Zelensky adesso parla di un piano di pace che presenterà agli USA. Ma dopo l’attacco a Kursk, i russi non saranno tanto disposti a dargli retta. E poi, osserva Marco Bertolini, generale già comandante del COI e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi, dall’Afghanistan al Kosovo, non è detto che le sue intenzioni siano proprio quelle. Anzi, l’incursione in Russia potrebbe essere l’ennesimo tentativo di coinvolgere nella guerra qualche Paese amico o la NATO. E siccome l’attacco è stato ideato proprio in collaborazione con qualche intelligence occidentale, questo vuol dire che probabilmente c’è già qualcuno disposto ad assecondare la richiesta ucraina di aiuto.
Le forze di Kiev, intanto, stanno premendo anche nella zona di Belgorod, mentre i russi, senza che se ne parli troppo, avanzano nel Donbass. E proprio una narrazione addomesticata della guerra potrebbe essere l’obiettivo dell’arresto di Pavel Durov, fondatore di Telegram. Il suo social è tra i più attivi nel riferire notizie sul conflitto lontane dal racconto mainstream dei media: non fa un buon servizio alla propaganda, anche occidentale. E potrebbe averlo pagato.
Zelensky, dopo gli attacchi a Kursk, dice che presenterà un piano di pace a Biden, Harris e Trump, ma nel frattempo fa tutt’altro. Qual è allora la strategia vera di Kiev?
Questa dichiarazione sembra accreditare la tesi che l’offensiva serva a guadagnare territori da far pesare in una trattativa di pace. Credo che l’obiettivo di Zelensky fosse di arrivare alla centrale nucleare di Kursk per creare qualche problema interno a Putin. Se dice questo, forse sta ripiegando su un obiettivo minore: avere un pezzo di territorio da utilizzare come merce di scambio.
Ma questi 1200 km quadrati guadagnati costituiscono un’area importante?
A parte Sudzha, che ha 5mila abitanti ed è importante perché vi passa il gasdotto che porta il gas russo in Europa, il resto del territorio è fatto da piccoli villaggi in gran parte evacuati. È un’azione importante solo per il colpo all’immagine della Russia. Non è un’area rilevante dal punto di vista strategico, se escludiamo che è vicina alla centrale nucleare alla quale, però, gli ucraini non stanno arrivando.
In questi giorni Kiev ha annunciato che sta testando un nuovo missile balistico. Un altro modo per fare pressione in vista di trattative?
È possibile che ne siano in possesso: gli ucraini hanno già usato altre armi importanti, anche se sostanzialmente non hanno cambiato il corso della guerra. L’Ucraina è un Paese all’avanguardia in questo campo: utilizza anche droni marini. L’annuncio relativo ai missili, tuttavia, fa scadere l’effetto sorpresa.
Qual è invece la strategia russa?
La Russia ha dato corso a un intervento importante contro le centrali energetiche ucraine, non un’operazione dettata dall’irritazione, ma pianificata da tempo. Ha inabilitato ancora di più la rete ucraina, creando problemi che, se adesso si limitano ai blackout, quest’inverno potrebbero diventare drammatici. Sul terreno, la Russia procede verso Pokrovsk in modo veloce. Gli ucraini hanno evacuato una serie di villaggi lungo quella direttrice e si stanno preparando al peggio. L’operazione su Kursk è stata importante, ma le forze ucraine hanno impegnato lì tutto ciò che avevano, sperando di distrarre le forze russe dal Donbass, cosa che per il momento non è successa. In questo modo, però, hanno irrigidito ancora di più i russi: Zelensky presenterà un piano di pace, ma Peskov, il portavoce del Cremlino, ha detto che ormai non si parla più di trattativa. I russi non vogliono negoziare con un loro oblast in mano agli ucraini. Per recuperarlo ci vorrà del tempo: i rinforzi mandati finora sembrano orientati a contenere gli ucraini.
Mosca non sta aspettando il piano di pace di Zelensky?
Non so se questo sia l’obiettivo del presidente ucraino, secondo me vuole sopravvivere a questa situazione critica e coinvolgere in questa guerra quanti più Paesi possibili, la NATO e gli USA. Non crederei tanto alla volontà di arrivare a una trattativa.
L’incursione a Kursk è stata condotta anche con l’aiuto degli occidentali. Dietro il tentativo di Zelensky di coinvolgere l’Occidente c’è una parte dell’Occidente stesso?
Direi proprio di sì. C’è chi ha spinto in questo senso, la Gran Bretagna lo ha fatto, gli USA un po’ di meno. È presumibile che gli inglesi siano stati particolarmente attivi. Per programmare operazioni del genere c’è bisogno di mezzi che hanno solo alcuni Paesi della NATO.
Ora si parla di attacchi anche nella zona di Belgorod, si cercano altri punti per sfondare?
È già da qualche giorno che gli ucraini premono anche lì. I russi temono che ci possa essere anche qualche altro tentativo. Non credo invece a un’azione nei confronti della Bielorussia, sarebbe troppo azzardato, sarebbe la dimostrazione che c’è la volontà di fare la guerra a tutti i costi.
Come giudica l’arresto del fondatore di Telegram, il social dove passano più notizie sulla guerra? C’è un legame diretto con il conflitto?
Ufficialmente il motivo è che i contenuti non vengono moderati dal social, certo è che se è possibile avere informazioni che vengono dalla faccia nascosta della luna è grazie a Telegram. Ci sarà una riduzione delle informazioni. C’è un problema di controllo dei media, di propaganda. I media suonano in maniera monocorde in tutta Europa.
La propaganda è così importante?
In ambito NATO si parla di StratCom, Strategic Communications, significa elaborare informazioni che influenzino le opinioni pubbliche, quella russa, ucraina, ma anche le nostre. Basta enfatizzare le perdite russe, parlare di Kursk e non dei guadagni territoriali dei russi nel Donbass. Poter oscurare questo canale, relativizzarne la portata, è importante. La propaganda è un aspetto rilevante, soprattutto nelle nostre società, quelle della libertà di parola.
(Paolo Rossetti)
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