Lo scontro con la Slovacchia per il gas russo, i possibili attacchi alle basi russe in Siria, l’affondamento di una nave russa nel Mediterraneo: la strategia dell’Ucraina non è cambiata, si punta a far reagire la Russia e coinvolgere direttamente l’Occidente nella guerra. Il problema, però, è che, secondo alcuni analisti, l’esercito di Kiev potrà resistere al massimo fino alla primavera, dopodiché potrebbe crollare. E non è l’unica grande incognita che incombe sulla vicenda, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa: l’Ucraina dovrà fare i conti anche con le intenzioni di Trump. Il piano di pace presentato dal presidente americano non piace al Cremlino e, davanti a un rifiuto, Trump potrebbe reagire continuando la guerra o anche, come sostengono alcuni esperti, imponendo a Zelensky una pace senza garanzie.
Più che di guerra combattuta sul campo di battaglia, dopo la decisione di Kiev di non rinnovare il contratto per il passaggio del gas russo sul suo territorio, ora si parla di guerra del gas, con la Slovacchia che non potrà più riceverlo dalla Russia e minaccia ritorsioni contro l’Ucraina. Lo scontro si allarga anche oltre i confini ucraini?
In Ucraina si combatte la parte convenzionale della guerra. Per il resto c’è quella non convenzionale, che comprende tutte le altre forme di offesa possibili, compreso l’affondamento nel Mediterraneo della nave russa Ursa Maior, un episodio che, di fatto, è da inserire in un contesto di globalizzazione del conflitto, che porta a colpire la Russia dove sono i suoi interessi e dove è più vulnerabile. Dobbiamo considerare l’aspetto più generale di questi eventi, cioè iscriverli in un confronto in cui la parte ucraina cerca di rimanere in gioco fino a quando Trump non assumerà la responsabilità di presidente USA.
Qual è la strategia ucraina?
Si provoca Mosca contando sul fatto che, anche in Russia, ci sono gli ultranazionalisti che possono accusare Putin di essere troppo debole, di non rispondere agli attacchi. Si spera in una reazione russa prima che inizino i negoziati. Più fonti parlano pure della preparazione di attentati alle basi russe in Siria. Così si distoglie un po’ l’attenzione da ciò che sta accadendo sul campo di battaglia, dove la situazione ogni giorno è sempre meno favorevole agli ucraini.
Qual è la situazione del fronte in questo momento?
Si sta preparando un’offensiva russa da sud: nel settore di Kherson già ci sono ammassamenti di truppe. Mentre ci sono già operazioni russe che sono andate al di là del Dnipro e hanno interessato l’area di Zaporizhzhia: tutte le analisi indicano la primavera come limite massimo della sostenibilità del conflitto convenzionale da parte di Kiev. Per questo si provoca la Russia: per farla reagire causando un’escalation del conflitto che, così com’è, il Cremlino rischia di vincere a mani basse.
Perché l’Ucraina ha scelto proprio ora, dopo quasi tre anni di guerra, di non far passare più il gas russo, causando la reazione della Slovacchia, che, insieme all’Austria, non lo riceverà più?
Gli ucraini pensano di poter esercitare ancora più pressioni sull’Occidente, che però, di fatto, non ha più nulla da dare. È così per l’Europa e per gli USA: anche i missili ATACMS, protagonisti di questi ultimi attacchi a lungo raggio in territorio russo, oramai sono praticamente finiti. A Kiev ne sarebbero rimasti una cinquantina, con gli americani che hanno fornito più del 25% del loro arsenale.
Putin dice che le trattative potrebbero iniziare in un Paese neutrale come la Slovacchia, poi però Lavrov, il suo ministro degli Esteri, boccia il piano di Trump che rimanda di 20 anni la decisione sull’Ucraina nella NATO e vuole una forza di interposizione europea in Ucraina. Cosa ci dice tutto ciò della posizione russa?
Non è detto che quello che propone Trump venga accettato dai russi. Lavrov ha già detto che il cessato del fuoco è un vicolo cieco, che ai russi non basta: vogliono accordi definitivi e giuridicamente vincolanti che documentino le condizioni per garantire la sicurezza della Russia e gli interessi dei Paesi vicini, basati sul diritto internazionale, in modo da renderne impossibile la violazione.
Il punto di vista russo, insomma, non cambia. Da parte europea e NATO, invece, qual è la linea?
Si continuano a presentare gli stessi attori, che non hanno alcuna credibilità: in Germania non sappiamo che tipo di governo nascerà dopo le elezioni del 23 febbraio, la Francia è instabile e ha anche cercato di allacciare contatti con i russi lasciando Kiev all’oscuro, il Regno Unito non ha grandissime risorse in termini numerici da dedicare a un’ipotetica forza di peacekeeping e sicuramente non è un giocatore neutrale. Infine, c’è la Polonia, che non ha alcun motivo per essere più coinvolta: l’opinione pubblica è contraria all’impiego di soldati polacchi, a maggio ci sono le elezioni presidenziali e nessuno vuole commettere passi falsi in vista del voto, e ci sono questioni aperte con l’Ucraina. Tra l’altro, i polacchi hanno visto sventolare sui loro mezzi forniti agli ucraini le insegne naziste di Stepan Bandera, protagonista dei massacri perpetrati ai danni di polacchi ed ebrei durante il secondo conflitto mondiale.
Cosa può dirci del margine di manovra dell’Ucraina in Occidente?
Mi chiedo come farà Kiev a garantire gli standard richiesti ai Paesi che aderiscono all’Unione Europea. E lo stesso discorso vale per la NATO: i requisiti per accedere all’Alleanza Atlantica sono identici a quelli della UE.
Lavrov dice che il piano di Trump per la pace non va bene. Il presidente americano, di fronte a un diniego del genere, potrebbe reagire male?
Questa è l’incognita più grande. Del cosiddetto piano di Trump conosciamo solo la superficie. Stiamo discutendo ancora sulle intenzioni. Certo è che, se le aspettative dei russi verranno disattese, urtando la suscettibilità di Trump, si potrebbe assistere, paradossalmente, anche a una prosecuzione della guerra.
Fino a quando?
Sarebbe tutto da vedere, perché anche gli americani sono arrivati al limite, così come gli europei non hanno nulla da dare. Chi sta vincendo a mani basse per ora è la Russia. Certo, se il fronte ucraino crolla definitivamente entro la prossima primavera, cambia molto.
Trump dovrà rinunciare al suo orgoglio e accettare una pace comunque?
Alcune analisi parlano di una pace imposta da Trump a Zelensky, addirittura senza garanzie di sicurezza. Il punto è che Trump è una variabile indipendente. Però ha molti consiglieri, molti advisors, bisogna vedere chi ascolterà. Gli USA decideranno in base a ciò che è più conveniente per loro.
(Paolo Rossetti)
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