L’Ucraina è stata al centro della prima riunione indetta da Giorgia Meloni dei paesi G7, diretti in questo momento proprio dall’Italia, nel corso della quale non si è trovato un accordo per l’uso dei fondi russi congelati. La riunione si è tenuta, evocativamente e non a caso, proprio a Kiev, in occasione del secondo anniversario dello scoppio della guerra contro la Russia e ne è emersa una dichiarazione, letta presso la Cattedrale di Santa Sofia, che contiene gli intenti dei sette sul sostengo alla causa ucraina.



Poche parole ma ben dosate, valutate e discusse per 48 lunghe ore, nelle quali appare chiaro ed evidente il sostegno totale del G7 all’Ucraina. Non tutte le valutazioni, però, sembrano essere frutto del clima collaborativo, specialmente per quanto riguarda l’uso dei fondi congelati a Mosca e detenuti presso banche europee, soprattutto in Belgio, per il sostegno bellico e la ricostruzione dopo la guerra. Meloni, sempre in calce alla riunione del G7, ha anche parlato dell’accordo sulla sicurezza stipulato dall’Italia con l’Ucraina, che non prevede (per ovvi limiti del Bilancio italiano) stanziamenti diretti di fondi. La premier, pur apparendo dispiaciuta per l’assenza di fondi, ha ribadito che l’Italia ha già approvato otto pacchetti di aiuti per Kiev (con il nono in lavorazione), dal valore complessivo di oltre 2 miliardi di euro.



G7: i dubbi sull’uso dei fondi russi congelati per sostenere l’Ucraina

Tornando, però, alla questione dei fondi russi congelati che si trovano in Europa, a spingere affinché si usino per sostenere l’Ucraina è stato, ancora una volta, il presidente statunitense Joe Biden, intervenuto a distanza al G7. Per Biden è importante che si trovi un modo per sbloccare quei fondi (e l’Europa potrebbe votarlo sia in Parlamento, che in Commissione), pari a circa 300 miliardi (270 dei quali in Belgio).

Ma l’uso dei fondi russi congelati a favore dell’Ucraina sta trovando soprattutto l’opposizione da parte della Germania e della Francia, senza considerare le rimostranze anche nutrono anche la Commissione Ue e la Bce. Il timore francese e tedesco è che una simile mossa potrebbe creare un precedente pericoloso che rischia di compromettere l’attrattività della zona euro negli attori internazionali, scoraggiati dall’investire temendo proprio le confische. Nulla di fatto, almeno per i fondi per l’Ucraina, anche in occasione di questo G7, dato che si è confermato solamente l’impegno ad intensificare lo studio dei possibili risvolti tecnici della confisca. Rimangono, inoltre, in ballo i 10 miliardi di interessi che si sono generati attorno a quei fondi congelati, sui quali la Commissione ha dato il via libera alla confisca.