplicemente per legittima difesa. E’ accaduto nelle scorse ore in quel di Torino e la sentenza fa riferimento ad un episodio accaduto il 2 settembre del 2018, poco più di tre anni fa, quando Silvia Rossetto, 49enne, uccise al culmine di una lite il 65enne compagno Giuseppe Marcon. L’uomo l’aveva aggredita alle spalle puntandole un coltello alla gola, e lei, temendo di venire uccisa, ha reagito afferrando dal cassetto della cucina un oggetto appuntito e colpendo il compagno al torace: la lama è penetrata nella carne, ha raggiunto il cuore e l’aggressore è così deceduto nel giro di pochi istanti.
La sentenza in Appello ha confermato quella di primo grado già pronunciata dal giudice per l’udienza preliminare Stefano Vitelli, che a gennaio del 2020 aveva stabilito che «il fatto non costituiva reato» nonostante la procura chiedesse una condanna a nove anni e sei mesi per omicidio volontario. La donna ha vissuto un fortissimo trauma, era stata aggredita dal compagno ed era già in una condizione di grave angoscia», scriveva il gup, che aggiunge «Rossetto colpiva con un unico colpo Marcon in assenza di lesioni da difesa. Ciò indica che la ferita mortale è frutto di un atto subitaneo ed improvviso coerente con un’azione di difesa rispetto a un’aggressione in atto».
ASSOLTA PER LEGITTIMA DIFESA DOPO AVER UCCISO IL MARITO: “CI ASPETTAVAMO QUESTA DECISIONE”
In appello la procura ha chiesto di nuovo la condanna ad un anno e otto mesi, ma per i giudici quanto accaduto in quel di Torino tre anni fa rappresenta un atto di legittima difesa. I due erano assieme da undici anni ed entrambi erano affetti da problemi psichici, ma Giuseppe era molto violento e lo sapevano tutti.
Quando chiamò i carabinieri avvisando di aver ucciso il compagno, la donna venne arrestata con l’accusa di omicidio volontario, «Eravamo nel cucinino. Giuseppe mi ha afferrato per il collo e mi ha puntato il coltello del pane alla gola. Ho preso qualcosa dal cassetto della cucina, mi sono divincolata sferrando dei calci, poi l’ho colpito», racconterà agli investigatori che però non le credono. L’avvocato Sergio Bersano ha sempre sostenuto la tesi della legittima difesa, e così è arrivata la doppia assoluzione: «Ci aspettavamo questa decisione — dice il legale—. La sera del delitto la mia cliente era sola e in pericolo».