Emmanuel Macron ha necessità di rasserenare gli animi in vista delle competizioni sportive che inizieranno il 26 luglio in Francia e cerca di ridimensionare il pericolo del terrorismo in casa. Eppure, anche senza grandi possibilità di essere attuata, visto che nella storia non è mai successo che una guerra si fermasse perché c’erano le Olimpiadi, la richiesta francese di una tregua olimpica, affiancata alla riapertura di un dialogo con la Russia attraverso la Cina, è parte di un percorso mediatico e diplomatico che potrebbe portare ad aprire trattative di pace per l’Ucraina, seppure in un contesto più ampio.
In questo senso, spiega Francesco De Remigis, già corrispondente da Parigi ed esperto di politica internazionale per Il Giornale, va letto l’invito a una delegazione russa a partecipare alle commemorazioni per lo sbarco in Normandia che si svolgeranno il 6 giugno in Francia. L’eventualità di inviare truppe transalpine a fianco dell’esercito ucraino è solo un modo per mostrare i muscoli da parte della nazione dell’Ue più forte militarmente, detentrice di armi atomiche. Ma in realtà l’obiettivo di Macron è quello di realizzare un ultimo sforzo pacificatore, puntando a realizzare le condizioni per un confronto fra le parti, coinvolgendo la Cina e sfruttando occasioni di negoziato eventualmente provenienti dal campo di battaglia, come uno stallo. Per ora siamo alla difesa a oltranza.
Macron chiede una tregua alle guerre in occasione delle Olimpiadi poche settimane dopo aver affermato di non escludere un invio di truppe in Ucraina. Come si spiega l’iniziativa del presidente francese?
È un appello a evitare il peggio. A tornare a parlarsi prima che la situazione sfugga di mano. Su queste basi Macron ha chiesto a Xi Jinping di sostenere una tregua olimpica. E lo ha fatto condannando nuovamente ogni forma di invasione, riproponendo cioè il tema dell’integrità territoriale degli Stati, usato per far leva su Xi, sensibile a questo argomento in relazione a Taiwan, l’arcipelago considerato dalla Cina una provincia ribelle da riannettere.
La disponibilità di Xi a una tregua e il non rifiuto di Putin, come vanno interpretati? Possono far presagire l’intenzione di una trattativa che vada oltre il cessate il fuoco temporaneo? E il no di Zelensky cosa significa?
Putin ha semplicemente detto di aver sentito il presidente cinese parlargli di questo argomento, non ha preso impegni. Xi è ancora molto ondivago. Zelensky teme che la tregua favorisca Mosca, dandole il tempo per rafforzare le sue posizioni e portare altri soldati al fronte, perché non è che, se si smette di sparare per qualche giorno, le operazioni non continuino. Perciò tutto lascia pensare che lo scenario della tregua olimpica sia molto lontano e teso più che altro a rasserenare gli animi in previsione di un potenziale filo del dialogo da riannodare.
Macron ha velleità di usare la tregua olimpica per aprire un negoziato per l’Ucraina?
Sull’Ucraina le ha provate tutte, all’inizio cercando di tenere i rapporti con Putin, poi ha fatto retromarcia. In questo percorso credo sia importante, invece, cogliere un altro segnale: l’invito di una delegazione russa alle celebrazioni dello sbarco in Normandia rivolto ad alti funzionari. Mosca lo sta valutando con attenzione, dopo che il Cremlino ha bocciato la conferenza di pace prevista a metà giugno in Svizzera, dove peraltro la Russia non è stata invitata ma ci sarà una delegazione cinese. Sono piccoli passi di riavvicinamento. La mossa di Macron di invitare la Russia, non Putin, sta però facendo discutere: gli inglesi a livello informale hanno espresso la loro contrarietà e gli americani non sono entusiasti.
Potrebbe davvero essere un’occasione per riprendere a parlarsi?
La Russia in Normandia era stata invitata nel 2014 nonostante l’annessione della Crimea di tre mesi prima. E ci fu una discussione fra Hollande, Merkel, i presidenti ucraino e russo, fu un momento di confronto. Macron sta cercando di giocare l’ultima carta rimasta nel suo mazzo sfruttando l’ottimo rapporto personale con Xi, che da Pechino potrebbe oliare una ripresa del dialogo. Occorrerà comunque fare i conti con quello che succede sul campo: se la Russia avanza ma l’Ucraina resiste via mare e via cielo, uno stallo potrebbe dar vita a colloqui più sostanziosi.
La disponibilità data da Macron a inviare soldati in Ucraina come si spiega allora? È stato solo un modo per cercare di far paura ai russi, per far capire loro che c’è una linea rossa oltre la quale l’Occidente non potrà non prendere direttamente l’iniziativa?
Nessuna persona di buon senso può pensare che un governante europeo si muova per acuire il conflitto e non per trovare la pace. La tregua olimpica non ha molte possibilità di essere attuata, ma Macron vuole comunque cercare di rasserenare gli animi in vista delle competizioni sportive che inizieranno il 26 luglio in Francia cercando di mettere al riparo la Francia dal pericolo del terrorismo. Intanto sonda gli umori dei protagonisti del conflitto in Ucraina, compresi i Paesi che aiutano Mosca, come la Cina, sfruttando eventuali occasioni di negoziato provenienti dal campo di battaglia, come uno stallo. Per ora siamo alla difesa a oltranza. E sappiamo che la nuova controffensiva ucraina non può realisticamente aver luogo prima del 2025, con nuove armi, missili a lunga gittata e forse aerei.
Su cosa si basa la politica francese in questa fase di crisi?
Il primo elemento che la guida è l’imprescindibile rispetto dell’integrità territoriale di un Paese sovrano. L’Ucraina è stata invasa e va dunque supportata, anche militarmente; il secondo riguarda la volontà di ex Paesi dell’ex blocco sovietico, come l’Ucraina ma anche la Georgia, come vediamo in piena crisi, di avvicinarsi sempre di più all’idea europea di democrazia, dei diritti e del rispetto dei confini senza ingerenze esterne. Macron considera tutto ciò vitale, fa parte dell’idea di rafforzare l’Ue, introducendo anche l’idea di un esercito comune e del riarmo. L’identità c’è, mancano gli strumenti per difenderla. In mancanza di questo la Francia, essendo il Paese europeo con maggiori capacità di deterrenza militare, pensa di dover dare un segnale per difendere gli ideali europei e le nazioni che vogliono abbracciarli.
Però ci sono posizioni diverse, in Europa, sugli aiuti militari all’Ucraina.
Proprio per discutere le modalità di sostegno a Kiev, Macron sarà da Scholz in Germania domenica prossima, il 26 maggio. Terranno un Consiglio di difesa congiunto. Un vertice importante per preparare le proposte che Francia e Germania faranno al Consiglio europeo del 27-28 giugno. Per Scholz, è l’occasione per sondare le intenzioni di Parigi, che a oggi privilegia l’idea estone di Eurobond comuni, 100 miliardi l’anno per finanziare in casa la produzione di armi e munizioni. Un fondo ispirato al Recovery per aiutare Kiev, sostenendo al tempo stesso l’industria Ue. Scholz ha invece previsto di spendere nel 2024 come Germania 7 miliardi di euro per lo sforzo bellico ucraino. Macron e la Francia sono molto indietro. Sono invece d’accordo sul ricorso agli extra-profitti derivati dagli asset russi congelati dalle sanzioni, ma non è chiaro in che misura questa strada sarà praticabile fino in fondo.
Quanto conta in questo attivismo di Macron nella politica estera la campagna elettorale per il voto europeo? E come si colloca ora il presidente francese con il suo partito nel quadro politico continentale: sosterrà la Von der Leyen e la sua conferma?
In prima battuta, queste elezioni avranno un valore casalingo, un po’ ovunque. In Francia i sondaggi dicono che Le Pen è in vantaggio sia per le europee che per le prossime presidenziali. Macron è sempre stato il patrono dell’europeismo a tutti i costi ma si è accorto che qualcosa non ha funzionato: lo ha ammesso anche Von der Leyen. Troppa ideologia, in certi casi. Per il momento lui cerca di ottenere il maggior numero di voti per il suo partito, solo terzo nei sondaggi, poi vedrà come gestire i nuovi equilibri, se ci saranno, quando si tratterà di definire il nuovo governo dell’Ue. Fare previsioni è impossibile. Sappiamo che le destre avanzeranno, ma non sappiamo se avranno abbastanza voti per cambiare l’indirizzo politico della Commissione Ue. Prima o poi in Ucraina bisognerà anche costruire, e quello sarà un ulteriore costo che la Ue dovrà affrontare, visto che il percorso di adesione di Kiev continua a essere in alto nell’agenda dei 27.
(Paolo Rossetti)
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