La Russia che scatena una pioggia di fuoco sull’area di Kiev e Odessa. Che avanza sul terreno di battaglia mentre gli ucraini promettono l’inizio di una controffensiva. E poi l’attentato allo scrittore nazionalista Zachar Prilepin e gli strascichi del video choc del comandante della Wagner Prigozhin contro i vertici dell’esercito. Così come la previsione a sorpresa di Kissinger sul possibile avvio di un negoziato per risolvere la guerra.



Il conflitto ucraino si rivela sempre più una vicenda dalle mille facce e dalle mille implicazioni che, però, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, per ora mostra una verità: l’avanzamento dei soldati di Mosca e le difficoltà di quelli di Kiev che cercano di riguadagnare la scena con blitz come quello dei droni sul Cremlino. In mezzo ci sono gli scontri tra i pezzi grossi dello schieramento militare russo, con Prigozhin che attacca Gerasimov, contrasti che tuttavia non coinvolgono mai Putin. Segno che i russi, al di là delle difficoltà, vanno avanti cercando di raggiungere gli obiettivi che si erano prefissati. Con buona pace di Usa e Nato che sono in affanno nel fornire aiuti a Zelensky. Tutto questo in attesa del discorso che Putin terrà oggi, 9 maggio, festa della Vittoria sui nazisti.



L’uscita choc di Prigozhin nei giorni scorsi ha fatto pensare per qualche momento a una frattura insanabile della Wagner con l’esercito: quali sono i rapporti di forza nell’establishment militare russo?

In Russia c’è una legge che punisce chi oltraggia le forze armate, Prigozhin evidentemente è al di sopra della legge perché ha insultato tutti i vertici militari: il capo di stato maggiore e il ministro della Difesa. Un aspetto paradossale.

È diventato così potente che può permettersi anche questo?

Quella che stiamo vedendo è una manfrina, una sceneggiata, con un uomo che critica tutti ma mai il vertice. Nessuno critica mai Putin. È una grande telenovela in cui Prigozhin svolge il ruolo del nazionalista duro e puro, dell’imprenditore che mette i suoi soldi in campo per aiutare la patria e lo fa arruolando combattenti e recuperando dei detenuti. Non sono mercenari, sono contractor che lavorano per la Russia, come fanno anche i contractor americani. Un mercenario combatte per chiunque chi lo paga, questi combattono per la Russia. In questa manfrina Prigozhin accusa le forze armate di corruzione, di incapacità, di non fornire le armi e le munizioni per vincere. Poi improvvisamente gliele danno, dopo che Ramzan Kadyrov, presidente della Repubblica di Cecenia, parte della Federazione Russa, si è detto pronto a sostituirlo a Bakhmut. Perché, i soldati di Kadyrov hanno le munizioni che Wagner non ha? Quindi, dopo aver avuto rassicurazioni sulle munizioni, Prigozhin resta a Bakhmut, che poi è già presa, perché gli ucraini non ci sono quasi più.



Rischia di pagarla dopo?

Prigozhin punta, come Kadyrov, a un ruolo politico, ma mentre per il secondo tale ruolo è limitato alle repubbliche del Caucaso, perché viene da lì e non può sperare di essere un leader per tutta la Russia, il primo può sperare in un futuro politico importante. Non credo che sia il candidato futuro al posto di Putin, perché non ne ha lo spessore politico, non ha la preparazione di un leader. Stiamo guardando questi fatti interpretandoli come piacerebbe a noi, con un’ottica da propaganda antirussa.

Non ci sono attriti, quindi, con l’esercito?

Sono convinto che Shoigu e anche Gerasimov non provino simpatie per un personaggio che li insulta pubblicamente, ma tutto questo serva a tenere insieme uno schieramento compatto di forze a sostegno del leader, che nessuno critica. Altrimenti Prigozhin avrebbe chiesto a Putin di rimuovere tutti e due, invece ha detto che si è risolto tutto: “Il nostro interlocutore – ha spiegato – sarà il generale Surovikin”, indicato da Gerasimov e Kadyrov come l’uomo giusto.

Oltre alle operazioni sul campo nella guerra assumono sempre più importanza le incursioni dei droni. Come quella dei russi della notte scorsa a Kiev e Odessa. E gli attentati. È un conflitto che viene combattuto in modo sempre nuovo?

Gli ucraini sono in forte difficoltà sul campo di battaglia, anche se da noi non se ne parla: stanno perdendo Marinka, Bakhmut, Avdviivka, i capisaldi della linea difensiva del Donbass. Dovrebbero lanciare un contrattacco. Vedremo se lo faranno, dove e con quali effetti, anche se io non sarei sorpreso se ci fosse un’offensiva russa più marcata, su vasta scala, in alcuni settori o in uno in particolare. In questo contesto l’azione degli ucraini colpendo il Cremlino, l’attentato allo scrittore ultranazionalista, sono operazioni che servono a colpire obiettivi simbolici, che danno grande visibilità ma non un impatto sull’andamento della guerra. L’Ucraina ne ha bisogno perché deve mantenere il supporto occidentale: giornali come il Washington Post si chiedono se la controffensiva ci sarà e se avrà un senso.

Che segnale danno queste operazioni?

Il segnale che gli ucraini fanno quello che possono fare. Infiltrare commando ucraini in Russia è facilissimo, come infiltrare dei russi in Ucraina. Kiev aveva 10 milioni di abitanti con il doppio passaporto, la Russia ha accolto 5 milioni di ucraini dall’inizio della guerra.

E l’ultimo, massiccio attacco notturno dei russi che obiettivo aveva?

L’attacco era diretto a colpire i depositi di armi e munizioni occidentali accatastati nelle retrovie ucraine. Quelle che dovrebbero alimentare la controffensiva. Nel più grande attacco missilistico russo dall’inizio della guerra, dicono gli ucraini, ci sono stati solo tre morti civili. Sì, ma chissà quante centinaia di militari.

L’attacco al Cremlino ha messo in evidenza anche difficoltà russe?

Non credo a una messinscena dei russi per aumentare la percezione di una minaccia diretta al cuore della Russia e quindi favorire il patriottismo: se due droni riescono ad arrivare sul tetto del Cremlino si potrebbe metter in discussione la capacità militare che la Russia ha di difendere lo stesso vertice della nazione.

Cosa ci dobbiamo aspettare nel discorso di Putin per la festa della Vittoria di oggi 9 maggio?

Vedo analisti che ripetono quello che hanno detto alla vigilia della parata dell’anno scorso: parlano di guerra totale. Ma Putin non lo ha fatto l’anno scorso e probabilmente non lo farà quest’anno: la guerra in questo momento per i russi non sta andando male. Se l’anno scorso erano gli angloamericani a dire: “Questa guerra deve continuare perché logorerà la Russia”, oggi ho l’impressione che questa valutazione la stiano facendo i russi. Anche gli Usa stanno rallentando i flussi di armi.

Kissinger intanto ha detto che entro la fine dell’anno potrebbero aprirsi negoziati tra le parti. Una prospettiva credibile? Finalmente si parlerà di pace?

Dice che succederà grazie alla proposta cinese. Credo che sia tra i pochi analisti americani che hanno valutato fin dall’inizio il rischio che questa guerra finisse per logorare più l’Occidente. L’idea, però, che ci sia un negoziato, che i russi non vogliono e gli ucraini non propongono, e che ci possa essere la Cina a mediare sarebbe un grosso smacco per gli Usa e per l’Europa. Se la Cina diventa arbitro intanto suonano le campane a morto per l’Europa, incapace di gestire la crisi del Donbass per nove anni. La Cina così avrebbe un ruolo strategico spaventoso. Ha appena mediato la pace storica tra Arabia Saudita e Iran, rendendo superflua l’abbondantissima presenza militare Usa nel Golfo Persico. Le loro basi erano state messe lì per proteggere gli arabi dagli attacchi iraniani.

La previsione di Kissinger non tiene?

Se il negoziato vedesse i cinesi protagonisti sarebbe una soluzione disastrosa per gli americani. Per uscire dalla guerra regalerebbero un ruolo rilevante alla Cina. Sarebbe veramente uno smacco.

 

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