Gli USA insistono perché i Paesi NATO sborsino molto di più per le spese militari, chiedono la Groenlandia alla Danimarca ed escludono l’UE dalle trattative per l’Ucraina. Ce n’è abbastanza perché si rischi una frattura tra Washington e Bruxelles, che provochi anche una spaccatura all’interno dell’Alleanza Atlantica. La richiesta americana di un maggior impegno finanziario per armi ed esercito, d’altra parte, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, non si spiega solo in termini di nuove strategie geopolitiche: Trump sa che, se gli europei dovessero mettere mano al portafoglio, comprerebbero dalle aziende americane. Il vero problema, però, è che l’UE sta perdendo sempre più credibilità, tanto da non essere considerata quando si devono prendere le decisioni che contano. Kaja Kallas, alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri ha chiesto ai 27 di dire chi è disposto a mandare soldati in Ucraina a combattere e quanti. Un tentativo fuori tempo massimo che non otterrà niente.
Il nuovo segretario della Difesa USA, Pete Hegseth, ha chiesto ai Paesi NATO di spendere il 5% del PIL per la sicurezza: l’atteggiamento assunto dagli americani può spaccare ancora di più l’Alleanza?
È un periodo nel quale i destini dell’Unione Europea e della NATO sono sotto la lente di ingrandimento: sta cambiando qualcosa di essenziale. Potrebbe essere solo un fuoco di paglia, perché tra due anni ci saranno le elezioni di midterm, nelle quali Trump rischia di vedere ridotto il suo potere. Per questo sta accelerando la realizzazione delle promesse fatte in campagna elettorale. Credo che stia lavorando per avere la possibilità di un terzo mandato o per fare in modo che subentri Vance: ci dobbiamo predisporre a un lungo periodo di leadership non tanto repubblicana quanto trumpiana.
L’Europa come sta reagendo a questo scenario?
Dalle reazioni europee sembra che qualcuno stia sperando che Trump non regga o che esca di scena in qualche maniera. Molti, però, hanno paura di quello che potrebbe succedere da questa parte dell’Atlantico. Trump ha sempre lasciato intendere che l’Unione Europea non gli piace e non la considera. Non per niente non ha invitato Ursula von der Leyen al suo insediamento e minaccia di imporre dazi anche ai Paesi UE.
Quali effetti può avere la sua politica sull’Unione?
Se gli USA imporranno dazi Paese per Paese, per Bruxelles sarebbe come sentir suonare una marcia funebre. Poi c’è il tema NATO, nei confronti della quale Trump ha sempre usato toni abbastanza fuori quadro rispetto ai predecessori. L’Alleanza Atlantica è uno strumento americano voluto per rinforzare la presa degli USA sul continente e giustificare la presenza delle loro basi. Ce ne sono molte in Germania e Italia, i due Paesi sconfitti nella Seconda guerra mondiale, che per questo non si sono fatti carico più di tanto della loro difesa, destinando pochissimo del PIL a questo scopo.
Infatti, alla nostra sicurezza pensavano gli americani.
Siamo stati risparmiati da questa incombenza perché se ne facevano carico loro: non che gli interessasse della nostra sicurezza, ma l’Europa era e continua a essere funzionale al contenimento di uno dei loro competitor, la Russia. Ora Trump ci sta dicendo di aumentare la nostra spesa per la difesa e non lo fa perché si preoccupa della nostra sicurezza, ma perché sa che non potremo far altro che comprare dalle imprese americane. L’industria per la difesa europea e italiana è una presenza significativa, importante dal punto di vista tecnologico, ma se vogliamo passare da quote di PIL come le attuali, inferiori al 2%, alle quote che ci stanno chiedendo, quindi il 5%, dovremo comprare oltreoceano.
Anche stavolta torna il Trump businessman?
Non è solo questo. Vuole fare affari, ma con una visione del mondo diversa da chi lo ha preceduto. Non più l’unipolarismo americano, in cui si dialoga solo con i buoni, con i democratici, ma un multipolarismo che tiene conto della Russia, della Cina, dell’India. Anche se poi, anche per lui, sono sempre gli Stati Uniti che devono dirigere l’orchestra.
Per l’Italia questo cosa significherebbe?
Un cambiamento di rotta non da poco: dovremmo farci carico delle nostre responsabilità per la difesa, mentre finora siamo stati tra i Paesi che hanno abbracciato l’antimilitarismo militante.
La richiesta di una spesa così ingente per la difesa può far crescere la spaccatura fra USA ed Europa? E, a lungo andare, portare anche alla dissoluzione della NATO?
Il 5% è insostenibile anche dall’economia tedesca, che, nonostante la recessione che sta attraversando, resta la prima a livello europeo. Il rischio di una frattura ulteriore c’è, anche se la NATO ha cominciato a spaccarsi già con la guerra in Ucraina, con la Turchia che ha mantenuto sempre una sua indipendenza di valutazione e con l’Ungheria di Orbán che ha preso le distanze dalla politica dell’Alleanza. Lo stesso ha fatto la Slovacchia.
Ci sono altre ragioni che possono allargare la distanza con gli americani?
Trump pretende la Groenlandia dalla Danimarca, Paese che rappresenta la porta di accesso al Mar Baltico. Ed è strano che ci siano toni così accesi fra due componenti dell’Alleanza Atlantica. C’è anche da considerare l’atteggiamento assunto dal presidente USA nei confronti del Canada. Credo che la richiesta di spendere il 5% del PIL per la difesa potrebbe essere l’innesco, non dico per la scomparsa, ma per una trasformazione non indifferente della NATO. D’altra parte, Trump non crede nelle organizzazioni sovranazionali e quindi non se ne cura. Tra l’altro, in campagna elettorale aveva detto che voleva uscire dalla NATO, anche se molti non gli hanno dato retta perché pensavano che non sarebbe stato eletto.
Se la politica trumpiana segnerà i prossimi anni, potrà esserci una vera e propria divisione tra Europa e USA dal punto di vista delle alleanze militari?
Non la vedo come una prospettiva a breve termine e forse neanche a medio termine. Anche perché, all’interno dell’Europa, ci sono differenze notevoli su cosa vuol dire costituire una difesa comune. Ci sono Paesi con visioni diverse: la Germania è lontana dalla Polonia, con la sua russofobia; la Francia sta ancora piangendo per l’impero perduto nel sud del Sahara. Il problema vero è che l’Europa non riesce a trovare una sua unità, una sua identità, neanche dal punto di vista militare e geopolitico.
È questo che manca all’Europa?
Questa situazione si è venuta a creare con l’entrata in scena di Trump, non del Partito repubblicano, ma di questo presidente. All’Europa manca un De Gaulle che possa concentrare su di sé l’attenzione.
L’esclusione, almeno per il momento, dell’UE dalla trattativa per l’Ucraina può accelerare la crisi della NATO?
Nel momento in cui si scoprisse che l’UE non serve o che viene smentita nelle sue linee politiche perché la guerra finisce nonostante tutto quello che ha fatto Bruxelles perché continuasse, l’UE vedrebbe incrinata la sua credibilità. È a rischio proprio per questo: il mondo sta andando in una direzione che non tiene conto delle sue ambizioni.
La proposta del 5% da parte degli americani che fine farà? Si arriverà a un compromesso?
Secondo me, un buon compromesso potrebbe essere il 2%, riuscire a portare tutti a questo livello sarebbe un grossissimo risultato. Per l’Italia sarebbe un sacrificio enorme, che comporterebbe sacrifici in altri settori come la sanità, l’istruzione, i trasporti. L’UE, tuttavia, se le cose continuano così, ha poche prospettive di sopravvivere nei termini attuali.
Ma l’UE parteciperà alle trattative per l’Ucraina?
Nella trattativa devono ancora decidere come coinvolgere l’Ucraina. Sta andando avanti tra russi e americani, e di Unione Europea ancora non ha parlato nessuno.
In caso di esclusione, se la UE non reagisse, certificherebbe la sua scomparsa?
Non c’è ombra di dubbio. Noi, però, ci troviamo a fare i conti con Trump, che non ha nessuna simpatia per gli europei, e con la Russia. Putin ha già detto che, prima o poi, Mosca dovrà tornare a trattare con Bruxelles, ma ci sono altri personaggi, come Sergey Karaganov, suo ascoltato consigliere, che dicono da tempo che proprio l’Europa è il vero nemico.
Kaja Kallas ha chiesto ai Paesi UE di dire se sono disposti a inviare truppe in Ucraina e di indicare quanti uomini potrebbero mandare. Che senso ha una uscita del genere proprio ora?
La Kallas parla per la UE, che si sente tagliata fuori e cerca assolutamente di ritagliarsi uno spazio. Lo fa per voce di una bellicista da sempre, ma si tratta di una proposta fuori tempo massimo. Un tentativo di ricavare all’Europa un ruolo che difficilmente avrà.
(Paolo Rossetti)
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