L’Unione Europea predica sempre il muro contro muro con la Russia, in linea con la NATO e l’attuale amministrazione USA. E i russi pongono nuove condizioni, chiedendo che Zelensky non rappresenti l’Ucraina in eventuali trattative. La vera incognita sull’eventuale negoziato per mettere fine alla guerra tra Mosca e Kiev è l’imprevedibilità di Donald Trump. Il nuovo presidente americano, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’Armata e opinionista di Analisi Difesa, aveva annunciato in campagna elettorale che avrebbe fatto finire il conflitto in 24 ore. Ma non sarà proprio così: la Russia avrà da dire sul piano americano, a quel punto la palla tornerà nel campo del nuovo inquilino della Casa Bianca, che dovrà decidere cosa fare. Dal campo repubblicano, d’altra parte, sono arrivate dichiarazioni poco concilianti con il Cremlino: Robert Wilkie, che ha fatto parte della precedente amministrazione Trump, il senatore Mike Rounds e Sebastian Gorka, che sarà Senior Director for Counterterrorism, hanno prospettato scenari di scontro fra le due potenze.
Generale, l’oligarca russo Konstantin Malofeev, vicino a Putin, ha dichiarato che la Russia manderà a quel paese l’inviato di Trump, Keith Kellogg, se gli USA non toglieranno agli ucraini il permesso di usare i missili a lungo raggio e non rimuoveranno Zelensky. Le trattative sono già cominciate? Per il presidente ucraino si mette male?
Sono attività preparatorie in vista dell’insediamento della nuova amministrazione. Dichiarazioni come quelle di alcuni esponenti repubblicani circa l’atteggiamento che potrebbe avere Trump dopo il 20 gennaio minacciano una risposta molto ferma degli USA se Putin si rifiutasse di accettare le condizioni americane. In questo contesto Zelensky è in grossa difficoltà politica: il piano di pace, per lui, è veleno mortale. Ultimamente è arrivato a dire che, di fronte all’impossibilità di riprendere i territori dalla Russia, l’Ucraina li avrà per via diplomatica. Le sue sono parole che lasciano il tempo che trovano.
Qual è il punto ancora da chiarire per cercare almeno di intuire come andrà a finire?
La grossa incognita è Trump. Di fronte a un possibile rifiuto russo quale sarà la sua reazione? Potrebbe addirittura mettere in atto delle provocazioni lui stesso. Non potrà passare come il presidente che è stato sconfitto da Putin. Deve offrire a Mosca una via di uscita che sia accettabile per l’opinione pubblica USA, ma soprattutto per il suo ego. Il punto è la reazione di Trump di fronte a una possibile difficoltà nei negoziati, cosa che è assolutamente da prevedere.
Che ci sia o non ci sia Zelensky, di certo non sarà lui a decidere?
Probabilmente Zelensky non ci sarà. Un recente sondaggio rivela che solo il 16% voterebbe per lui in caso di elezioni. La gente è stanca della guerra e vede di buon occhio il ricambio totale della sua classe politica. Zelensky è il primo della lista.
Cosa nel piano di Trump potrebbe non essere accettato da Putin?
Innanzitutto, la forza di interposizione guidata dai Paesi occidentali come Francia, Germania, Polonia e Gran Bretagna: toccherebbe loro monitorare il cessate il fuoco a ovest del Dnepr. Sono quelli che tuttora cercano il confronto a ogni costo con la Russia. La Germania, tra non molto, avrà anche un nuovo governo: l’instabilità tedesca non aiuta di sicuro. La Polonia ha problemi gravi di politica estera con l’Ucraina. Kiev ha accusato Varsavia di non aiutarla abbastanza. I due Paesi hanno questioni di confine da risolvere e anche storiche: nella Seconda guerra mondiale i nazisti, che annoveravano anche degli ucraini, uccisero 100mila polacchi.
Putin, insomma, non può accettare dei “mediatori” del genere?
Putin e Lavrov continuano a dire che non hanno interesse nel negoziare una brutta copia degli accordi di Minsk con gli stessi attori inaffidabili. Per questo l’armistizio rimane un grosso punto interrogativo.
L’Alta rappresentante della UE per la politica estera, Kaja Kallas, non ha escluso l’invio di truppe da parte dell’Unione. Il parlamento europeo ha ribadito il sostegno all’Ucraina, Scholz ha promesso altri 650 milioni di aiuti a Kiev, e la Von der Leyen, nel suo discorso inaugurale, ha riaffermato che bisogna stare con Kiev. La politica di contrapposizione con la Russia non cambia, nonostante ora si parli di una trattativa?
La UE non cambierà idea. Kaja Kallas, von der Leyen e il commissario per la Difesa e la Sicurezza, Andrius Kubilius, sono assolutamente allineati, come comunicazione strategica, con il segretario generale della NATO. Vogliono preparare l’opinione pubblica a un conflitto senza fine. L’Europa, invece di prendere le distanze e capire cosa succederà in futuro, continua ad alzare i toni. Se l’amministrazione Trump si sganciasse, si ritroverebbe sola, con leader che esprimono una linea oltranzista per problemi con la storia che hanno avuto i Paesi dai quali provengono, non per una visione oggettiva che prende atto della realtà, ma perché si vogliono chiudere i conti con la storia, pur avendo di fronte un quadro ormai irrecuperabile in Ucraina. Se la UE dovesse trovarsi da sola ad affrontare questa situazione, una visione a senso unico non aiuterebbe.
Rimane sempre la domanda: qual è la strategia dell’Unione Europea?
Una posizione diversa da quella attuale potrebbe portare a una spaccatura profonda all’interno della UE. Anche per questo bisogna cominciare a prendere le distanze da queste dichiarazioni. Se la configurazione della nuova Commissione è passata per un pelo, significa che ci sono anche altre visioni di questo problema che dovrebbero farsi sentire. L’Italia, che ha sempre rifiutato l’invio di truppe, quando sente Kaja Kallas considerare questa possibilità, prende le distanze o no?
L’incognita vera, comunque, resta la reazione di Trump di fronte a un rifiuto di Putin ad accettare il suo piano?
Sì, ma anche di fronte alle difficoltà più semplici. Non scordiamoci che ci sono frange del partito repubblicano che sono ancora favorevoli al sostegno dell’Ucraina. Oltre alla composizione della forza di interposizione, c’è poi il tema della neutralità dell’Ucraina.
Trump prevederebbe di congelare per vent’anni l’adesione dell’Ucraina alla NATO. Putin non vorrebbe neanche questo?
Non so se questa scadenza verrà accettata da tutti, anche da quella parte del partito repubblicano che vuole sostenere a oltranza l’Ucraina. E in quale misura Trump riuscirà a neutralizzare l’influenza dei neoconservatori? Giudichiamo il presidente USA sulla base del precedente mandato e delle dichiarazioni in campagna elettorale. Ma la sua caratteristica principale è l’imprevedibilità. Non c’è una visione strategica di alto livello. Se non uscisse vincente da questa vicenda, paradossalmente, potrebbe anche spingere di più per la guerra. Non lo escluderei.
(Paolo Rossetti)
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