“Tutti con l’Ucraina!” Ci mancherebbe, però… Ed è proprio quel “però” che è ondeggiato nei cieli di Vilnius ed ha offuscato quelli di Kiev, dove Zelensky si aspettava (o desiderava) un via libera più chiaro e con date certe ad un suo potenziale ingresso nella Nato. Non è arrivato, e forse per la prima volta comincia a chiedersi se siano sinceri i tanti sorrisi e le troppe strette di mano che da 500 giorni – insieme alle armi – raccoglie in quantità.
In effetti sul fronte-Nato cresce la contraddizione, e chiamiamola così se non si vuol definirla “ipocrisia”. Da una parte si fa passare la notizia che l’Ucraina arriverà a fare parte dell’Alleanza (ma “a certe condizioni” e comunque “a guerra finita”) poi non si concretizzano date e condizioni e soprattutto la Nato sceglie di continuare la guerra tenendo fuori Kiev dall’alleanza, anche se crescono dietro le quinte i dubbi, i “ma” e i “però”.
Joe Biden, per esempio, annuncia l’ennesimo contributo Usa in armi (800 milioni di dollari il pacchetto di questi giorni), aggiunge pure le famigerate bombe a grappolo al cesto della spesa, ma poi dice “niet” a Kiev e fa passare agli alleati la propria linea attendista.
I partner – quegli stessi Paesi che hanno sottoscritto gli accordi di Oslo nel 2008 contro la produzione ed uso delle bombe a grappolo – non calcano la mano in argomento, ma si sentono a disagio, magari limitandosi anche solo a ricordare (Crosetto) “che tanto i russi le usano da sempre”: nessuno per ora lo aveva notato, sarà sicuramente vero, ma – vien da dire – se uno è barbaro non devi scendere al suo livello se ritieni di essere diverso.
La questione delle bombe a grappolo antiuomo deve poi aver anche lasciato aperto qualche dubbio tra gli esperti militari: se Zelensky dice la verità proclamando che non le userà sul suolo russo, come può essere così folle da disseminarle proprio sul suo suolo ucraino? Perché non solo sono ordigni vietati ma anche poco sicuri, lasciano proiettili inesplosi, non servono per abbattere postazioni pesanti e soprattutto rimangono sparse a terra, anche per decenni a guerre finite, a mietere vittime e creare mutilati tra la popolazione civile. Ma allora, come può Zelensky volerle usare proprio a casa sua? l’ipocrisia è evidente.
Allo stesso modo cominciano i dubbi davanti a un’offensiva annunciata da mesi con squilli di tromba (assurdo, quando è l’ora il nemico va colpito a sorpresa, non certo avvisandolo) ma poi le operazioni sul campo non decollano e si fermano presto. All’Ucraina mancano mezzi e munizioni? Può darsi, ma si è sempre sostenuto il contrario, le forniture sono state imponenti e qualcuno comincia a chiedersi dove sia l’effettivo valore delle forze di Kiev, oltre a voler capire dove siano finite e se per caso qualcuno non ci stia speculando sopra.
Di sicuro a Kiev le cose non vanno come dovrebbero andare, e proprio nel momento in cui Mosca sembrava fosse più debole dopo la defezione della Wagner, operazione di cui sono rimaste più zone d’ombra che certezze.
Si aggiunga la progressiva indifferenza delle opinioni pubbliche, la sostanziale inefficacia delle sanzioni, la difficoltà per il leader ucraino di rimanere sempre alla ribalta, cosa non semplice per tutti.
Ce n’è in abbondanza perché qualcuno cominci a dubitare che la compattezza Nato sia forte come le strette di mano nelle foto di gruppo ed invece non sottintenda anche un certo fastidio. Un logoramento legato progressivamente ai problemi interni dei singoli Paesi e alla crescente disaffezione che sul tema sembra prendere piede tra l’opinione pubblica.
Passato il primo momento emotivo di grande solidarietà davanti alla crudeltà dell’invasione, sempre di più serpeggia il dubbio su una tregua d’armi, una sospensione a tempo delle ostilità, l’avvio in qualche modo di qualche piano di pace.
E nelle foto di gruppo appare un altro spettro, Erdogan. Il leader turco, forte della recente vittoria elettorale, ha dato ufficialmente il suo ok all’adesione della Svezia ma – in cambio – ha ottenuto che la Turchia possa riprendere il cammino europeo. Figurarsi la gioia dei ciprioti e dei greci e le zeppe che verranno poste lungo il cammino dell’adesione di Ankara alla Ue. Che succederà per l’adesione svedese se Erdogan vedrà allungarsi i tempi di una sua integrazione?
Domande senza risposte chiare, al di là delle foto e delle versioni ufficiali, ma che gli analisti colgono subito e che infatti hanno fatto infuriare Zelensky. Chissà che questi dubbi non comincino a far balenare anche in lui l’ipotesi di una tregua.
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