Dopo il recente attacco al ponte in Crimea Leonid Mikhailyuk, il responsabile in Crimea dell’Fsb, il servizio di intelligence per gli affari interni e i Paesi vicini, ha ricevuto ordini di rafforzare la sicurezza del ponte e di indagare sulle cellule clandestine ucraine ritenute responsabili del recente attacco.

Proprio per questo, il 10 ottobre, il presidente russo Vladimir Putin ha organizzato una riunione del consiglio di sicurezza per discutere sui risultati di un report relativo all’attacco contro il ponte, report redatto dal comitato investigativo, o Sledsvenny Komitet (Ckrf), presieduto da Alexander Bastrykin.



Un aspetto particolare di questo report è relativo al fatto che emerge, con estrema chiarezza, il forte dissenso che esiste tra le diverse anime della comunità di intelligence russa. Inoltre, durante questo incontro, si è anche discusso della strategia che dovrà essere posta in essere per piegare l’Ucraina, strategia che prevede tre fasi.



La prima fase, attualmente in corso, prevede 10 giorni di attacchi su obiettivi critici, comprese le centrali termiche ucraine. L’obiettivo è quello di indebolire in generale l’Ucraina e facilitare la riconquista da parte delle forze armate russe dei territori che hanno recentemente perso, in particolare nella regione di Kherson e Zaporizhzhia, unificando i fronti meridionale, orientale e settentrionale.

La seconda fase, che è ancora da attuare, implicherà attacchi simili, ma rivolti alle centrali idroelettriche ucraine. Questi attacchi dovrebbero causare danni ambientali e politici su scala molto maggiore, ed è per questo motivo che l’alto comando russo non intende effettuarli, a meno che non fallisca la prima fase, con attacchi volti a indurre Kiev a negoziare.



L’insieme di queste azioni offensive viene interpretato come parte di una fase strategica intermedia che precede l’uso di armi nucleari tattiche, confermata dai membri del consiglio di sicurezza il 10 ottobre come la fase meno auspicabile. A tale proposito il Cremlino ritiene che il rischio di una risposta nucleare della Nato sia troppo elevato per giustificare l’uso di armi nucleari, anche se questa opzione non è stata definitivamente esclusa.

Per quanto riguarda i responsabili degli attacchi ucraini è molto probabile che siano stati condotti dal servizio di intelligence militare ucraino, il Gur, che possiede una serie di unità speciali. Queste unità speciali, denominate Sso, sono coordinate da Viktor Horenko, ex comandante del 3° reggimento di forze speciali. Horenko ha preso il posto di Grigoriy Halahan, che ha guidato le forze speciali nelle regioni di Donetsk e Luhansk da metà 2020 a luglio 2022. Halahan ora riveste il ruolo di primo vicecapo dell’unità delle forze speciali “Alfa”, o semplicemente “A”, del servizio di intelligence interno, la Sbu.

È molto probabile, quindi, che questi attacchi siano stati posti in essere proprio dalle unità speciali ucraine, nonostante il fatto che la protezione del ponte fosse inizialmente responsabilità congiunta dell’Fsb e della guardia nazionale russa, la Rosgvardia. Tuttavia l’enfasi posta sulla strategia marittima russa ha dato un ruolo più importante ai servizi di frontiera e di guardia costiera dell’Fsb nel Mar d’Azov e nel Mar Nero. Assicurarsi che il ponte fosse protetto dagli attacchi costituiva la principale priorità per Viktor Palagin, il responsabile dell’Fsb in Crimea prima del 2018.

Questi attacchi potrebbero provocare dei danni di carattere politico, soprattutto nei confronti di Mikhailyuk, stella nascente dell’Fsb.

Se poi volgiamo lo sguardo all’assassinio, avvenuto ad agosto, della figlia di Dugin, il fallimento dei servizi di sicurezza russi appare ancora più evidente, ma nello stesso tempo il ruolo delle unità speciali ucraine si fa sempre più chiaro. Lo dimostra implicitamente il fatto che i servizi di intelligence statunitensi hanno incolpato “parti” del governo ucraino, come ha dichiarato il New York Times il 5 ottobre, benché Mikhaylo Podolyak abbia negato qualsiasi coinvolgimento. Sempre fonti statunitensi hanno riferito al New York Times che le autorità americane hanno cercato di dissuadere il governo ucraino dal condurre quel tipo di attacchi.

Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno dimostrato molta tolleranza nei confronti di altre operazioni, per esempio gli attacchi informatici alle infrastrutture critiche russe. Nello specifico gli hacker che lavorano per Kiev hanno ricevuto un sostegno esplicito, come ha rivelato Paul Nakasone, il capo del Comando informatico degli Stati Uniti e della National Security Agency (Nsa), su Sky News a giugno.

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