Nella giornata di martedì il ministro della Difesa Guido Crosetto presenterà davanti al Copasir, il comitato parlamentare sulla sicurezza nazionale, il nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina, il nono dallo scoppio della guerra, nonché quarto per il governo presieduto da Giorgia Meloni (gli altri cinque furono approvati da Mario Draghi). Un pacchetto, come sempre, segreto e blindato, del quale verrà solamente comunicata l’eventuale approvazione.



Tuttavia, in tutto il mondo gli aiuti all’Ucraina sembrano vacillare sempre di più e l’Italia, in questo senso, non fa eccezione. Da poco, infatti, il Repubblicani negli USA hanno bloccato gli aiuti che il presidente Joe Biden contava di approvare entro la fine dell’anno, mentre anche in sede del Consiglio europeo, soprattutto per via della reticenza dell’Ungheria, non si sono fatti progressi sul 50 miliardi promessi a Zelensky. L’Italia, comunque, per ora sembra essere ancora compatta in merito agli aiuti destinati all’Ucraina, ed è probabile che il pacchetto verrà approvato senza grosse opposizioni, ma rimangono ancora in bilico i futuri (probabilmente necessari) stanziamenti ed invii di armi e munizioni.



Perché gli aiuti italiani all’Ucraina sono il bilico

Il nodo sugli aiuti all’Ucraina da parte dell’Italia, infatti, appare essere sempre più delicato. Dietro vi sono soprattutto tre ragioni, una legislativa, una economica ed una politica. Quella legislativa riguarda il fatto che il 31 dicembre scadrà il decreto che consente al governo di inviare armi e munizioni, ma non risulta esserci un interesse, in questo momento, a prorogarlo. Questione facilmente e rapidamente risolvibile con un decreto-legge emergenziale, che consentirà di sbloccare i nuovi aiuti.

La questione economica dietro agli aiuti all’Ucraina, invece, è ben più complicata, perché già da diversi mesi i massimi responsabili delle forze armate lamentano una generale carenza nelle scorte. Mancano soprattutto munizioni e granate, lunghe e costose da produrre, nonché cruciali nella malaugurata ipotesi che in futuro al posto di Kiev potrebbe esserci l’Italia, ormai debole e carente nelle sue scorte militari. Infine, a pesare maggiormente sugli aiuti all’Ucraina è la questione politica, che è soprattutto di dissenso interno. La Lega, infatti, ha da subito manifestato i suoi dubbi sull’invio di armi e munizioni, scegliendo però la via più diplomatica dell’appoggio alla linea di governo. Ora, tuttavia, con lo scadere del decreto che consente gli invii e forte della reticenza di USA ed Europa, la Lega potrebbe tornare all’attacco, bloccando o rallentando i pacchetti.