L’Europa riscopre la guerra, dopo averla osservata da lontano, mentre il mondo va in mille pezzi. Sono due i conflitti alle porte del Vecchio Continente, quello in Ucraina, l’altro in Medio Oriente. Lo storico Sergio Romano, ex ambasciatore italiano a Mosca e presso la Nato, ritiene che però non ci sia nulla da temere. «Ho l’impressione che non costituiscano un vero pericolo semplicemente perché, commettendo un errore, non ce ne occupiamo più. La situazione è come congelata e ridotta ad una guerra a bassa intensità. Combattere è diventato come andare in ufficio», spiega alla Stampa. I due conflitti si sono cristallizzati, motivo per il quale sembrano non avere fine per ora. «In Israele si attende la trattativa sugli ostaggi e sono abituati da sempre al conflitto. In Ucraina molti dei Paesi che avevano il desiderio di dare un colpo alla Russia hanno capito che Putin non è così preoccupante».



Il problema è che non ci sono segnali positivi, spiragli: «Se vedo sblocchi? Nessuno purtroppo. Si può continuare così per anni. Tra Israele e Palestina sarebbe intelligente la soluzione dei due popoli e due stati, su cui vorrei essere ottimista. In Ucraina alcuni Paesi sanno di aver sbagliato, ma non come uscirne e pure i russi si sono irrigiditi nelle loro posizioni», segnala Sergio Romano. La situazione si fa logorante, dunque, non solo per le parti coinvolte, ma anche per quelle che le sostengono.



IL FUTURO DI USA, RUSSIA E UNIONE EUROPEA

Negli Stati Uniti c’è una comunità ebraica molto attiva riguardo il sostegno a Israele, mentre l’orientamento sull’Ucraina sta cambiando. «In Ucraina gli Stati Uniti hanno visto un’occasione della loro polemica con la Russia, che ora appare ridimensionata. Inoltre, Kiev sembra divisa tra fazioni quasi in un conflitto domestico», spiega Sergio Romano alla Stampa. Anche l’interesse della Russia è calato, con il presidente Vladimir Putin saldamente al suo posto. Invece, è a rischio quello Usa Joe Biden. «Temo che le conseguenze per la sua figura saranno drammatiche, perché gli Stati Uniti stanno perdendo il ruolo di grande potenza mondiale».



Secondo l’ex ambasciatore, gli Usa hanno perso quell’autorevolezza conquistata dopo la Seconda guerra mondiale e non è chiaro cosa vogliano fare. «Insomma, stanno dormendo», taglia corto Romano. Anche Trump non rappresenta un motivo di preoccupazione, vista la decadenza americana. «Anzi, per l’Europa è meglio un’America isolazionista». Incerto anche il futuro dell’Unione europea: «Alcuni Stati sono destinati ad andarsene, ma esiste un patriottismo europeo, l’Unione tutto sommato funziona e leader come Macron si muovono con coraggio».

COME DEVE CAMBIARE L’EUROPA SECONDO ROMANO

Il rischio di arrivare ad un’Europa di serie A e una di B è sempre più concreto per Sergio Romano. «Bisogna decidere più in fretta», afferma alla Stampa, aggiungendo che va messo «un po’ in discussione l’europeismo». La vera riforma per lo storico è «eliminare alcuni ministeri nazionali come Industria, Difesa ed Esteri». Se l’Europa non avanza è per le difficoltà nazionali, per «l’istinto di sopravvivenza delle burocrazie». Per quanto riguarda la politica estera italiana, Romano ritiene che anche a Roma si dorme, anche perché non arrivano sollecitazioni dall’estero.

«Lo stile però è buono, l’idea di Europa viene conservata come necessaria e le alleanze internazionali anche». Per l’ex ambasciatore non ci sono partiti antieuropei o nazionalisti così forti da rimettere in discussione il ruolo tradizionale dell’Italia. A tal proposito, ritiene che il governo con la miglior politica estera sia stato quello di Prodi, perché aveva uno sguardo davvero europeo e privo di nazionalismo. Infine, promuove la premier Giorgia Meloni, competente, di buon senso e credibile.