Nelle passate ore sono state rese note le motivazioni con le quali la corte d’Appello di Milano ha condannato lo scorso maggio a 18 anni di reclusione (due in meno rispetto al primo grado) un uomo 36enne accusato di aver ucciso il suocero per vendicare la figlia di 8 anni abusata da quest’ultimo. Pena ridotta anche per il suo complice (12 anni di reclusione anziché 18). I giudici spiegano come mai si è proceduto ad una riduzione della pena e la chiave sarebbe da ricercare proprio nel movente. A loro dire, come riferisce Il Giornale, si condanna “una vera e propria esecuzione, un atto di giustizia sommaria che, con diverso movente, anche solo un regolamento di conti fra pregiudicati, avrebbe condotto l’ autore materiale all’ergastolo”. In favore dell’imputato, invece, i sentimenti di “un padre comunque offeso e ferito” che ha portato a far prevalere “il principio costantemente ribadito dalla giurisprudenze di legittimità, secondo cui gli stati emotivi e passionali possono essere eventualmente rilevanti ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche” come previsto dalla Cassazione.
Così la Corte d’Appello di Milano ha motivato la condanna a 18 anni di reclusione a carico di Emanuele Spavone per l’omicidio dell’ex suocero Antonio Crisanti, denunciato dalla figlia per aver abusato della nipotina.
UCCISE SUOCERO DOPO ABUSI SU FIGLIA: MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA D’APPELLO
I fatti ebbero luogo a Rozzano il 25 febbraio 2019 quando in seguito alle violenze subite dalla figlioletta il padre decise di vendicarla uccidendo il suocero con quattro colpi di pistola. I giudici hanno comunque confermato l’aggravante della premeditazione sebbene la pena sia stata ridotta rispetto al primo grado. In merito scrivono: “Nessuna occasionalità è ipotizzabile se la vittima è stata appositamente cercata” ed i due “hanno transitato più volte” nei luoghi frequentati dal 63enne ucciso. Inoltre, “tutti i presenti si avvidero che non erano incontri casuali bensì perlustrativi al rintraccio di taluno”. Dopo il delitto l’uomo disse ad un conoscente “l’ho fatto, questa volta l’ho fatto, adesso sono sereno”. Infine, per i giudici dell’Appello la notizia degli abusi a scapito della figlia avrebbero generato nell’imputato “sordo rancore, un ferale livore e, soprattutto, irrinunciabili propositi di vendetta nei confronti dell’autore di tali spregevoli azioni”. Quindi l’uomo avrebbe deciso di farsi giustizia da sé al contrario dell’ex compagna – parte civile nel processo – che denunciò il padre per gli abusi a scapito della figlia.