Volodymyr Zelenskij, l’attore televisivo diventato presidente dell’Ucraina, celebra il suo primo anno di presidenza in una situazione ancor più difficile di quella che lo ha portato alla più alta carica del suo Paese. Anche l’Ucraina deve affrontare la pandemia da coronavirus e, accanto all’emergenza sanitaria, le conseguenze della pandemia su un’economia fortemente debilitata. A cominciare dalla riduzione delle importanti rimesse dei tanti ucraini che lavorano all’estero e che in molti sono dovuti rientrare, perdendo il lavoro, a causa della quarantena da coronavirus.
All’inizio di aprile, poi, è scoppiato un vasto incendio nelle vicinanze dell’impianto nucleare di Chernobyl, protagonista del disastro dell’aprile 1986, che portò all’evacuazione di più di 300mila persone e a una diffusione di radioattività in diversi Paesi, anche non vicini. L’impianto è rimasto distrutto nell’esplosione e sotterrato dai successivi interventi, ma la zona rimane a rischio radiazioni. L’incendio ha perciò causato gravi allarmi per il rischio di una nuova diffusione di radioattività, malgrado le assicurazioni delle autorità locali circa il completo controllo della situazione.
Intanto, continuano a non essere risolti i vecchi problemi, a partire dagli scontri con la Russia per l’annessione della Crimea e per il sostegno, con partecipazione diretta di propri militari, alle due repubbliche separatiste del Donbass. Zelenskij aveva avviato rapporti diretti con i separatisti, che hanno portato a un accordo per lo scambio di prigionieri, ma la sua iniziativa è stata molto criticata dalla parte più contraria a qualsiasi trattativa con le sedicenti repubbliche autonome.
Uno dei problemi principali, se non il principale, dell’Ucraina rimane infatti l’estrema volatilità della situazione politica interna. Tre mesi dopo la sua vittoria alle presidenziali, Zelenskij ha portato il suo partito, Servire il Popolo (titolo della serie televisiva di cui era protagonista), a una clamorosa vittoria nelle elezioni legislative, conquistando la maggioranza assoluta in Parlamento. Si sono create così grandi speranze che il nuovo presidente potesse realizzare effettivamente il suo programma di riforme istituzionali e di lotta alla diffusissima corruzione e allo strapotere degli oligarchi.
Purtroppo queste speranze cominciamo a indebolirsi e non solo per l’inesperienza politica di buona parte dei parlamentari e dello stesso presidente. Le decisioni del governo e l’approvazione di leggi in Parlamento devono costantemente fare i conti con pressioni esterne, a partire dall’influenza degli oligarchi, tutt’altro che diminuita. Ciò ha portato anche a divisioni all’interno di Servire il Popolo e molti suoi parlamentari hanno votato contro le indicazioni del partito in leggi molto importanti, come quella sulla vendita dei terreni o sulla legislazione bancaria. Queste leggi si presentano come rilevanti nella lotta alla corruzione, ma sono passate con difficoltà e pesantemente modificate dagli emendamenti. In questo caso vi sono state anche pressioni dall’estero, poiché il Fondo monetario internazionale ha posto la loro approvazione come condizione per i suoi aiuti finanziari.
Zelenskij è quindi sotto attacco su più fronti: i contestatori interni, gli enti internazionali, Washington, Mosca e i suoi spazi di manovra si mostrano piuttosto ridotti. La situazione del presidente è la stessa dell’Ucraina, stretta tra le pressioni e le controversie di Stati Uniti, Russia, Unione europea. Questa intrinseca difficoltà della situazione ucraina può solo in parte essere attenuata da successi elettorali o dalle caratteristiche delle persone ai vertici.
Per di più, sotto l’attacco del coronavirus, i governi stanno pensando soprattutto a risolvere i problemi del proprio Stato e ciò va a scapito dei Paesi più deboli, tra i quali rientra per ora anche l’Ucraina. Per ora, perché se venissero risolti almeno una parte dei suoi numerosi e gravi problemi, l’Ucraina potrebbe dimostrarsi un Paese forte, ma in questo processo deve essere aiutata.
Su questo versante, si segnala forse una grande assente: l’Unione europea. Anzi, le diatribe tra i suoi membri sulla solidarietà in tempi di pandemia stanno probabilmente raffreddando gli entusiasmi iniziali di molti ucraini nei suoi confronti.