Carlo Papi, il papà di Andrea Pupi, il runner ucciso dall’orso in Trentino, a distanza di un anno, non ha ancora accettato il modo in cui le istituzioni hanno gestito il caso. “La morte di un figlio è la cosa più sciagurata, il dolore è una piaga che non si rimargina, pensavo che si attenuasse con il tempo ma non è così. Non c’è giorno che non vada al cimitero, così mi sembra di essergli più vicino, mi pare di vederlo mentre mi dice: ’Papà sono solo andato a fare due passi in montagna, non a cercare l’orso, dammi giustizia’”, ha ammesso in una intervista a La Stampa.
La colpa di quanto accaduto, secondo l’uomo, è di coloro che non si sono preoccupati del pericolo che rappresentava l’orso per la popolazione locale. “Pretendiamo giustizia. Ci è stato tolto per leggerezza, incoscienza e irresponsabilità: se avessero agito, se avessero vietato l’accesso a quelle zone, sarebbe ancora qui. Questa tragedia si doveva evitare. Qualcuno ora deve metterci la faccia”. Il processo è ancora in corso e la famiglia spera che si arrivi a una condanna.
Carlo Papi, il papà di Andrea denuncia gli haters: 18 querele per chi lo ha insultato
Un’altra battaglia parallela che Carlo Papi, il papà di Andrea Pupi, sta conducendo è quella contro coloro che sul web si sono scagliati contro il runner ucciso dall’orso, sostenendo che se la sia andata a cercare. “È una via crucis, davvero, in cui mio figlio è vittima e martire. È stato offeso e calunniato da tanti incoscienti e codardi dietro una scrivania e un telefonino. Ma Andrea che cosa aveva fatto di male? Una corsa in montagna, la sua passione”. È così che sono scattate 18 querele.
Intanto, la zona di montagna dove sono avvenuti i fatti si è svuotata. “È diventato un posto fantasma, non passa più nessuno per quanto sia un tratto obbligato per il monte Peller. E quella malga è sempre stata luogo di ritrovo e feste, ma la gente ha paura”, ha concluso.