Secondo indiscrezioni trapelate attraverso il professor Abolhassan Navab, rettore dell’Università delle religioni e delle denominazioni dell’Iran, papa Francesco avrebbe affermato che Netanyahu ignora i diritti umani.
Le parole del papa, sia pure dette in un incontro privato, rivelano un giudizio già espresso in altre occasioni e condiviso da molti, ONU compreso. Anche chi ha sempre difeso Israele nella sua lotta per la sopravvivenza, come gli USA, più volte ha provato a chiedere di limitare le operazioni militari a Gaza al tentativo di liberare gli ostaggi e ad azioni contro le basi militari di Hamas. In ogni caso tutti siamo da tempo testimoni della ripetuta condanna del Papa nei confronti di chi il 7 ottobre ha organizzato quella terribile caccia agli israeliani.
Il giudizio del Santo Padre sul premier israeliano, assolutamente condivisibile, è comunque un giudizio sì di natura morale, ma che parte da una valutazione dei fatti che di per sé, in linea di principio, potrebbe essere opinabile dal punto di vista politico.
In questo senso il fatto che la presidente delle comunità ebraiche italiane (UCEI), Noemi Di Segni, abbia detto che dopo quelle affermazioni sarà difficile invitare il Papa in sinagoga, non può non lasciare perplessi.
Sembrerebbe che in questo modo l’autorità religiosa ebraica in Italia porti a identificare la comunità religiosa tout court con il governo di Israele. Eppure molti ebrei, anche in Israele, criticano le decisioni del governo. Inoltre l’identificazione degli ebrei con il governo israeliano fa il gioco di chi, dicendosi pro Pal, tende a rinnovare anche forme di antisemitismo.
Di qui la domanda: che cosa significa essere ebrei oggi? Proprio in un momento in cui quasi dovunque si tende a condannare il razzismo, non si può certo identificare l’essere ebreo con l’appartenenza a una presunta razza. Si può continuare a dire che si è ebrei solo se nati da una donna ebrea? D’altra parte se l’essere ebreo si identifica con l’appartenere semplicemente a una certa tradizione religiosa, non si può dimenticare che oggi molti ebrei, orgogliosi di esserlo, al tempo stesso si proclamano atei.
Paradossalmente si potrebbe arrivare a dire che siamo più ebrei noi cristiani, come ebbe a dire Paolo VI, almeno spiritualmente. La grande tradizione culturale e religiosa di un popolo, che anche oggi presenta esponenti geniali nel campo delle arti e della scienza, non può essere asservita a nessuna autorità politica e alle sue discutibili scelte.
Nell’anno del Giubileo e delle porte aperte, sarebbe paradossale che quelle della sinagoga siano chiuse a chi critica Netanyahu, visto che in questo caso anche tanti ebrei dovranno restare fuori insieme a papa Francesco.
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