L’Economist parla di 500mila tra morti e feriti ucraini. Altre fonti, basate su dati di settembre, riferiscono di 80mila morti e 400mila feriti. Il tributo di vite umane dato alla guerra dal popolo ucraino è molto alto e l’esercito, ora in difficoltà davanti agli attacchi russi, ha bisogno di uomini. Visto che l’Occidente, al di là del personale già in parte operativo al fronte, non manda truppe, dagli USA arriverebbe il consiglio di arruolare anche i diciottenni, abbassando l’età per il reclutamento, attualmente fissata a 25 anni. Si deve fronteggiare una carenza di risorse umane, spiega Stefano Caprio, sacerdote cattolico di rito bizantino in Russia dal 1989 al 2002, teologo ed esperto del mondo russo. I russi colmano questa mancanza ricorrendo già da tempo ai diciottenni, promettendo di non mandarli al fronte ma impiegandoli in altri ruoli, oltre a reclutare nordcoreani e asiatici. È una mossa disperata per l’Occidente e l’Ucraina, stanca della guerra ma in gran parte ancora disposta a resistere, almeno fino a raggiungere eventuali trattative di pace che potrebbero iniziare con Trump.
Che segnale è la proposta di arruolare i diciottenni per rimpinguare le fila sguarnite dell’esercito ucraino?
Gli ucraini hanno pochi soldati, e le truppe occidentali non verranno mandate al fronte. È necessario aumentare il numero dei coscritti, cosa che la Russia fa reclutando asiatici, detenuti, yemeniti e nordcoreani. L’Occidente si impegna ad addestrare i nuovi soldati per l’Ucraina, soprattutto in Gran Bretagna, dove l’ex capo dell’esercito Zaluzhny è ambasciatore. Kiev deve affrontare circa 10mila casi di persone che si rifiutano di combattere o che sono fuggite all’estero. In Ucraina molti non vogliono la guerra: c’è stanchezza, ma si ritiene che i giovani potrebbero garantire forze fresche.
E la Russia?
Anche la Russia ha ampliato dai 18 ai 38 anni l’età per il reclutamento. Mosca insiste molto sui diciottenni, almeno per il servizio militare, promettendo di non mandarli a combattere, anche se poi lo fa. Quella ucraina sembra una mossa disperata. La guerra è in una fase finale: o la Russia sfonda, o si cerca di resistere per arrivare a trattative. Siamo all’ultimo assalto invernale prima dell’anno prossimo, quando il conflitto nel Donbass e nel Kursk potrebbe interrompersi.
La mossa dei diciottenni al fronte potrebbe realmente portare a qualcosa?
No, è un tentativo di rinfocolare lo spirito nazionalistico, spingendo gli ucraini a essere sempre pronti.
Come reagisce la Chiesa ortodossa a una proposta del genere?
La Chiesa ortodossa, sia russa che ucraina, ha una concezione del martirio e del sacrificio per la patria. Non si farebbe grandi problemi a legittimarla.
L’opinione pubblica ucraina potrebbe accettare l’idea?
Il Paese è molto stanco della guerra, ma non vuole arrendersi e sostiene complessivamente l’esercito. L’idea potrebbe essere accettata da parte della popolazione per rinforzare lo spirito di resistenza. Tuttavia, una minoranza sempre più forte, pari al 20-30%, preferirebbe la fine dei combattimenti.
Ci sono episodi di diserzione o di fuga per evitare l’arruolamento?
Nell’esercito russo ci sono stati molti casi di diserzione, con persone che fuggono o si consegnano agli ucraini. In Ucraina prevale il rifiuto di andare in guerra, spesso con la fuga all’estero o affrontando accuse per il diniego.
Quanto pesa questo fenomeno sull’esercito ucraino?
Pesa molto. Dopo l’iniziativa nel Kursk, spesso l’esercito cede nel Donbass.
Gli ucraini sono consapevoli di una possibile sconfitta definitiva, come sostengono molti analisti?
No, credono ancora nella possibilità di respingere i russi. Nelle forze armate c’è debolezza e sconforto, ma non paura della distruzione totale. Tra la popolazione prevalgono stanchezza e voglia di resistenza.
(Paolo Rossetti)
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