L’interessante contributo del professor Aldo Ferrari sulla situazione in Georgia mi permette di riprendere un vecchio, e nuovo, discorso sulla realtà europea. Comincerei dal peso che ha avuto, e che secondo me ha ancora, nonostante una certa presa di distanza di Putin, l’idea di Aleksandr Dugin di un mondo diviso in due blocchi, che lui chiama due poli. Da una parte il polo definito eurasiatico con a capo, naturalmente, la Russia e come suoi alleati i popoli asiatici, a cominciare da quelli islamici. Dall’altra parte gli Stati Uniti e i loro alleati.
Ricordo che partecipando anni fa ad una conferenza di Dugin a Roma, poi replicata a Milano, gli chiesi che cosa avrebbe dovuto fare secondo lui l’Europa, visto che papa Giovanni Paolo II aveva parlato di una Europa che respira a due polmoni, quello occidentale e quello orientale. Glissando il riferimento al papa, Dugin rispose che l’Europa, quella della Comunità Europea, doveva decidere da che parte stare. Questo io lo intendo semplicemente come scegliersi quale padrino avere. Oggi la guerra in Ucraina e le tensioni sempre maggiori in diversi paesi dell’ex Unione Sovietica ci impongono di uscire dallo “schema Dugin”, in qualche modo invece accettato da molti in Occidente.
Già ho scritto riferendomi alle alleanze militari che, se si studiano gli statuti sia della NATO che della CSTO si può vedere che non è impossibile che un Paese, ad esempio l’Ucraina, possa far parte simultaneamente di entrambe le alleanze militari di carattere difensivo. Si tratterebbe poi di allargare la questione ai rapporti economici e politici che dividono l’Unione Europea da altri Paesi europei. Quando alle medie studiavo (poco) la matematica mi insegnavano che, se vuoi fare un’operazione, per mettere insieme due diverse frazioni bisogna innanzitutto trovare un minimo comune denominatore. L’Unione Europea invece, sembra insistere – come osserva Ferrari – che per farne parte si debbano accettare tutti i principi etico-culturali di quella che oggi è la maggioranza, legata in gran parte al mondo anglosassone.
Anche sulla questione LGBTQ è giusto riaffermare quelle norme che combattono la discriminazione sociale degli omosessuali, ma non si può imporre a tutti una morale comune di impostazione calvinista. Sia l’Europa occidentale che i popoli europei dell’ex URSS hanno bisogno di una unità che rispetti quelle differenze religiose e culturali che sono la ricchezza dell’Europa. È strano che proprio oggi che in America si comincia a riconoscere con un certo imbarazzo il danno che viene da un certo tipo di omologazione forzata delle diverse etnie che formano gli Stati Uniti, in Europa alcuni vogliano procedere in senso opposto.
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