Il parlamento di Kiev bandisce la Chiesa ortodossa russa: il clero avrà 9 mesi per recidere ogni contatto con Mosca

Mentre i fronti interni crollano uno dopo l’altro – con la Russia che sembra essere sempre più interessata a mettere le mani su Kiev – e un secondo (terzo, quarto?) fronte è sempre più vicino ad aprirsi nella regione di Kursk, il parlamento dell’Ucraina nella giornata di oggi ha approvato una nuova legge per bandire la Chiesa ortodossa russa; o – meglio – quella Chiesa ortodossa nata dalla separazione con quella propriamente ‘russa’ nel 2014 dopo l’invasione russa della Crimea, di fatto separata da quella guidata dal patriarca moscovita, ma anche estremamente vicina a Mosca.



Una battaglia – quella di Kiev contro la contro la Chiesa ortodossa russa – iniziata (appunto) già nel 2014, ma che si era intensificata soprattutto nei momenti successivi allo scoppio della guerra nel febbraio 2022 quando il clero ucraino si era formalmente ed ufficialmente separato dalla sua controparte russa dopo che quest’ultima aveva santificato l’invasione.



La legge – che ventilava già da diversi mesi – è stata formalmente approvata nella giornata di oggi (martedì 20 agosto 2024), con il voto favorevole di 265 dei 401 parlamentari rimasti in carica in Ucraina da febbraio 2022 a questa parte; mentre nel testo si legge che il clero vicino al patriarca Kirill avrà “9 mesi di tempo per recidere i legami con la Chiesa di Mosca” con alcuni media – ma senza conferme ufficiali – che riportano che dopo questo finestra di tempo scatterà l’esproprio di tutti i beni della Chiesa e il clero sarà costretto a lasciare il territorio ucraino.



L’ira del Patriarca Kirill contro l’Ucraina: “Persecuzione anti-clericale da parte del regime”

Com’era facilmente prevedibile, dopo la decisione del parlamento dell’Ucraina di bandire la Chiesa ortodossa russa non è tardata ad arrivare la risposta del Patriarca Kirill di Mosca che – per mezzo del suo consigliere Nikolai Balashov – ha condannato “la legge adottata dalla Rada”, accusandola di violare “le norme riconosciute a livello internazionale in materia di tutela della libertà religiosa”; oltre che di offrire “l’opportunità di un ulteriore e più ampio dispiegamento della persecuzione anti-clericale da parte del regime di Kiev”.

E mentre il patriarca parla di un vero e proprio “atto di persecuzione dell’ortodossia canonica”; arriva anche il commento del ministro degli Esteri Maria Zakharova che – in un messaggio condiviso su Telegram – ha accusato Kiev di voler “distruggere la vera ortodossia” al fine di introdurre “una falsa Chiesa sostitutiva”. Difende (indirettamente) il governo la deputata Iryna Gerashchenko che – sempre su Telegram – ha definito il voto di oggi “storico”, sottolineando che si tratta di “una questione di sicurezza nazionale [e] non di religione”.