Vladimir Putin nella sua rituale conferenza stampa di fine anno, durata circa quattro ore e mezza, è stato un fiume in piena, e con un “qui lo dico qui lo nego” dei suoi è sembrato aprire ad una trattativa con Kiev. Ha affermato che un accordo con l’Ucraina già raggiunto nel 2022 sarebbe stato fermato dall’intervento di Boris Johnson, “l’uomo con i capelli strani”, che ha convinto gli ucraini a combattere fino all’ultimo uomo (come noto, sono stati gli americani a inaugurare la formula). Ma visto che ora gli ucraini starebbero per finire, almeno quelli che vorrebbero combattere, Putin ha detto di confidare in una trattativa. Il presidente russo si è detto pronto a incontrare Trump e ha affermato che più volte ha cercato di aprire negoziati di pace. Ma, nel prosieguo, ha delegittimato il Zelensky dicendosi indisponibile a negoziare con un capo di Stato illegittimo. Secondo Putin la costituzione ucraina non prevede la proroga dei poteri presidenziali, quindi anche dopo una trattativa, per la regolarità dei patti, si dovrebbe arrivare alla firma congiunta con rappresentanti legittimi regolarmente eletti. Lo zar ha dichiarato il rafforzamento della Russia dopo l’operazione speciale ed ha negato un indebolimento russo dopo la caduta degli Assad e la loro fuga a Mosca. Ha poi spavaldamente affermato la capacità di colpire con un missile Oreshnik un qualsiasi obiettivo in Ucraina, uno qualsiasi a scelta degli alleati occidentali. Tutto questo dopo le affermazioni di Zelensky di non avere possibilità di riprendere le regioni occupate dai russi e che quindi spetta a noi occidentali far sedere Putin al tavolo delle trattative per risolvere la guerra per vie diplomatiche. Fino a qui la cronaca.
La Russia ha un leader a suo modo formidabile, capace di padroneggiare la retorica di guerra e la propaganda tanto da far sembrare il suo Paese ben più forte di quello che è. Cerca di mascherare il crollo della sua strategia di influenza sull’Europa e sul Medio Oriente attraverso il controllo energetico. Il potere di Putin si basa anche sulla volontà dei russi che non vogliono rassegnarsi a veder ridimensionata la loro influenza nel mondo. È vero che analogo e più grave errore di valutazione è stato commesso dall’Occidente che prevedeva l’implosione russa già con l’inizio delle sanzioni economiche. Basta poco però per rimettere i piedi a terra. La Russia ha un Pil simile a quello dell’Italia con una popolazione circa tripla, ed ha dimostrato di avere un apparato industriale militare molto sovradimensionato rispetto al Pil. Immaginiamo però il prezzo di una mobilitazione fino ad un milione e mezzo di uomini per tre anni di guerra. Una delle stime che viaggiano in rete è che i russi durante l’offensiva ucraina del 2023 abbiano disseminato il fronte con 20 milioni di mine, sei al metro quadro. Lo sforzo bellico è molto grande ed alla lunga non è esagerato ritenere che le sanzioni stiano danneggiando l’economia di guerra russa. Ce lo dicono anche i giornali russi, che nei giorni scorsi prevedevano un Natale triste per i moscoviti. Oltre alle obsolete petroliere russe affondate nel Mar Nero, anzi, due affondate ed una arenata.
Ovviamente gli ucraini dopo anni di proclami e di provocazioni per innescare un’escalation atlantica non stanno certo meglio. In rete si stanno propagando notizie di intere brigate che disertano appena arrivate al fronte. L’Ucraina inoltre avrebbe perso, secondo il web ma il dato non trova conferme, circa un milione e 600mila uomini, mentre il Paese si regge unicamente sugli aiuti stranieri. Questo la dice lunga sul bisogno di mettere fine alla guerra. Ma in tutto questo, cosa sta facendo l’Europa, oltre aver supinamente accettato il declino economico indotto dalla guerra e dalle scelte strategiche della Nato? Beninteso la collocazione dell’Ue è chiaramente nel campo atlantico, qualsiasi altra opzione sarebbe rischiosa sotto il profilo militare. Rimane però il fatto che l’Europa è comunque al centro delle strategie di influenza di tutti i contendenti all’egemonia globale. Se non saremo capaci di essere protagonisti, possiamo essere solo prede.
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