Dopo la morte del giovane Andrea Papi, si è aperto il dibattito sull’uccisione dell’orso: se una parte politica spinge per l’abbattimento dell’animale, un’altra si schiera a difesa dell’animale. L’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la Tutela dell’ambiente spinge per la non uccisione dell’orso: “Premettiamo che alla famiglia della vittima va tutta la nostra vicinanza e solidarietà per una tragedia che lascia senza parole. Ma il problema della convivenza tra uomini e orsi in Trentino non può essere risolto sull’ondata emotiva generata da un avvenimento rarissimo: in Italia questo è il primo attacco fatale di orso in centocinquant’anni” si legge in una nota.
Non bisogna dunque applicare agli animali i concetti di “vendetta” e “rappresaglia”. Oggi è stato aperto al ministero dell’Ambiente un tavolo per dibattere “con ragionevolezza e senza condizionamenti esterni” sul futuro degli orsi in Trentino. Nella nota, l’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la Tutela dell’ambiente, presieduto dall’on. Michela Vittoria Brambilla, vicepresidenti on. Sergio Costa e on. Walter Rizzetto, parla di impossibilità di risolvere la convivenza con gli orsi ammazzando gli animali.
“Non si risolve la convivenza con gli orsi ammazzandoli”
Nella nota, l’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la Tutela dell’ambiente, si legge: “Dal punto di vista politico è assurdo immaginare di risolvere il problema della convivenza con gli orsi ammazzando gli animali, peraltro protetti dalla legge e da accordi internazionali. E quanti ucciderne? Uno, dieci, cinquanta, tutti e cento? E se si volesse trasferirne la metà, operazione a dir poco impegnativa, dove trasferirli? Sono stati spesi milioni per reintrodurre l’orso e poi per gestirne la presenza negli anni (si pensi solo al costo delle risorse umane impiegate) e ora si vuol fare marcia indietro”.
Secondo l’Intergruppo, nel tavolo aperto al ministero dell’Ambiente, bisogna “sottrarre la gestione degli orsi alla politica per riconsegnarla agli esperti, ispirarsi a esperienze di maggior successo, come quella del parco d’Abruzzo, e mettere finalmente in atto misure serie di prevenzione: campagne informative per popolazione e per turisti, cartellonistica ben visibile, limitazioni dell’accesso ai boschi dov’è maggiore la probabilità di incontrare gli orsi, obbligo di non uscire dai sentieri, obbligo di tenere i cani al guinzaglio, presidi e controlli severi e corridoi ecologici per favorire la dispersione degli orsi su un territorio più vasto. Tutto questo, per più di due decenni non s’è fatto o non si è fatto abbastanza. Qualche anno fa si era ipotizzato di finanziare con fondi statali un piano per il radiocollaraggio e il monitoraggio degli orsi in tempo quasi-reale: se utilizzate, queste risorse avrebbero consentito di ridurre notevolmente i rischi“.