Nel Baltico è accerchiata dalla Nato, che tra poco farà entrare ufficialmente anche la Svezia. Se dovesse perdere la Crimea, e quindi l’influenza sul Mar Nero, la Russia non avrebbe più uno sbocco sul Mediterraneo e sarebbe confinata nell’Asia, perdendo gran parte della sua importanza dal punto di vista geopolitico. Potrebbe essere questo il motivo per cui proprio quello della Crimea, dopo gli attacchi ai ponti di collegamento dell’area, è uno dei punti caldi della guerra in Ucraina. Lo spiega il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi e della Brigata Folgore in numerosi teatri operativi, dalla Somalia all’Afghanistan.
Il conflitto, in questo momento, è in una fase di stallo, nessuna delle due parti sembra poter prendere il sopravvento rispetto all’occupazione dei territori così come si è configurata finora. La prospettiva, se tutto rimanesse così com’è, potrebbe essere quella di una guerra permanente, come tra le due Coree, con il confine attuale che diventa una sorta di muro di Berlino, ma con le parti in causa armate l’una contro l’altra.
Generale, sul fronte ucraino continueremo a vedere questa sorta di impasse, senza nessuno che prevale?
Sul campo la situazione non è cambiata. La controffensiva ucraina è inconcludente, ha solo rettificato un po’ la linea di contatto senza arrivare alle linee difensive predisposte dai russi, che da parte loro sostanzialmente continuano a mantenere una postura difensiva. E’ una guerra di logoramento senza guadagni sul campo ma che elimina forze.
La guerra di logoramento favorisce i russi perché hanno più risorse?
I russi hanno più risorse e gli ucraini hanno più perdite: stanno attaccando contro posizioni fortificate e chi lo fa ha un tasso di perdite più significativo.
E’ una questione di mancanza di uomini?
Sì, ma c’è anche una inferiorità assoluta in termini di artiglieria, di munizioni. Biden ha mandato le bombe a grappolo perché non ci sono più munizioni per gli obici da 155 mm, però c’è un esubero di munizioni a grappolo, stock di Paesi che non hanno aderito al bando di queste armi.
Ci dobbiamo aspettare che la guerra prosegua così ancora per molto?
Dopo il vertice di Vilnius e la decisione Nato di inviare altri aiuti militari l’intenzione di arrivare a una trattativa si allontana. La prospettiva potrebbe essere quella di una sorta di guerra permanente in cui nessuno vince ma nessuno recede, una situazione cristallizzata come quella che c’è fra le due Coree, di fatto realizzando un nuovo muro di Berlino, anzi peggio, perché allora non c’era una guerra dichiarata.
Ma allora qual è lo scopo del conflitto?
Lo ha detto anche Biden: ridurre la potenza militare russa.
Però fonti militari dicono che i russi usano 100 missili a lunga gittata al mese e che ne stanno ancora producendo. Visto l’arsenale che hanno è possibile logorarli?
Siamo abituati a valutare la forza di un Paese solo dal punto di vista economico, ma se bastasse solo il pil la Russia sarebbe inferiore all’Italia. Invece è in grado dal punto di vista militare di tenere testa a uno sforzo bellico mondiale: tutti, infatti, appoggiano l’Ucraina. Bisogna considerare anche la disponibilità di risorse materiali. E poi c’è un discorso di motivazioni: per la Russia la posta in gioco con gli attacchi alla Crimea è vitale. Il ponte di Kerch è stato attaccato due volte separando la Crimea dalla terra ferma russa. C’è l’intenzione di alzare il livello dello scontro anche nei confronti di questa area.
Perché ora gli ucraini puntano sulla Crimea?
Perché è l’obiettivo principale, strategico. La Russia non ha bisogno della Terza guerra mondiale per scomparire dal novero dei Paesi importanti dal punto di vista globale: senza la Crimea sparisce dal Mediterraneo, dove ha alleati importanti come la Siria e Haftar in Libia, supportato dalla Wagner. E sparisce anche dall’Europa. A Sebastopoli c’è la flotta russa del Mar Nero e c’è da tempo immemorabile. Le operazioni terrestri che si stanno sviluppando a Zaporizhia, a Kherson, sono importanti, ma lo sono anche per garantire la disponibilità della Crimea. Non è il fronte principale ma è l’obiettivo che sta sullo sfondo.
E’ uno dei risultati in cui sperano gli americani?
Togliere la Crimea alla Russia è troppo importante per i veri belligeranti: gli Stati Uniti. La Russia ha cinque flotte: in Crimea, nel Baltico, nel Mar Caspio, a Severomorsk e nel Pacifico. Poter interdire alla Russia l’utilizzazione della flotta del Mar Nero, in Crimea, e nel Mar Baltico, facendolo diventare, dopo l’arrivo della Svezia, un mare controllato da Paesi Nato, sarebbe un risultato importantissimo. La Russia verrebbe “murata” in Asia. Anche il taglio del Nord Stream può essere visto in questo contesto: era un collegamento fondamentale tra Europa e Russia. Confinarla in Asia vuol dire portarla a spegnersi.
L’obiettivo, quindi, è confinare la Russia in Asia?
C’erano due scelte: o considerare la Russia europea e avere confini tra Occidente e Oriente che corrispondevano a quelli tra la Russia e la Cina oppure non considerarla europea e avere questi confini che passano da Bielorussia e Paesi vicini.
Dobbiamo rassegnarci, quindi, alla guerra?
Bisogna vedere cosa succederà sul campo. Uno dei due contendenti potrebbe mollare per esaurimento. Difficile sia la Russia per ora, ma ci sono dei motivi di preoccupazione. E non parlo solo di quello che è successo con Prigozhin. La Turchia, ad esempio, era una sorta di alleato in campo avversario. Fa parte della Nato ma ha sempre avuto rapporti cordiali con la Russia. Erdogan però ha preso un paio di provvedimenti che non sono piaciuti a Putin: ha rilasciato i comandanti del battaglione Azov, venendo meno a un impegno preso con Mosca.
Perché Erdogan ha preso di fatto le distanze da Mosca?
Il presidente turco non è un dilettante, il suo è un Paese che pensa ai propri interessi, sta cercando di contrattare una posizione migliore, magari entrando nell’Unione europea e per far questo si è ammorbidito nei confronti della Nato e degli Stati Uniti. Si stanno muovendo tante cose, a livello tattico sul terreno, politico e a livello strategico. Credo, però, che la Turchia tornerà a parlare con la Russia: in questa guerra è diventata l’hub commerciale dei prodotti russi che non potendo essere inviati direttamente nei Paesi occidentali di fatto passavano di lì.
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