Da una parte Putin parla del “desiderio genuino di risolvere la guerra” del piano di pace cinese, con Xi Jinping che lo sostiene. Dall’altra la NATO e gli USA vogliono continuare a combattere per fare in modo che Biden non arrivi alle elezioni presidenziali di novembre con il peso di una sconfitta. Al di là delle dichiarazioni, insomma, le armi in Ucraina continueranno a sparare almeno fino al prossimo autunno, anche se ora Mosca è in posizione di forza e continua ad avanzare sul campo di battaglia. L’Occidente non vuole negoziare e resta fermo sulla necessità di sconfiggere i russi, che però, spiega Marco Bertolini, generale già comandante del COI e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi, dall’Afghanistan al Kosovo, non sono l’unica preoccupazione per USA e UE: si sta saldando anche la collaborazione tra India e Iran, con la realizzazione di un corridoio commerciale alternativo alle classiche rotte Ovest-Est.
Putin torna a offrire la possibilità di una trattativa e anche Xi Jinping gli dà corda, dichiarando di essere favorevole a una soluzione politica della guerra. Proprio nel momento in cui il conflitto sta girando palesemente dalla parte dei russi si ipotizza un negoziato?
Sono nelle condizioni ideali per avanzare una proposta di trattativa, in una posizione di forza. Chasiv Yar è a portata di mano, a nord-ovest di Avdiivka è stata effettuata una penetrazione importante da parte dei russi, mentre Robotyne, nell’area in cui la controffensiva ucraina aveva ottenuto qualche risultato, è stata riconquistata. Da un punto di vista tattico Mosca è decisamente in vantaggio.
Ma se il capo del Cremlino conferma la disponibilità a trattare, significa che quello che ha acquisito territorialmente sul campo gli basta?
Ha sempre detto di essere disponibile a un negoziato, ma non si è mai arrivati a trattare, quindi è andato avanti. Ha preso più di quello che voleva: oltre alle due repubbliche di Donetsk e Lugansk ha conquistato una parte di territorio nella zona di Zaporizhzhia e una dell’oblast di Kherson. L’obiettivo vero, però, è sempre un’Ucraina fuori dalla NATO.
Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha decantato il piano cinese di pace che l’anno scorso Mosca aveva accolto con freddezza. E Putin ha rilanciato la sua offerta di negoziato proprio durante il vertice in Cina con Xi Jinping: è un avvertimento all’Occidente per dire che comunque Pechino starà dalla parte di Mosca?
Si sentono forti di questa alleanza di fatto con la Cina, che è un’alleanza economica e politica, ma potrebbe diventare anche militare. Sanno che questo per gli USA è un nervo scoperto, anche in relazione alla vicenda di Taiwan. Non è solo questa alleanza tuttavia a preoccupare il campo occidentale, ma anche quella tra India e Iran, che si sono accordati per la realizzazione di un porto sul Golfo Persico dove dovrebbe arrivare una ferrovia che da San Pietroburgo, attraverso Russia, Azerbaijan e Iran, giungerà fino a Mumbai, un’alternativa ai collegamenti commerciali Est-Ovest. Un piano che ha fatto infuriare gli americani. Questo mentre la guerra in Ucraina sta andando male per l’Occidente. È un momento in cui la Russia e l’alleanza alternativa a quella occidentale dimostrano la loro forza.
Intanto Rob Bauer, presidente del Comitato militare NATO, sostiene che l’Ucraina può ancora vincere la guerra, mentre Blinken di fatto ha revocato il veto a usare armi USA contro la Russia, sostenendo che è Kiev a dover decidere come condurre la guerra. L’offerta di pace, per quanto poi Putin voglia piegare un eventuale negoziato ai suoi interessi, è già stata respinta?
È l’Occidente che non vuole la pace, oppure la vuole in cambio della resa della Russia. Dall’inizio dice che l’Ucraina può vincere, ma sul campo la situazione è un’altra: non ha il personale e le risorse per farlo. USA e Gran Bretagna sono i due grandi alleati: il ministro degli Esteri inglese Cameron ha appena dichiarato che gli ucraini possono usare le armi contro il territorio russo e ora Blinken fa un discorso analogo. Non vogliono mollare: devono arrivare, come obiettivo minimo, a una guerra che non sia una sconfitta totale e per fare questo devono continuare a spingere gli ucraini.
Ma con quale strategia? Non arrivare perdenti alle presidenziali di novembre?
Questo è l’obiettivo minimo: arrivare al voto con una guerra che non è persa. Gli ucraini in effetti qualcosa stanno facendo: hanno colpito Sebastopoli, in Crimea, a Belgorod e più di un’infrastruttura sul territorio russo. Resta il fatto che in Ucraina stanno perdendo territorio e tantissimi uomini.
Putin, intanto, ha appena sostituito importanti membri del suo staff dirigenziale.
Ha fatto un repulisti al ministero della Difesa, facendo fuori Shoigu e sostituendolo con Andrei Belousov, un economista che dovrebbe cercare di armonizzare lo sforzo economico legato alla guerra con l’economia generale. I russi non vogliono ricreare le condizioni che hanno portato alla sconfitta dell’URSS alla fine della Guerra fredda: stavano spendendo troppo dal punto di vista militare per tenere testa alla NATO. Ora la Russia spende il 6-7% del Pil, poco meno di quanto succedeva nell’era sovietica. Belousov ha carisma e anche delle idee innovative. È pure un grande fervente ortodosso, va a servire Messa. Putin sta creando una classe dirigente che seguirà il suo mandato, vuole garantire una continuità. Nell’establishment russo sono in corso cambiamenti che di solito si fanno non quando tutto va male, ma per programmare meglio il futuro e impostare una strategia di lungo periodo.
Poi bisognerà vedere come si evolverà la situazione interna dell’Ucraina. Zelensky pochi giorni fa ha licenziato il capo della Sicurezza dello Stato Sergej Rud: non è che a forza di fare le scarpe a tutti si ritroverà senza nessuno che lo sostiene in casa e verrà sostituito?
Non so se possa contare veramente sulla fedeltà di tutti. Quando è iniziata la guerra i russi pensavano di realizzare una sorta di colpo militare per rovesciare Zelensky, contavano sulla presenza nelle forze armate ucraine e nella società di persone che potessero sostenere questo progetto. Persone che probabilmente ci sono ancora. I russi puntano a un crollo militare che sia prodromico a un crollo politico, gli americani a prolungare la guerra con l’obiettivo minimo di arrivare alle presidenziali.
(Paolo Rossetti)
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