Come Barack Obama per Osama bin Laden e Trump per il califfo al Baghdadi, leader dell’Isis, anche Joe Biden ha potuto annunciare l’uccisione dell’ultimo capo dello Stato islamico, Abu Ibrahim al-Hashimi Al Qurayshi, una figura di cui pochi, a parte gli esperti dell’antiterrorismo, avevano mai sentito il nome. Nell’operazione hanno perso la vita anche sei bambini. L’Isis, fortunatamente, è oggi una versione ridotta di quell’esercito di fanatici che occupò e terrorizzò Siria, Iraq e mondo intero, anche se negli ultimi tempi si era notato un ritorno dell’attività militare in Siria.
Questo perché, come ci ha spiegato Stefano Piazza, giornalista, saggista, esperto di terrorismo islamico, “la zona di Idlib da quando lo Stato islamico è stato sconfitto, nel nord ovest della Siria, è la regione dove il governo di Damasco ha permesso a tutti gli scampati di ritirarsi, sperando abbandonassero le armi, cosa che non è successa”. Qui da tempo l’esercito regolare siriano e gli alleati russi conducono una battaglia sanguinosa, ma senza successo, e proprio qui, ci ha detto ancora Piazza, “si sono andate riformando le milizie jihadiste che possono contare su almeno 10mila uomini. La notizia della morte di Al Qurayshi è senz’altro importante ma, senza voler fare una battuta, morto un califfo se ne fa un altro”.
Un personaggio conosciuto solo dagli addetti ai lavori. Chi era realmente quest’uomo ucciso dagli americani?
Era certamente il personaggio designato a prendere il posto di al Baghdadi, una figura importantissima dello Stato islamico. Il fatto che fosse meno conosciuto è dovuto a una precisa strategia mediatica, meno dottrinale: non mostrarsi pubblicamente in video come il suo predecessore, ma lavorare sul terreno per ricostituire le milizie armate. E i risultati ci sono stati.
Quindi è un colpo importante?
È un colpo molto duro per l’Isis. Stiamo parlando di un uomo che stava diventando davvero pericoloso.
C’era Al Qurayshi dietro l’attacco alla prigione di Ghweiran delle scorse settimane?
Certo, proprio lui. L’operazione americana è sicuramente nata molto prima dell’assalto al carcere, ma è stata molto probabilmente affrettata da quell’attacco, perché si è vista la capacità di quest’uomo di costruire un gruppo coeso di combattenti. Durante il 2021 si sono contate centinaia di piccole azioni in Siria e in Iraq, culminate con questo imponente attacco alla prigione. Questo vuol dire che era riuscito a ricostituire, almeno militarmente, il gruppo operativo.
Al Qurayshi è stato ucciso nella regione di Idlib, dove si trovano gli ultimi sopravvissuti dello Stato islamico. Su che forze può contare la nuova struttura?
Lo Stato islamico oggi può contare su almeno 10mila combattenti, sparsi in quella zona, molti proprio nell’area di Idlib, che non è mai stata veramente liberata da Assad. Lui aveva sotto di sé un numero importante di miliziani.
Come si finanziano?
Lo Stato islamico è molto ricco. Molti soldi sono ancora quelli rubati alla banca di Mosul, altri sono quelli che avevano incassato con il traffico di petrolio e di opere d’arte, e tuttora sono dediti al contrabbando. Lo Stato islamico non ha problemi a finanziarsi, lo si vede dalle operazioni che sono state condotte. Non c’è un problema di uomini, perché il reclutamento continua anche grazie a una forte propaganda.
E anche grazie alla povertà estrema dei siriani, così come in Africa, dove gli jihadisti reclutano tanti uomini puntando sui compensi che sono in grado di offrire. È così?
Certo, è così, proprio perché non hanno alcun problema economico.
Perché Idlib non si riesce a conquistare nonostante la presenza dei soldati russi?
Non è facile, perché i miliziani sono tanti e possono contare su una certa accondiscendenza della popolazione, come abbiamo visto nell’episodio dell’attacco al carcere, dove i miliziani erano stati tenuti nascosti dalla gente del posto. Queste persone vivono e operano in questi territori anche perché la popolazione locale dà un certo supporto, quantomeno li copre, non li denuncia.
Questo nuovo Isis è concentrato in Siria o dobbiamo aspettarci una nuova ondata terroristica anche in Europa?
Dal carcere sono scappati più di mille terroristi, poi è venuta alla luce una cosa che si sapeva da tempo: esiste una centrale siriana che produce passaporti e documenti falsi per andare all’estero. Nessuno può escludere che qualcuno di loro salti su un barcone e venga qui. Però più che preoccuparsi di quelli che potrebbero venire, dovremmo preoccuparci di quelli che sono già qui, delle cellule dormienti che, sapendo del ritorno dell’Isis, si rimettono in attività. La notizia della morte di Al Qurayshi è per noi occidentali sicuramente una buona notizia. Ma guai a pensare che la sua morte significhi la scomparsa dell’Isis.
(Paolo Vites)
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