In Ucraina, un’azienda che prima della guerra era tra le principali produttrici nel settore metallurgico ha deciso di reinventarsi entrando nel settore bellico producendo finte armi fatte con scarti industriali di metallo, legno ed altri materiali. L’obiettivo è quello di creare con pochissimo impegno di spesa, copie esatte di equipaggiamenti attualmente in dotazione all’esercito ucraino, come carri armati ed altri mezzi, utilizzandoli come esche per droni e missili russi.
Un progetto che si è rivelato particolarmente di successo soprattutto utile a far sprecare alla Russia importanti e preziose munizioni che vengono impiegate per colpire gli obiettivi sensibili individuati dai radar, scambiandoli per autentici. Come riporta un’inchiesta condotta dalla Cnn, gli ingegneri hanno lavorato alla progettazione con l’unico scopo di fabbricare repliche della più recente tecnologia americana da far distruggere più velocemente possibile, non solo per risparmiare quelle vere e più costose fornite dalla Nato ma di conseguenza salvare anche la vita dei militari.
Ucraina, armi finte ingannano i droni russi “create in laboratorio per essere distrutte in fretta”
In base all’analisi fatta dalla Cnn, sarebbero già state centinaia le esche fatte con finte armi prese di mira dai russi non appena schierate. Con questo progetto, afferma il portavoce del gruppo Metinvest, che ha scelto di restare anonimo, è stato possibile far sperperare all’esercito di Putin una notevole quantità di droni kamikaze e di conseguenza anche di fondi usati per finanziare l’acquisto di proiettili e missili. Nel frattempo l’azienda siderurgica sta spendendo pochissimo per costruire le copie delle armi, perchè fatte con materiali economici, ma perfezionate nel tempo rendendo possibile una creazione di repliche sempre più fedeli a quelle reali.
Inoltre le nuove riproduzioni vengono fatte con gli scarti di quelle già distrutte che vengono consegnate direttamente dall’esercito una volta colpite. Questa sembrerebbe quindi essere una delle principali strategie della controffensiva “Non contiamo il numero di esche prodotte, ma il numero di quelle distrutte, e questa è la cosa principale per noi“, dice il portavoce. “Prima verranno distrutte le nostre esche, meglio sarà per noi”.